Agenda Digitale: quel fascino radical chic

Agenda Digitale, quel grande tema che affascina tutti i politici, ma di cui conoscono solo le parole e non il significato.

Il nostro Stato, con un provvedimento dell’allora presidente Monti, si è dotato dell’Agenzia per l’Italia Digitale – già ex Aipa, ex Cnipa ed ex DigitPA – e di un commissario, ad oggi già ex dopo meno di un anno di attività, il “mister Agenda Digitale” Francesco Caio.

Quindi, ricapitolando, quella dell’agenda digitale doveva essere la rivoluzionaria macchina che avrebbe fatto riprendere il nostro paese, che avrebbe generato dagli 8 ai 10 miliardi di risparmi sulla spesa pubblica, ma dal 2013 ad oggi per poter partire si attende che per l’Agenzia venga emanato un decreto per la nomina della Commissione d’Indirizzo e del Comitato Spc (Sistema pubblico di Connettività). Cosa ancora più grave è che la Camera dei Deputati, in un rapporto del Servizio Studi del Dipartimento Trasporti, ha praticamente certificato il fallimento totale di questa fantomatica Agenda Digitale. Difatti el rapporto si evidenzia come in materia di Agenda digitale italiana (decreti legge “Crescita” “Crescita 2.0”, “del Fare”), fra i 55 adempimenti considerati solo 17 sono stati adottati e per quelli non adottati di ben 21 risultano già scaduti i termini.

Nel mentre, oltre a dover sopperire alla nomina di tutti questi comitati, commissari, dirigenti, balzelli, vassalli e valvassori, il nuovo Presidente del Consiglio, che ha fatto dell’agenda digitale una tra le sue battaglie nella corsa alla premiership – sia del Partito Democratico, che della Presidenza del Consiglio, giusto per prendere “due piccioni con una fava” -, non ha nominato nessun ministro, viceministro, sottosegretario, delegato, o segretario, anche fosse l’usciere, per temi in questione.

Quali saranno le strategie per il futuro? E per il presente? Non è assolutamente dato saperlo, soprattutto in un contesto politico così complesso e farraginoso, ove le strutture preposte alla guida dei processi di innovazione sono completamente burocratizzate, e sopratutto in un’era dove l’aggiornamento tecnologico è praticamente quotidiano. Anche solo volendo attuare, dall’oggi al domani, la famosa roadmap per l’Italia Digitale, stilata tra il 2012 e il 2013, oggi già in alcuni passaggi sarebbe “anacronistica”.

In questa assoluta mancanza di figure di riferimento, sia politiche che operative, bisogna anche fare i conti con una classe dirigente delle pubbliche amministrazioni che è completamente analfabeta dal punto di vista informatico, e che non si preoccupa nemmeno di affidarsi a consulenti o società che possano aiutarli nella digitalizzazione delle amministrazioni.

Quella della digitalizzazione delle amministrazioni non è solo un vezzo della politica, o dei cittadini, ma è una funzione essenziale per lo sviluppo del paese, per avvicinare lo Stato ai cittadini, ma sopratutto ha degli impatti economici impressionanti. Difatti, come da una ricerca condotta dallo Studio Ambrosetti e Poste Italiane,  per le inefficienze della PA vengono “bruciati” oltre 40 miliardi di euro in un anno (e questo lo calcolano sull’ipotesi che mediamente ogni cittadino “perde” circa 30 minuti al giorno dietro le burocrazie, o le inefficienze, che potrebbero essere superate con i moderni sistemi tecnologici.).

Il tutto è evidenziabile da tantissimi esempi, basta andare nei principali portali nazionali della PA, come ad esempio quello dell’INPS, dell’Agenzia delle Entrate, Impresa.gov, e via dicendo, senza considerare i portali delle PA locali.

L’aggiornamento di un portale per la pubblica amministrazione non ha prezzi elevati, considerando che oggi esistono sistemi open source affidabilissimi, tecnologie a basso costo e molto efficienti e preformanti, senza considerare una infinita schiera di società e consulenti che in regime di concorrenza del mercato, oggigiorno, offrono servizi di sviluppo a costi molto inferiori rispetto a pochi anni fa.

Perchè, quindi, il nostro paese si impegna ogni giorno per rendersi odioso nei confronti dei suoi cittadini?

Semplice, la mancanza di governance e di vision, oltre la grandissima burocrazia para-politica che ha sclerotizzato anche le più semplice procedure per la nomina dei dirigenti, e tutto questo ai danni dei cittadini, che per moltissime attività, come richiedere un semplice certificato, potrebbero risparmiare tempo e soprattutto denaro!

Oggi, l’impressione che si ha, è che la politica guarda con ammirazione e fascino al mondo del digitale, in particolare ai social network, che poco o nulla hanno a che fare con la Pubblica Amministrazione, e concentrano le loro forze – si fa per dire – su progetti faraonici di rivoluzione informatica, dimenticando che solo partendo dai piccoli progetti si potrà arrivare alla rivoluzione attesa.

In Italia la PA è come se nuotasse in una vasca da bagno piazzata sulla battigia di una qualsiasi meravigliosa spiaggia del nostro Mediterraneo.

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