Kosovo e Crimea. Il diritto internazionale “così è se vi pare”

I casi del Kosovo e della Crimea sono due vicende differenti che pongono gli Stati Uniti su una posizione contraddittoria nel momento in cui parlano di diritto internazionale.

C’è poco spazio per l’altruismo quando si parla di rapporti tra Stati. Il principale approccio utilizzato nelle discordie e negli accordi tra i Paesi è il realismo e nel momento in cui ci si appella alla morale per giustificare determinate scelte o, nello specifico, si difende un attacco militare poiché posto sotto la bandiera della democrazia e avvenuto in nome del pacifismo, il più delle volte c’è il rischio che si possa cadere nella demagogia e nella falsità. Per chiarire meglio il pensiero, si può utilizzare come esempio la posizione degli Stati Uniti riguardo ai casi della Crimea e del Kosovo.

guerra-fredda-putin-crimea-1Il 16 marzo gli abitanti della Crimea hanno deciso attraverso un referendum di ritornare sotto l’amministrazione russa dopo che nel 1954 la penisola fu donata all’Ucraina per volontà di Kruscev. Kiev ha così presentato all’Assemblea generale della Nazioni Unite il testo di una risoluzione (non vincolante) che dichiara illegale quanto è avvenuto ed è stata votata da ben 100 Paesi, con il compiacimento di Washington. Putin come risposta ha ricordato come gli “amici” dell’Occidente, gli USA in primis, abbiano giustificato e dichiarata legale l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia (con le perplessità che saranno menzionate qui di seguito). Sebbene la dichiarazione di Putin sia stata criticata poiché i casi della Crimea e del Kosovo riguardino due fattispecie differenti, una è un passaggio di territorio da un Paese ad un altro e la seconda è una dichiarazione di indipendenza con l’istituzione di un nuovo Stato, c’è da dire che la riflessione dello “zar” russo su come la comunità internazionale non si sia fatta sentire anche nel caso che ha interessato la Serbia abbia delle fondamenta di verità.

kosovoap_450x300La popolazione della Crimea, di origine russa e fortemente simpatizzante per Mosca, attraverso un referendum ha manifestato con il 97% la volontà di scegliere il proprio futuro, cioè di ritornare in quella che era la propria Patria, ossia la Russia. Non volendo disquisire sulle ombre che ci sono state, come il divieto ai rappresentanti dell’OSCE di verificare la correttezza del referendum ed alcuni problemi di carattere costituzionale, si vorrebbe invece focalizzare su come la comunità internazionale si sia assopita in un sonno profondo proprio nel momento in cui il diritto internazionale è stato palesemente violato nel 1999 e messo in discussione nel 2008. I due anni presi in considerazione riguardano il medesimo territorio, ovvero il Kosovo (o Kosovo i Metohija per i serbi). Dopo una campagna condotta in maniera esagerata dai media occidentali contro Milosevic, presidente di quella che era la Repubblica federale jugoslava, la NATO ha deciso di bombardare il territorio della Serbia dal marzo al giugno del 1999 violando il proprio statuto che autorizza un’azione bellica solo in difesa di uno Stato facente parte del Patto Atlantico ed agendo senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, come invece prevede il diritto internazionale. Riguardo al 2008, invece, Washington ha promosso il riconoscimento del Kosovo in qualità di Stato indipendente dopo la sua dichiarazione unilaterale e senza alcun referendum nazionale o interno (come erroneamente ha dichiarato pochi giorni fa Obama) o di comune accordo con Belgrado. BRITAIN-G8-SUMMITQuel che è avvenuto ha comportato una grave conseguenza poiché i Paesi che hanno riconosciuto il Kosovo come Stato si sono schierati contro la Risoluzione Onu 1244 che prevede ancora oggi che il territorio appartenga a Belgrado e che sia amministrato dalle Nazioni Unite. La Corte internazionale di giustizia attraverso un proprio parere ha giudicato legale la dichiarazione d’indipendenza in quanto tale, senza però dichiarare legale l’esistenza del Kosovo in quanto Stato. Un parere perfetto per rispondere senza dir nulla riguardo il nocciolo della questione. Nonostante però la posizione di numerosi Stati occidentali ed altri a questi alleati, 5 Paesi dell’Unione europea (Spagna, Cipro, Grecia, Slovacchia, Romania)  hanno deciso di non riconoscerlo.

I due casi del Kosovo e della Crimea sono quindi due vicende differenti ma che pongono gli Stati Uniti su una posizione contraddittoria nel momento in cui parlano di diritto internazionale. La Casa Bianca e le potenze occidentali probabilmente senza una maschera non sono in grado di dire la verità e chissà per quanto ancora denunceranno il caso della Crimea come un atto di forza di Putin e non un’espressione della volontà popolare. Intanto, in Kosovo, è ancora presente la base militare americana più grande in Europa.

A cura di Luigi Iannotti.

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