Expo 2015: il piatto è servito

A Milano dal 1 maggio al 31 ottobre specialità nostrane e internazionali imbandiscono la tavola di Expo 2015

“Siamo ciò che mangiamo”, sosteneva Feuerbach. Allora, chi siamo veramente? Dal primo maggio al 31 ottobre lo scopriamo a Milano, nell’area di oltre un milione di metri quadrati che ospita Expo 2015. Oltre venti milioni di visitatori sono attesi al più grande evento mai realizzato sull’ alimentazione e la nutrizione. Nutrire il pianeta, energia per la vita: questo il tema della manifestazione rappresentato dalla simpatica mascotte dell’evento. Rispettoso dell’ambiente e amante della sana e buona cucina, Foody strizza l’occhio all’arte di Giuseppe Arcimboldo grazie agli undici elementi, tra frutta e ortaggi, che compongono il suo volto.

Due vie principali, il Cardo e il Decumano, accompagnano visitatori e curiosi attraverso odori e sapori della cucina dei 130 Paesi partecipanti. Grandi chicchi di riso della Malesia e mega pannocchie di mais del Messico, progettati da importanti architetti, sono il set ideale di questo giro del mondo in 184 giorni. Durante i quali, prevede la Coldiretti, saranno serviti 26 milioni di pasti, che si traducono in 450mila tonnellate di cibo. Cifre da capogiro che riguardano non soltanto la distribuzione dei migliori piatti internazionali ma soprattutto la tradizione agroalimentare e gastronomica del nostro Paese. “La stragrande maggioranza di cibo sarà made in Italy”, ha assicurato Roberto Moncalvo, Presidente della Coldiretti.

Ma cosa viene servito sulla tavola di Expo? Nei giorni scorsi un carico di insetti della Thailandia è atterrato, con permesso speciale, all’aeroporto di Malpensa.  Cavallette, termiti, larve e scorpioni ricoperti di cioccolato attendono i consumatori più coraggiosi nel supermercato del Future Food District. Lasciapassare straordinari anche per la carne di coccodrillo, proveniente dallo Zimbabwe e per il pesce palla giapponese, piatto molto costoso apprezzato soprattutto per il preziosissimo filetto crudo. Insolito appuntamento per gli amanti del “beverage”. A Expo si serve vino di serpente, conosciuto come ottimo ricostituente sia in Cina che in Vietnam, e vodka allo scorpione. Un’ esperienza sicuramente sorprendente per i palati dei visitatori.

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E il made in Italy? Limitatamente ai sei mesi di Expo il maialino sardo varca i confini dell’isola infrangendo, ma con tutte le autorizzazioni del caso, il divieto di esportazione fissato dall’Unione Europea a causa della peste suina. La produzione nostrana si rinnova grazie al muscolo di grano, alimento vegano ottenuto dall’impasto di farina di grano e lenticchie. Ideato dal calabrese Enzo Marascio, è presente alla manifestazione al posto dei Bronzi di Riace, richiesti come attrattiva della manifestazione.

Eataly  schiera 120 cuochi con ristoranti di cucina regionale mentre, per un pasto veloce, Expo mette in campo chioschi di street food. Spazio, dunque, alla piadina romagnola e alla frittura partenopea di Frie ’n’ Fuie. In fondo al Decumano, a fianco dei sugheri e dei lecci della collina mediterranea, lo schieramento continua con il percorso degustativo dello Slow Food con assaggi di formaggi (Bitto, Castelmagno e Vastedda) e un calice di vino.

Expo promuove, dunque, la biodiversità e la sostenibilità ambientale. Le finalità sono nobili e chiare. Ma, come ogni grande evento che si rispetti, non mancano già le prime contraddizioni. Una per tutte, la scelta di adottare come sponsor multinazionali quali McDonald’s e Coca Cola. Staremo a vedere. D’altronde la maratona alimentare è appena iniziata e, nel frattempo, Expo è servito.

 A cura di Alessia Polimanti.

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