L’altra faccia dei mondiali in Brasile

I mondiali di calcio in Brasile dovevano essere la consacrazione di un paese emergente, ma il pallone non si mangia e non cura.

Come di consueto la World Cup terrà incollati davanti alla tv anche chi delle partite di pallone, solitamente, poco si interessa o niente capisce. I Mondiali infatti, quale grandioso e spettacolare evento aggregativo, rendono tutti grandi appassionati di calcio facendo sì che quest’ultimo, da semplice sport, diventi un’occasione di festa e condivisione. Questa volta, però, vorrei che parallelamente alla gioia ed al coinvolgimento soliti venissero prese in considerazione alcune questioni relative all’organizzazione e alla gestione del mega evento nel Paese ospitante, il Brasile, noto, oltre che per i suoi luoghi paradisiaci, anche e soprattutto per avere o melhor futebol do mundo.

I Mondiali costituiscono una manifestazione ambita soprattutto poiché portano al Paese prescelto una serie di fattori positivi, quali visibilità, soldi, turismo ed un notevole prestigio. Il Brasile, potenza economica in crescita nonché enorme realtà latinoamericana piena di contrasti di varia natura e numerosi problemi sociali, ha gli occhi del mondo intero puntati addosso da tempo, all’incirca un anno, quando ebbero inizio le prime manifestazioni di protesta popolari. Oggi vi sono giunti i turisti, sono stati costruiti stadi ed infrastrutture di vario tipo e sono arrivati i soldi, ma la situazione non è di fatto così lineare come sembrerebbe.

Molti dei media ufficiali brasiliani così come quelli stranieri, lungi dal proporre un’informazione a tutto tondo, senza filtri, tendono a prendere un po’ alla lontana la questione, trattando giusto “di contorno” le tematiche della rabbia popolare, delle proteste correlate e di quanto c’è effettivamente dietro; così, se si vuole venire a conoscenza di una realtà dei fatti raccontata con maggiore obiettività e relativo approfondimento, bisogna attingere ad altre fonti, come ad esempio quelle di giornalisti e filmakers che hanno messo in rete i filmati realizzati.

Al Brasile, Paese in cui l’analfabetismo colpisce mediamente il 10 % della popolazione, dove 13 milioni di persone muoiono di fame e in attesa dell’assistenza medica, la Coppa del Mondo sarebbe dovuta costare  circa 30 miliardi di dollari, più delle ultime tre edizione sommate assieme; e lo stesso era previsto per le Olimpiadi. Tuttavia, ad oggi, è stato già speso molto più di quanto stimato. Alcuni politici hanno argomentato che ciò avrebbe costituito l’occasione-incentivo che il Paese necessitava da tempo per migliorare le condizioni di vita della sua gente: ai brasiliani infatti è stato fatto credere che il ricavato dalla Coppa del Mondo sarebbe stato la chiave del cambiamento tanto atteso, eppure in realtà la maggior parte del denaro che deriverà dai giochi andrà alla Fifa, mentre quello portato dai turisti e dagli investitori finirà nelle mani di chi già è ricco. Numerose famiglie sono state abbandonate a se stesse, senza alcuna remunerazione o supporto economico, una volta scacciate dalle proprie abitazioni con l’inganno: sono state infatti obbligate ad andar via in quanto, dicevano, le case erano a rischio crollo, ma il vero motivo era quello di recuperare nuovi spazi per l’edificazione di infrastrutture per la Coppa.Lo Stato ha mandato l’esercito a stanare i narcotrafficanti e nelle grandi città come Rio domina la “polizia pacificatrice”, un corpo speciale dedicato a mantenere la sicurezza in zone ripulite dai militari.

Di fronte all’ingente spreco di denaro pubblico, investito per la costruzioni di stadi ed infrastrutture turistiche varie, come diverse teleferiche che poco giovano alla popolazione dei morros, le collinedelle grandi città, ed alle oltraggiose ingiustizie subite dalla gran parte della gente più povera, ciò che va contestato e biasimato non è, chiaramente, l’evento sportivo in sé, ma la sua cattiva gestione, la mancanza di rispetto del governo brasiliano nei confronti di una larga fetta della sua popolazione e l’inadeguatezza reale del Paese di fronte ad una manifestazione così impegnativa. Oltre che alle feste e all’entusiasmo generale ritengo che sarebbe opportuno pensare per un attimo anche a questa difficile e composita situazione giacché, una volta finiti i Mondiali, gli stadi – alcuni dei quali ancora incompiuti- resteranno, come ricordo visibile di un grandioso evento; ma così sarà anche per i problemi di ordine sociale e non solo preesistenti, che tuttavia si acuiranno. Qualcuno presto dovrà risponderne e farne i conti, dopo aver semplicemente, come si dice in Brasile, botado a sujeira debaixo o tapete  (“messo la sporcizia sotto il tappeto”).  Ronaldo aveva cinicamente affermato : “Senza stadi non puoi realizzare un Mondiale, amico. Non puoi realizzare un Mondiale con gli ospedali”. Ma gli stadi erano davvero ciò di cui un Paese così ricco e così povero al contempo aveva bisogno? Non è necessario che il Brasile impressioni il mondo, diceva la filmaker Carla Dauden in uno dei suoi primi video-appello che ha guadagnato numerose visualizzazioni e condivisioni nel web: il Brasile vuole anzitutto salute, lavoro ed educazione per la propria gente.

a cura di Michela Graziosi

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