Libertà: contraddizioni di un concetto in chiaroscuro

Libertà: contraddizioni di un concetto in chiaroscuro

Libertà d’espressione. Questo mese la nostra riflessione parte da qui. Perché stare dalla parte di chi fa informazione significa anche interrogarsi su opportunità, limiti e confini.

di Cristina Panzironi

In un periodo in cui i social network sono diventati il nostro pane quotidiano e la tastiera un’amica inseparabile, che talvolta anticipa persino i nostri pensieri, una domanda continua ad aleggiare silenziosamente nell’aria:

In mezzo a tutto questo luccichio abbagliante della tecnologia è, quello in cui viviamo, un mondo in cui esiste vera libertà d’espressione?

Sembrerebbe di sì, a vedere le grandi vallate di condivisioni e commenti resi possibili dall’universo social. A tal proposito dopo il forse mai superato spunto di riflessione di Umberto Eco sulle “legioni di imbecilli” legittimate dai social media, le nuove considerazioni sul “mondo da tastiera” sono passate anche attraverso la nuova definizione Mentaniana di “webete”. Un mondo, dunque, da sempre sottoposto a riflessioni – anche critiche – proprio in virtù delle innumerevoli opportunità disposte sul tavolo della “modernità tecnologica”.

E allora, se l’incredibile proliferazione dei media ha amplificato la possibilità di condividere i propri pensieri, commentare quelli altrui e aver accesso a un mondo pressoché infinito di informazioni, proprio tra tutte le notizie alle quali abbiamo accesso si fa sempre più largo un dubbio: quello che, forse, la libertà di espressione dietro cui spesso ci trinceriamo in nome di un’Occidente avanzato rimanga anche per noi un concetto nebuloso e a tratti imperscrutabile.

Una confusione che sembrano aver pienamente dimostrato le contraddizioni seguite ai vari “#jesuis” succedutisi nell’ultimo anno sui vari social; gesti di grande solidarietà diventati virali in un mondo virtuale che non è più possibile distinguere nettamente da quello offline del quale è diventato, anzi, parte integrante. La domanda che segue risulta dunque una delle più controverse dei nostri tempi: qual è il confine della libertà d’espressione? Un quesito che si fa sempre più acceso di fronte a fatti che fanno vacillare la nostra apertura mentale nei confronti della tanto sbandierata libertà. È il caso, ad esempio, della vignetta satirica di Charlie Hebdo (lo stesso del virale “#jesuisCharlie”) pubblicata all’indomani del terremoto che ha colpito l’Italia centrale lo scorso agosto.

“Ignobile” – “Indegna” – “Ma è satira!”

Una diatriba che ha infiammato il web e lo ha riempito di condanne, quanto quelle per i precedenti attentati terroristici. Una diatriba che ha fatto riflettere su un punto fondamentale della questione: libertà d’espressione è davvero difendere anche ciò che non ci piace?

Ed è qui che entra in scena la nebulosa dalla quale non sappiamo – o non vogliamo – ancora uscire del tutto. Non importa quanto ci si senta avanzati, quanto invochiamo il nuovo millennio a difesa delle nostre aperture nei confronti del mondo. Non importa. Non conta (quasi) nulla. Soprattutto quando valanghe di commenti per la vignetta in questione, invece che prendere le distanze o gridare allo sdegno e alla crudeltà di una satira simile, si tramutano in attacchi alle persone, alla nazionalità, in giornali stessi che titolano: “viene voglia di sparargli”.

I media, in tutte le loro forme, sono lo strumento più efficace per garantire le diverse voci su un determinato tema e, se realmente indipendenti e pluralistici, diventano una delle principali armi di difesa di una società democratica. Ma superare il confine della libertà di espressione è un passo a volte molto semplice da compiere, fino a giungere a una violazione dei diritti umani, come nel caso dei commenti alla vignetta del giornale francese (si, il diritto alla vita è uno dei principali diritti umani e negarlo, anche “solo” attraverso una frase farcita di insulti –come in innumerevoli commenti postati sui social- è una violazione che, se sfocia anche nella xenophobia ne include molte altre).

E allora, a partire da tutti questi dubbi e dalle domande ad essi correlate abbiamo deciso, questo mese, di parlare di libertà.

Come?

La libertà individuale che include il diritto alla non discriminazione sessuale, razziale di lingua, religione, o di altro genere; la libertà di un fiore che cresce e si adatta alla natura che lo ospita; il concetto di libertà nei diversi periodi storici, in un lento processo di scoperta attraverso intriganti viaggi nel mondo dell’arte, del cinema, della musica.. E molto altro.

La libertà proposta da tanti diversi punti di vista, in un percorso di approfondimento che, grazie alle diverse sfaccettature affrontate nelle varie rubriche, speriamo possa restituire una nuova immagine di un concetto tanto ampio e difficile.

Tag

  • charlie hebdo
  • diritti umani
  • libertà
  • libertà d'espressione
  • media
  • satira
  • social media
  • webete

Potrebbe interessarti: