Addio a Gabriel Garcia Marquez

Si è spento giovedì a Città del Messico il premio Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Marquez. Era stato ricoverato il 3 aprile per complicazioni alle vie respiratorie. Aveva 87 anni.

La notizia della scomparsa del premio Nobel colombiano, ricordato come “uno dei maggiori scrittori del XX secolo” , occupa la prima pagina di tutti i siti online e dei notiziari tv di tutto il mondo. Molti i tweet a lui dedicati, “mille anni di solitudine e tristezza per la morte del più grande dei colombiani di tutti i tempi. Solidarietà e condoglianza a Gabo e la famiglia”, scrive il presidente della Colombia Juan Manuel Santos su Twitter. L’ecuadoriano Rafael Correa in un commento esplicitamente politico afferma “Se n’è andato Gabo, avremo cent’anni di solitudine, ma ci restano le sue opere e il suo amore per la Patria Grande. Hasta la victoria siempre!”. E l’ex presidente cileno Sebastian Pinera ha ricordato le sue opere più famose: “Cent’anni di solitudine. L’amore ai tempi del colera. Cronaca di una morte annunciata: oltre alle sue eccentricità sono parte della sua eredità”. “E’ morto un grande della letteratura latinoamericana. Ci lascia un’opera prolifica e che ci ispira, che continuerà ad alimentare la nostra immaginazione”, ha aggiunto Pinera. Sul web milioni di appassionati e seguaci dello scrittore colombiano hanno dedicato tweet e pensieri all’autore dei romanzi che li ha fatti sognare.

Gabo, così era affettuosamente soprannominato, era nato il 6 marzo del 1927 ad Aracataca, in Colombia. Prima ancora di diventare uno scrittore affermato, si dedicò al giornalismo. Nel 1948 infatti divenne prima redattore e poi reporter per “El Universal”.  Alla fine del 1949 si trasferì a Barranquilla per lavorare come opinionista e reporter a “El Heraldo”.  Su invito di Álvaro Mutis, nel 1954 García Márquez tornò a Bogotá, a lavorare a “El Espectador” come reporter e critico cinematografico. Il suo esordio letterario avvenne nel 1955 e dopo il trasferimento in Messico (dove si recò dopo essere messo sotto sorveglianza dalla CIA ed essere minacciato dagli esuli cubani anticastristi ) si dedicò in maniera costante alla scrittura. Nel 1967 pubblicò la sua opera più nota: Cent’anni di solitudine, un romanzo che narra le vicende della famiglia Buendía a Macondo attraverso diverse generazioni. E’ considerato il miglior romanzo prodotto da Marquez: una storia non lineare, complessa e ricca di riferimenti alla storia e alla cultura popolare sudamericana, narrata attraverso diverse cornici temporali, e ispirata dalla tecnica dello scrittore argentino Jorge Luis Borges. L’opera  è stata pubblicata inizialmente in spagnolo nel 1967, poi  è stata tradotta in trentasette lingue e ha venduto più di 20 milioni di copie. E’ considerata in tutto il mondo la massima espressione di realismo magico, un genere letterario in cui si  vuole proporre una certa visione onirica, attraverso l’indagine dell’inconscio ed il legame con l’arcano contenuto nei miti e contrappone al realismo e al verismo (derivanti dal positivismo) qualcosa di più profondo, che tocchi nuove tematiche o che le presenti secondo nuove forme. Ed è ciò che  Marquez è riuscito a fare abilmente, diventando il massimo esponente di questa corrente letteraria.

Nota era la sua amicizia con Fidel Castro, che gli costò la perdita dell’autorizzazione alla residenza permanente come cronista negli Stati Uniti. L’impegno politico ha sempre accompagnato la carriera letteraria di Gabriel Garcia Marquez, e malgrado il suo stretto rapporto con il leader maximo ha sempre negato di essere comunista. Credeva nella possibilità di rinnovamento che la Rivoluzione cubana promuoveva, e nel 1971 Garcia Marquez dichiarò: «Continuo a credere che il socialismo sia una possibilità reale, che sia la soluzione che ci vuole per l’America Latina e che sia necessario avere una militanza più attiva».

La sua morte lascia un vuoto incolmabile nel cuore di tutti coloro che hanno letto i suoi romanzi, ne hanno tratto insegnamenti, ispirazioni, emozioni indelebili.

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