Coach, manager… Allenatore o mago?

Coach, manager... Allenatore o mago?

L’allenatore: figura cardine per la squadra e, sempre più spesso, capro espiatorio per i tifosi. Piccolo focus sul ruolo, oggi.

Il ruolo dell’allenatore è molto importante per una squadra di calcio, punto cardine attorno cui ruotano una serie di fattori. Infatti, se nelle serie minori questa figura allena e motiva soltanto, nelle serie maggiori non è proprio così.

Chi è l’allenatore oggi

Se prendiamo la parola in inglese scopriremo che l’allenatore oggi non è solo un semplice “coach”, come in un classico film americano, ma è soprattutto un “manager”, proprio come quelli che lavorano nel campo dell’economia. L’allenatore delle serie professionistiche infatti, oltre ai due compiti citati sopra, deve scegliere i giocatori, avere un determinato atteggiamento, capire anche di statistiche e di numeri e soprattutto avere in mente un progetto che porti a risultati sempre migliori.

Sembra di parlare di tutto un altro mestiere, eppure questo ruolo si è così arricchito di significati nel tempo che oggi l’allenatore è diventato, fra le altre cose, un capro espiatorio. Le società, i calciatori, ma anche i tifosi, quando tutto va male, sembrano infatti prendersela proprio con queste figure.

Se un tempo un allenatore aveva un contratto, questo andava onorato almeno fino al termine di un campionato, alla fine del quale si raccoglievano i frutti del lavoro fatto: vittoria, promozione, salvezza o qualunque cosa fosse. Ad oggi, in nome dei risultati e di tutto ciò che ruota attorno a questo sport, assistiamo invece sempre più frequentemente al fenomeno degli esoneri, cioè al licenziamento di un allenatore che non raggiunge gli obiettivi prefissati o non è nemmeno vicino a quelli minimi.

Vogliamo parlare di quanto accade in questo campionato? Sono già molte infatti le panchine saltate in Serie A. E se su alcune il cambio non ha sortito alcun effetto, anzi ha peggiorato le cose, su altre è stato un toccasana.

Incrocio pericoloso

Partiamo dal Benevento, che è stata la prima squadra ad esonerare l’allenatore nel corso di questo campionato. La squadra era allenata da Marco Baroni, a cui si deve non soltanto la promozione in Serie A, ma anche quella in Serie B. Il Benevento ha infatti realizzato il cosiddetto doppio salto: solo l’anno scorso era giunto in B e quest’anno si ritrova già in A, grazie ad un bel gruppo, ma anche ad un buon allenatore probabilmente. La colpa del povero Baroni (che poi colpe non ha) è che il Benevento riesce a compiere un record assoluto in negativo: 0 punti nelle prime 15 giornate, la peggiore d’Europa.

Indubbiamente il Benevento non era ancora pronto per i grandi palcoscenici, vista la poca esperienza in serie professionistiche di così alto livello, eppure si decide per la sostituzione dell’allenatore. Arriva così Roberto De Zerbi. La situazione non cambia, se non grazie all’esonero di un altro allenatore, su ben altra panchina.

Anche il Milan infatti, reduce dalle forti dichiarazioni e dal faraonico mercato estivo, sta raccogliendo molto poco rispetto a quanto preventivato. E tutto ciò non va bene, vista la situazione societaria. Tutto a spese del signor Vincenzo Montella, che l’anno scorso riuscì ad acciuffare l’Europa League per miracolo, ma anche a battere la Juventus in Supercoppa Italia in finale. Quest’anno però tutto sembra diverso. Il pari 0-0 col Torino in casa è la goccia che fa traboccare il vaso, così la società chiama un milanista con la M maiuscola a dirigere la squadra: Gennaro Gattuso.

La prima partita è proprio contro il Benevento. Il Milan sembra ormai in controllo, sul ’90 siamo 2-1 proprio per i rossoneri, ma ecco che su un calcio di punizione, il Benevento segna il suo storico primo punto, grazie ad un gol del portiere tra l’altro. Per Gattuso insomma, un inizio da brivido. Non va molto meglio nelle partite successive, da notare la sconfitta contro l’Hellas Verona per 3-1, davvero tremenda, visto che la suddetta squadra è penultima in classifica. Gattuso arriverà a dire “Non sono Padre Pio e non faccio miracoli”, ma a questo punto, era giusto cambiare?

Coach, manager... Allenatore o mago?
Fonte: ysport.eu

Allenatore che cambi, risultato che trovi

Altre squadre che hanno cambiato sono state Genoa e Udinese, che hanno però ottenuto risposte positive, in ottica salvezza. Il Genoa è passato da Juric a Ballardini, guadagnando alcuni punti vitali, mentre l’Udinese ha chiamato Massimo Oddo, al posto di Del Neri, ottenendo vittorie importanti come l’ultima sull’Inter (imbattuta fino a quel momento) con il punteggio di 3-1. Anche Sassuolo e Crotone hanno cambiato e continuano più o meno il loro percorso sulla stessa lunghezza d’onda.

Ma se per il Sassuolo, Bucchi è stato esonerato ed al suo posto è sopraggiunto Iachini invertendo una tendenza alquanto negativa, per il Crotone il discorso è stato leggermente diverso. Davide Nicola infatti, dopo l’impresa salvezza dell’anno scorso, ha deciso di lasciare per incomprensioni con la dirigenza, che avrebbe preferito tenerlo con sé per tanto tempo ancora. Così al suo posto ora c’è Walter Zenga, che spera quantomeno di riscattarsi, visto che dopo l’avventura al Catania non ha mai ottenuto risultati di spicco. Questo è stato solo l’inizio del campionato, chissà quante altre panchine vedremo saltare fino alla fine. O forse dovremo sperare di no?

Conclusione

Tutte queste situazioni sembrano esser accomunate da una caratteristica: non sempre la colpa è dell’allenatore. Alcune di queste squadre non erano ancora pronte per la Serie A, per cui il contraccolpo è stato duro ed inevitabile. Altre forse non hanno una rosa ben amalgamata, per cui chi siede in panchina, anche se cambia, può fare ben poco, bisognerebbe solo pazientare. Eppure le società sembrano non avere tempo per queste cose, come anche alcuni giocatori, che sembrano essere intoccabili e avere un potere decisionale molto forte, anche più dell’allenatore.

È capitato all’estero, con protagonisti molto famosi, ma anche in Italia abbiamo visto giocatori che preferivano perdere la partita, purchè l’allenatore venisse cambiato. Non parliamo dei tifosi, soprattutto alcuni, che credono di essere migliori di chi siede in panchina, il quale ha in molti casi la sola colpa di non far scendere in campo il loro beniamino.

Quindi, ricordiamoci che l’allenatore ha spesso un ruolo ingrato, quello di dover tenere unite le diverse anime che popolano lo spogliatoio e con esse la società. E di fronte a questa consapevolezza appare chiaro che il classico “Io avrei saputo farlo meglio!”, gridato dal divano o dal seggiolino di uno stadio, non aiuta. Criticare sì, dunque, ma non accanirsi nei confronti di un allenatore con un ruolo sempre più difficile. Una leggera lamina che si trova fra incudine e martello, che deve subire colpi e contraccolpi e sperare di riuscire bene.

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