Iva: il cappio al collo delle famiglie e delle imprese

Gli italiani si preparano ad aprire il portafogli, ancora una volta. Sono questi gli effetti delle ultime battute della politichetta nostrana. Effetti che vanno ben oltre l’ormai conosciuto rituale delle tassazioni selvagge. Decisioni scellerate che non tengono conto dello stato attuale dell’imprenditoria e del lavoro.

L’aumento dell’aliquota Iva al 22% non avrà come conseguenza tangibile e immediata soltanto il veder svanire una banconota da 50 euro dal portafogli in men che non si dica. L’imposta sul valore aggiunto andrà a colpire indiscriminatamente una intera filiera.

Dal produttore al consumatore, questo punto percentuale farà schizzare ancora più in alto il costo della vita. È chiaro, poi, che a sentire maggiormente il cappio al collo saranno i ceti medi e quelli meno abbienti, ben oltre i limiti di sopravvivenza.

I “conti della serva” attestano che con l’entrata in vigore dell’aumento Iva il prezzo della benzina salirà (progressivamente a seconda degli approvvigionamenti, ndr.) a +1,5 cent di euro al litro, mentre quello del gasolio a +1,4 cent di euro al litro e quello del gpl a +0,7 cent di euro al litro. E fin qui sono “solo” centesimi. Ma gli aumenti sono ben più generalizzati e non risparmiano di certo i generi di prima necessità. Nonostante l’Imposta sui beni alimentari sia al 10% le ricadute si faranno sentire anche su questo comparto per effetto degli aumenti dei costi dei servizi ad esso collegati. Le previsioni di settembre dell’Istat sull’indice Nic dei prezzi al consumo attestano una diminuzione congiunturale rispetto al mese di agosto dello 0,3%. Tuttavia l’inflazione per il 2013 rimane all’1,3% rispetto all’1,4% di agosto.

L’aumento generalizzato annuo per famiglia è un po’ più di “qualche” centesimo. L’Istituto Cgia di Mestre ha stimato aumenti per 120 euro annui, mentre sono 350 gli euro in più che dovranno sborsare annualmente le famiglie italiane secondo il presidente del Codacons Carlo Rienzi.

La situazione va però ben oltre i “conti della serva” se si considera l’intera filiera produttore/consumatore e, al di là di una soluzione dalle larghe intese, o di una politica propagandistica quando non scandalistica e urlata, si ragiona sul dato globale legato all’azienda-Italia.

La già disastrata economia del Paese dovrà fare i salti mortali per tenere botta e non continuare ad  affondare nel mare di fallimenti a cui stiamo assistendo. Di fatto, l’aumento del gettito Iva dovrà fare i conti con la previsione (più che probabile, ndr.) di una contrazione nei consumi da parte delle famiglie. Sempre secondo quanto dichiarato dal Presidente del Codacons Rienzi “(…)  gli acquisti delle famiglie registreranno una forte contrazione che potrà raggiungere quota -3% su base annua”, una probabilità che si abbatterà sulle aziende in due modi: indirettamente, le piccole imprese subiranno una contrazione dell’indotto, mentre, direttamente, faticheranno ancor di più a erogare i salari; di conseguenza, le ricadute dell’Iva avranno ripercussioni anche sull’occupazione. Ma la scure dell’Iva non si esaurirà nel rapporto produzione/consumo ma dovrà essere analizzata attentamente sotto il profilo fiscale.

Nel contesto si inserisce anche il capitolo legato all’evasione fiscale. Non è difficile immaginare che se potenzialmente lo Stato auspica maggiori entrate dal gettito Iva, dall’altra dovrà aspettarsi una maggiore evasione fiscale.

Se immaginiamo un valore dell’evasione uguale all’attuale, sulla carta, i miliardi di euro dell’evasione si innalzerebbero di un punto percentuale; immaginiamo, invece, che l’evasore si veda costretto con questo regime a qualche ritocchino per far quadrare i conti e non rimetterci. Cifre da capogiro.

Intanto l’Europa ci osserva. “L’Italia rischia il commissariamento dell’Ue”, ha detto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Una ipotesi che spaventa anche i sindacati che temono l’arrivo dei falchi di Buxelles.

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