Si sono aperti mercoledì a Montreux, in Svizzera, i lavori della seconda conferenza di pace sulla guerra civile in Siria, promossi dall’Onu
Dopo una prima parte in cui le delegazioni capeggiate dai ministri degli esteri si confronteranno in seduta plenaria, le delegazioni si trasferiranno da venerdì nella vicina Ginevra, per proseguire il confronto, senza che sia stato attualmente definito un termine temporale esatto per la chiusura dei negoziati.
Il vertice , programmato da tempo, ma più volte slittato a causa dei veti incrociati, e delle condizioni più volte poste dal complesso e caotico mondo dell’opposizione siriana, deve riprendere le conclusione degli incontri di Ginevra 1, ed in particolare analizzare la possibilità di dare vita ad un governo di transizione, che abbia l’autorità per imporre un cessate il fuoco rispettato dalle parti in conflitto, e di riscrivere la costituzione dello stato siriano, per arrivare poi ad una competizione elettorale che stabilisca, in un futuro non meglio definito, un governo democratico per il paese.
I temi in discussione
Sono però principalmente quattro i capitoli del negoziato aperti.
I più importanti riguardano la sorte di Bashar Al-Assad, e la definizione di un eventuale governo di transizione. Il nodo fondamentale da sciogliere è quello permanenza al potere di Assad, o anche degli uomini di Assad in questo ipotetico nuovo governo; da qui discendono poi tutti gli altri argomenti,e da qui non si prescinde per una soluzione negoziata.
I rappresentanti del governo siriano non accetteranno mai di farsi da parte, dopo tre anni di conflitto, e dopo che in queste settimane l’esercito nazionale siriano sta portando a segno vittorie importantissime per la riconquista dei territori controllati dai cosiddetti ribelli.
D’altra parte i rappresentanti riconosciuti dalla diplomazia, di una opposizione ormai a brandelli, divisa su quasi tutto ( il Consiglio nazionale siriano, l’ala più sostanziosa dell’opposizione politica e militare ad Assad, ha scelto di non partecipare) dopo tre anni di guerra contro il presidente siriano non possono accettare un nuovo governo guidato da Bashar.
Rimangono sullo sfondo la discussione su di un cessate il fuoco necessario all’invio di aiuti internazionali alle migliaia di sfollati e assediati, ed un accordo sullo scambio dei prigionieri detenuti da entrambe le parti.
I protagonisti del vertice
Sulla permanenza del Leone di Damasco al potere si polarizzano quindi anche le posizioni degli altri protagonisti del vertice.
Su tutti saranno i rappresentanti di Russia e Stati Uniti a menare le danze, che guidano i blocchi che si oppongono su questi temi. La Russia, forte degli interventi diplomatici che hanno bloccato la scellerata idea tutta occidentale di entrare direttamente nel conflitto, accetta infatti in linea di principio che possa formarsi un nuovo governo siriano, che comprenda anche esponenti dell’opposizione moderata, ma si rifiuta, almeno ufficialmente e fino ad oggi, di prendere in considerazione l’uscita di scena di Assad. Che proprio in questi giorni pare aver dichiarato all’agenzia russa Interfax, che “se avesse voluto mollare il governo della nazione, lo avrebbe già fatto tre anni fa” . Lavrov sosterrà ancora le ragioni del legittimo governo siriano, ma probabilmente tratterà su eventuali riforme che possano garantire anche le opposizioni n vista delle possibili prossime elezioni di giugno. La Russia avrà al suo fianco come in passato la Cina, e anche se non presente al vertice, l’Iran.
Dall’altra gli Stati Uniti che invece chiedono e continueranno a chiedere che Assad, ritenuto responsabile di svariati crimini, alcuni probabilmente veri, altri mai dimostrati, contro la popolazione, si faccia subito da parte, per dare vita ad un governo di unità nazionale, che gestisca la transizione a favore delle forze di opposizione. Gli Usa continueranno a chiedere come dall’inizio del conflitto che Bashar lasci la Siria, consentendo alle forze di opposizione di condurre in porto la pacificazione del paese, e le riforme necessarie alla costruzione di una democrazia compiuta, la chimera continuamente agitata dal messianesimo a stelle e strisce. A loro fianco avranno tutte le nazioni che hanno contribuito ad accendere il focolaio della guerra civile, su tutti Gran Bretagna e Francia, seguite a ruota dall’Egitto, almeno fino ad oggi allineato, alla ormai completamente screditata Turchia ( Erdogan ha attualmente decisamente altri problemi interni), ai sempre presenti stati del Golfo; in particolare l’Arabia saudita che ufficialmente va a ruota delle posizioni occidentali, ma che sul campo manovra in maniera indipendente, e per proprio conto diverse migliaia di combattenti islamici non siriani, che difendono gli interessi delle petromonarchie e del loro jihad senza speranza.
È un vertice credibile ?
