Letta chiede aiuto agli arabi

Un po’ come il sagrestano durante la messa passa a raccogliere le offerte dei fedeli, munito di cestino, così il nostro presidente del Consiglio si è recato dai nuovi miliardari del pianeta per ricordargli che l’Italia è pronta ad accogliere il loro aiuto economico, anzi, lo chiede disperatamente.

C’era un tempo in cui noi paesi occidentali eravamo “i primi”. Adesso non è più così. Adesso perdiamo acqua e abbiamo bisogno delle scialuppe di salvataggio, che presto potrebbero provenire dalle tasche di personaggi a noi ancora semisconosciuti. Dovremmo ovviare a tali lacune, cercando di familiarizzare con quella parte di mondo che è destinata a far parlare di sé ancora per molto. I tentacoli delle economie del Golfo sono davanti ai nostri occhi. Dietro quel “Fly Emirates”, che campeggia sulle maglie dei giocatori del Milan, si nasconde un “nuovo mondo” di affari, in cui anche l’Italia vorrebbe giocare la sua partita. Il merito non è solo del petrolio. Altri paesi lo hanno e non sono riusciti a fare “il grande salto”. Le immense ricchezze derivanti dagli idrocarburi vengono reinvestite all’interno in svariati settori, dalle infrastrutture ai servizi, dalla sanità all’istruzione. L’oro nero è destinato a finire, gli emiri lo sanno bene. Non è possibile scialacquare i suoi proventi. Sua Altezza Sceicco Mohammed Bin Zayed Al Nahyan (Principe Ereditario di Abu Dhabi), Sua Altezza Sceicco Mohammed Bin Rasheed Al Maktoum (Vice Presidente e Primo Ministro degli Emirati Arabi Uniti). E poi ancora: Sua Altezza l’Emiro Tamim Bin Hamad Al Thani (Emiro del Qatar). Infine l’Emiro del Kuwait, S.A. Sceicco Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah e il Primo Ministro S.A. Sceicco Jaber Al-Mubarak Al-Hamad Al-Sabah. Questi sono i complicatissimi nomi dei più importanti personaggi che Letta ha incontrato nel suo ultimo viaggio dal 1° al 4 febbraio negli Emirati Arabi Uniti, in Qatar e in Kuwait, dopo il quale si è sentito speranzoso al punto di dire che la crisi in Italia è “alle nostre spalle”. Un’evidente, quanto tattica, aberrazione, necessaria forse a non rompere l’armonia fiabesca venuta in essere in quell’occasione. Di fatto, il Fondo Kia del Kuwait investirà 500 milioni di euro nel Fondo Strategico Italiano, una holding di partecipazioni creata per Legge (Decreto Ministeriale 3 maggio 2011 e aperta ad investitori anche stranieri), in cui l’azionista di controllo è il Gruppo CDP (80%) e azionista di minoranza è Banca d’Italia (20%). C’è poi l’accordo tra Alitalia e Etihad, di cui sinceramente ancora si capisce ben poco. Intanto noi comuni cittadini dovremmo umilmente abbassare il capo ed evitare di snobbare e trattare come “altro da noi” quelli che sono concretamente i nuovi potenti della terra. Paradossalmente si potrebbe partire da una cartina geografica, perché la nostra confusione inizia già dalla geografia. “Dove sta Doha di preciso? Quanti abitanti ha? Quando è diventato indipendente il Qatar?”. Solo un ultimo particolare: la giovane Sheikha Al-Mayassa bint Hamad bin Khalifa al-Thani è stata nominata dalla rivista di arte contemporanea ArtReview la “personalità più influente del mondo in campo artistico” nel 2013. Il suo intento è chiaro: mettere il Qatar al centro del mappamondo artistico internazionale. Un’ulteriore prova del fatto che, nella testa degli emiri e di tutto il loro entourage, non c’è solo la ricerca dello sfarzo fine a se stessa, su cui spesso si vocifera a sproposito.

A questo punto, considerando che l’egemonia mondiale di queste realtà politiche andrà accrescendosi in futuro, meglio correre al riparo. 1) Perfezionando al massimo il nostro inglese. 2) Iniziando a masticare l’arabo, giacché mostrare interesse per un’altra cultura è un segno di rispetto che non passa indifferente agli occhi e all’udito del nostro interlocutore. 3) Testare la nostra resistenza al caldo nei modi più svariati. Per tutto il resto, non c’è mastercard, ma solo la voglia di coltivare oggi, quello che potremmo raccogliere un domani.

A cura di Silvia Di Pasquale.

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