Una Settimana d’Italia: l’Europa ci boccia, la politica si boccia… tutti ad Antigua

La politica fa acqua da tutte le parti, il governo si loda da solo e le palle d’acciaio di Letta hanno la consistenza del burro, nonostante i discorsi al Congresso Spd di Lipsia, dove il premier ha cercato di far capire quanto le politiche di austerità tedesche stiano minando il destino degli altri membri dell’Europa.

“L’Italia ce l’ha fatta da sola ma adesso vuole una svolta dell’Ue”. Ce l’ha fatta? Il premier vive in futuro tutto suo. Semmai ce l’ha fatta a suicidare il popolo italiano, quello dei lavoratori e degli imprenditori onesti.

In virtù del semestre di presidenza italiana Iron Enrico ha avvertito che “se non si farà una politica comune per la crescita, e contro le diseguaglianze, rischiamo di avere il Parlamento europeo più antieuropeo della storia”. Il riferimento è al pericolo di una ondata antieuropeista alle prossime elezione europee e alle politiche di austerità delle culoniche larghe intese germaniche. Fiore all’occhiello della Germania ma lacrime e sangue per gli altri Paesi Ue.

Dalle proteste interne, con i sindacati sul piede di guerra a le sonore bacchettate di Bruxelles, il caos imperversa e lascia pensare che saranno i cittadini a pagare un conto salato. Il governo ha fatto male il compitino e, a distanza di qualche settimana, se ne sono accorti tutti.

L’Ue ha definitivamente bocciato la Legge di Stabilità, invitando l’Italia a delle importanti modifiche perché, dicono da Bruxelles, i progressi sulle riforme sono limitati. Per il Commissario agli Affari economici Olli Rehn, l’Italia deve remare verso quel pareggio di Bilancio richiesto agli Stati membri, riducendo il debito di almeno lo 0,5% del Pil.

Bacchettata delle bacchettate, Rehn ha aggiunto che “è importante che la spending review in Italia dia risultati già nel 2014 perché porterà ad una riduzione del debito e quindi a rispettare le regole Ue”.

Bocciata, quindi, anche la richiesta del governo italiano per una maggiore flessibilità sugli investimenti, il cosiddetto bonus Ue, perché il debito è troppo alto. A nulla sono valse le giustificazioni di Saccomanni, secondo cui la Commissione non tiene conto dei provvedimenti annunciati. Inconsistenti, quindi, le giustificazioni del Ministro visto che emendamenti e misure esterne alla famigerata Legge di Instabilità non convincono né industriali e sindacati né gli eurocrati.

Intanto i pasticcioni del Mef sembrano voler aizzare una lotta di classe presentando un rapporto sui redditi di lavoratori e imprenditori. Cose pazze, da non credere, i dipendenti guadagnano più di un imprenditore.

Se gli italiani stanno con “le pezze al culo”, al governo non basta più la stoffa per rappezzare i buchi di un esecutivo alla frutta. A due settimane dallo scandalo, le nuove intercettazioni sui rapporti tra il Ministro Cancellieri e Ligresti fanno tremare il governo e il caso viene strumentalizzato anche nello scontro all’ultimo sangue per la corsa alla segreteria del Pd. C’è grande fermento per l’imminente voto in aula sulla mozione di sfiducia proposta dal M5S nei confronti del Guardasigilli.

Ma il primo round per la corsa alla segreteria del partito lo vince la corrente di Letta, sostenuta dall’area dalemiana-cuperliana-bersaniana. Antonio Nicita ha battuto l’uomo appoggiato da Franceschini e Renzi per la sostituzione di Maurizio Decima all’Agcom. Tempi duri per il Fonzie fiorentino che incassa e spera di spuntarla ugualmente. Certo è che questa vittoria mette in banca il controllo di un gruppo di quasi trecento deputati.

Altro giro altra corsa. L’ascesa alla segreteria del Pd passa anche per la querelle sulla legge elettorale. Dal Porcellum al Mattarellum la porcata è sempre in agguato.

Gianni Cuperlo e Matteo Renzi sono pronti a tornare al Mattarellum. La posizione fa risentire il terzo attore della sfida alla segreteria Pippo Civati che ricorda di essere, da mesi, favorevole al Mattarellum, mentre il renziano Franceschini lo aveva bocciato e il cuperliano D’Alema era per il proporzionale.

In casa Pdl, a poche ore dalla resa dei conti, è impossibile tentare di capire quale nuova sigla o acronimo ci ritroveremo sulle schede elettorali alle prossime elezioni. L’aria è così tesa che Berlusconi se ne scapperebbe ad Antigua. Il Cavaliere è stato chiaro “chi non si riconosce in Forza Italia se ne vada”, ma “chi ancora ci crede ha il dovere di restare e combattere perché questi valori trionfino finalmente nel nostro Paese”. Il Cavaliere si rivolge ai suoi, falchi e lealisti alfaniani, come ad una grande famiglia e dichiara che il congresso sarà un momento per discutere e confrontarsi. Ma il Cavaliere sa bene da chi dovrà guardarsi e sa bene che la minaccia di fare cadere il governo ormai non troverebbe seguaci. A perdere la faccia con gli elettori sarebbe l’intero Pdl o quel che ne resterà dopo il congresso.

Insomma Berlusconi è intenzionato a mantenere unito il partito anche se sarà difficile come dimostra il sondaggio che l’ex premier ha effettuato giorni fa. Alfaniane risposte alle telefonate hanno ripetuto che il governo deve andare avanti e che lo stanno facendo anche per il suo bene.

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