I colloqui di Ginevra 2 sono stati promossi direttamente dall’Onu, che , come se non ce ne fosse bisogno, ha visto ancora una volta screditato il proprio peso dopo che il proprio segretario Ban Ki Moon ha dovuto ritirare l’invito fatto all’Iran di partecipare ai colloqui. L’Iran, che è attore internazionale credibile dal momento che ha da pochi mesi sottoscritto un accordo sullo sviluppo nazionale ad usi civili del nucleare, e che nell’area ha interessi diretti, se non altro di vicinato, non è stato ritenuto degno di partecipare per il proprio sostegno aperto a Bashar Al-Assad. Vi saranno invece tutti i nemici dell’Iran nell’area, gli stati del golfo sponsor dei vari gruppi figli delle multinazionali del terrorismo, che stanno insanguinando la Siria, creando notevoli problemi anche agli stessi oppositori di Assad.
Il fronte dell’opposizione è inoltre più diviso che mai. I jihaidisti non presenti, non accettano alcun dialogo (d’altronde sono comunque rappresentati dall’Arabia Saudita). La decisione di partecipare al vertice, presa a maggioranza e non all’unanimità, è stata poi sconfessata dalla scelta del Consiglio nazionale siriano di non partecipare, e addirittura di uscire dal Consiglio di opposizione, seguendo il principio di non partecipare a nessun tipo di trattative con le autorità siriane finché il Presidente Bashar al-Assad non rinuncerà al potere. Non saranno ufficialmente rappresentati i combattenti jihaidsti, che però vantano un sicuro portavoce nel rappresentante dell’Arabia saudita.
Sarà presente invece la tanto famosa quanto fumosa rappresentante della politica estera dell’unione europea, la signora Ashton, che però si affiancherà a ben altri 7 ministri degli esteri europei; il che fa pensare che come al solito interpreterà il ruolo della bella (!?) statuina (della libertà) allineata e coperta sulle posizioni di Stati uniti e Gran Bretagna.
Insomma il vertice che si apre già diviso con molte poche speranze di conciliazione, vede una presenza notevolmente sbilanciata di coloro che la guerra in Siria hanno contribuito a farla scoppiare, e ad alimentarla. Ci si chiede come faranno ad essere prima incendiari e poi pompieri.
I nemici della pace
Su tutti Turchia, Francia e Gran Bretagna, seguite a ruota dagli Usa; armi e sostegno attivo nelle prime fasi della cosiddetta rivolta; quando alle limitate, ma legittime proteste dell’opposizione politica siriana ad Assad, e ad una repressione oggi possiamo dire sproporzionata del governo siriano, favorirono una immediata escalation della rivolta, subito sfociata in guerra civile.
Seguendo ciascuno propri interessi, proprie speranze di riuscita, infrante contro la resistenza granitica del legittimo esercito siriano, e di un Assad che se ieri era un leader discutibile, oggi per la gran parte della popolazione siriana è un eroe che non ha ceduto di fronte all’attacco diretto dell’occidente.
Sono poi entrati a gamba tesa nel conflitto anche i mercenari del jihad, le migliaia di combattenti pagati e mandati a combattere dagli stati del golfo, finiti a fare la guerra alle stesse forze di opposizione, e persino a spararsi tra loro, in una guerra tra bande che coinvolge soprattutto miliziani non siriani.
Prospettive
La situazione è sfuggita di mano anche agli entusiasti occidentali. Che a forza di cercare un casus belli per intervenire, hanno reso burletta ogni storia di massacro che viene dalla martoriata Siria (con il rischio di ignorare e quindi lasciar passare reali crimini contro l’umanità).
Il Consiglio dell’opposizione è inoltre più diviso che mai, e difficilmente quel che ne è rimasto sarà in grado di essere interlocutore credibile e far rispettare ogni decisione presa.
Oggi più che ieri Bashar Al – Assad sembra essere l’unico che continua ad avanzare, sul piano militare e non solo, ed il suo principale sponsor , la Russia, l’unica a poter vantare successi diplomatici nel procedere del conflitto.
Difficilmente , ancora oggi, sembra possibile pertanto ipotizzare una uscita di scena del presidente.
Probabilmente dal vertice, nonostante le fanfare iniziali, uscirà poco o nulla. Ancora troppo distanti le posizioni di Stati Uniti e Russia, opposizione e governo.
Forse un parziale cessate il fuoco, per consentire l’aiuto ai profughi e sfollati, forse qualche accordo sullo scambio di prigionieri.
Sarebbe potuta essere l’occasione buona per decidere di concerto, opposizioni e governo, di dare la caccia ed espellere dal territorio siriano tutta la marmaglia terrorista che si è riversata in Siria. Ma le divisioni della vigilia lasciano intravedere pochi spiragli.
Molto probabilmente, accordi di settore a parte, la guerra proseguirà ancora a lungo; fino a che una delle due parti nel conflitto,e a meno di clamorosi a questo punto interventi esterni, avrà la forza di prevalere. Una guerra che potrebbe quindi essere ancora lunga e sanguinosa, i cui responsabili probabilmente non pagheranno mai per il dolore provocato all’unica vittima, il popolo siriano, e per lo scempio della divisione di una nazione fiera ed unita, ieri culla della civiltà , oggi teatro di scempi continui.
di Fabrizio Renna