Immigrati: guerriglia a Tor Sapienza, solidarietà a Messina

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A Tor Sapienza periferia di Roma, un centro per immigrati scatena le proteste dei cittadini. Reazione opposta a Camaro, Messina, dove gli italiani si oppongono alla chiusura di una casa accoglienza.

E’ l’11 novembre, siamo a Tor Sapienza, un quartiere periferico di Roma, i residenti scendono in strada per protestare contro il centro di accoglienza che ospita 60 giovani immigrati. Ma la protesta assume toni forti, circa 200 persone che animano una rivolta urbana contro il centro d’accoglienza di zona. I cittadini, capitanati da alcuni estremisti, lamentano scippi, furti, aggressioni fino a vere e proprie molestie di cui sarebbe rimasta vittima una ragazza in un parco. Non viene più tollerata la presenza di quell’edificio in viale Giorgio Morandi, all’interno del quale sono ospitati 60 rifugiati nigeriani, secondo gli abitanti, responsabili degli ultimi episodi di cronaca nel quartiere. Un malcontento che covava da mesi, una rabbia per quel centro che ha, a detta dei cittadini, peggiorato una situazione già al limite della sopportazione per la mancanza dei servizi in un quartiere che conta bel 16.000 abitanti, ed è bastato poco, pochissimo, per far degenerare la rivolta. Una rivolta documentata negli ultimi giorni da tutti gli organi informazione, con conseguente scambio di accuse tra parti politiche, mentre l’amministrazione della Capitale si è fatta vedere troppo tardi.

aibi-675Spostiamoci in Sicilia. E’ il 18 novembre, siamo nel quartiere Camaro di Messina e una catena umana fatta dalle famiglie residenti circonda l’istituto delle suore Immacolatine per dire no alla chiusura di Casa Mosè, il centro di Pronta accoglienza per i Minori stranieri non accompagnati (Misna). Già nei giorni precedenti la gente del rione, mamme, bambini e volontari della parrocchia avevano realizzato striscioni inequivocabili,“A Camaro siamo tutti africani” e “Siamo tutti siciliani”, per dimostrare la loro vicinanza a questi minori approdati sulle coste siciliane senza nessun genitore, nessun adulto, alla ricerca di una nuova vita, di un riscatto. Arriva sul posto anche la Digos che appurato il carattere pacifico del sit in, ha fatto “marcia indietro” dando indicazioni ai servizi sociali del Comune di non forzare con il trasferimento dei minori in altri centri. Al momento quindi i ragazzi continuano ad essere ospitati nel centro di pronta accoglienza fino a che non si riesca a trovare una soluzione alla mancanza di fondi dato che Roma non eroga i contributi pattuiti per i Comuni in cui si fa accoglienza e questi ultimi non sono nelle condizioni di sostenere gli enti che quotidianamente si occupano dei Misna.

casa mosè camaroStesse storie di disagio, di degrado, storie che si sviluppano in tempi simili che provocano però reazioni tanto diverse e paradossali. Quali quindi i fattori che influenzano così radicalmente la cultura dei residenti da suscitare in loro così profonde differenze di reazione?
Anche qui la risposta sembra sempre essere quella più scontata, quella più ovvia: l’intervento del terzo settore. Il centro di Messina infatti è gestito da una grande organizzazione no profit, Ai.Bi. Amici dei Bambini, che lavora da anni per portare lo spirito dell’accoglienza, supporta le famiglie nella comprensione e cerca strade per l’affido e l’adozione. E’ attenta alle esigenze di chi arriva e cerca una casa, una vita migliore ma è ancora più attenta a preparare e a raccogliere i bisogni di chi prova ad aprire le sue porte. Il centro di Roma invece si colloca in un quartiere dove sono già concentrati diversi accampamenti rom. L’amministrazione da poche o nessuna risposta e dove manca la politica, i cittadini si sentono abbandonati, inascoltati e la disperazione diventa rabbia, si fa largo l’intolleranza e gli animi si accendono.
Il lavoro delle organizzazioni del terzo settore si colloca esattamente a metà tra l’amministrazione che eroga i servizi e deve gestire l’emergenza e la cittadinanza che ne subisce gli effetti. Agisce da tampone, mantiene la coesione sociale del territorio, fornisce risposte ai bisogni, genera legami. Queste storie ci confermano quanto l’intervento delle organizzazioni della società civile sono centrali nel buon esito della convivenza, della serenità e dell’integrazione dei territori.In alcune aree sono proprio le associazioni del territorio che riescono a dare quelle risposte che l’amministrazione non solo non può ma non sa dare.

Ma se il ruolo del terzo settore è effettivamente così ovvio, allora la domanda viene da se: perchè si continua a non riconoscere il giusto spazio e valore a questi organismi sociali così cruciali per il territorio? Perchè si continua a gestire ogni situazione in regime di emergenza senza consentire alle organizzazioni prevenire i disagi creando quel clima culturale in grado di poter accogliere, monitorare, valorizzare e dare risposte ai continui flussi migratori di cui il nostro paese è oggetto in regime di normalità?

Gli abitanti di Tor Sapienza e i rifugiati del centro di accoglienza costretti a scappare anche in Italia, attendono una risposta.

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