Clandestini, il piccolo grande capolavoro della coppia Gasbarri-Clementi

In scena al Teatro de’ Servi di Roma fino al 29 marzo, la tragicommedia Clandestini consacra la regia di Vanessa Gasbarri. Imperdibile per chiunque ami il teatro

In una serata piovigginosa un piccolo teatro, situato nel cuore di Roma proprio a due passi da Palazzo Chigi, ci ha regalato un’emozione così intensa ed empatica da confermarci il periodo d’oro che sta vivendo la regista Vanessa Gasbarri. Impegnata nel nuovo spettacolo “Clandestini”, in scena fino al 29 marzo al Teatro de’ Servi, la regista ha dimostrato ancora una volta di avere tutte le carte in regola per appassionare la platea e bissare il successo de “L’appartamento-sold out”.

La pièce, frutto del rinnovato e fortunato sodalizio della coppia Gasbarri-Clementi, affronta in modo leggero ma tremendamente violento il delicato tema dell’immigrazione clandestina. Per questo è uno di quegli appuntamenti imperdibili per chi ama davvero il teatro… Sì, quello genuino, socialmente impegnato, tragicomico. Ma anche catartico e contemporaneo per tematiche eppure così squisitamente tradizionale nello stile e nella regia.

Clandestini non è, però, solamente testo e regia. Perché la vera forza di questo piccolo grande capolavoro teatrale è nella prova attoriale dei suoi quattro protagonisti, guidati da un magistrale Marco Cavallaro. Sul palcoscenico si respira la giusta aria di complicità, l’amalgama dei “fantastici quattro” farebbe invidia alle compagnie più rodate. C’è voglia di divertire e divertirsi, di far passare il messaggio e il dramma personale in modo schietto e senza fronzoli.

E quale potrebbe essere il modo migliore? Attraverso la risata, che non è genuina né liberatoria, quanto piuttosto pesante e demonizzante. E quando uno spettacolo riesce in pieno a far ridere, riflettere e coinvolgere con passione, allora possiamo tranquillamente scrivere che ha centrato il suo obiettivo.

Una piacevole conferma è arrivata dalla platea che, per una sera, ha ospitato una scolaresca. All’inizio la solita confusione e irrequietezza dettate dalla giovane età dei ragazzi, poi, come per magia, il silenzio di chi si appassiona al racconto e le risate di chi, pur non volendo entrare nella “selva oscura dei significati”, si rallegra delle scene comiche.

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Clandestini di Gianni Clementi è una raffinata e ironica tragicommedia dove il contrappasso e lo straniamento sono a farla da padroni. L’autore immagina un deciso ribaltamento degli equilibri economici mondiali in cui è il mondo occidentale a sbarcare clandestinamente sulle coste di un Paese africano per cercar quella fortuna ormai sperperata in patria, un futuro nel quale il tempo a disposizione è terminato e la salvezza è possibile solo lontano da casa.

Protagonisti sono quattro italiani costretti a scappare furtivamente da un’Italia ormai sul lastrico, dove le risorse idriche ed energetiche sono ormai esaurite, l’euro è collassato e dove alcuni prodotti enogastronomici, simboli per eccellenza del made in Italy, sono praticamente introvabili. Sbarcato per primo in quella “Terra promessa” sei anni prima, il cinico e opportunista Eros (Andrea Perrozzi) è convolato a nozze con un’indigena “oversize” pur di ottenere la cittadinanza. Per sfuggire al senso di depressione, si consola fra le braccia di Angelica (Antonia Renzella), una romantica badante/poetessa.

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La storia entra nel vivo quando, una notte, altri due clandestini italiani, un “vucumprà” milanese (Alessandro Salvatori) e un ex pescatore catanese (Marco Cavallaro), si intrufoleranno di nascosto nel magazzino della pizzeria che il romano Eros gestisce per conto per scappare dalla polizia. Una polizia feroce e particolarmente ostile (come del resto gli abitanti di questo Paese africano), pronta a fustigare i migranti italiani. Mai fu più vero il detto “render pan per focaccia”.

 

Tra situazioni paradossali, scontri dettati dal diverso modo di vedere la vita e sirene della polizia che, indemoniate, impazzano in lungo e in largo a caccia di clandestini, ognuno dei quattro protagonisti sceglierà la strada da percorrere per ritrovare la felicità ormai smarrita. Ma, soprattutto, per trovare davvero quella terra promessa per guardare al futuro e immaginare un mondo meno duro. “Finché qualcosa cambierà, finché nessuno ci darà una terra promessa, un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri, noi non ci fermeremo, non ci stancheremo di cercare il nostro cammino”.

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