Tangenti Mose: non c’è da stare “serenissimi”

La Tangentopoli del Veneto, dopo Baita e Mazzacurati, il nuovo filone dell’inchiesta sugli appalti del Mose: arrestati Chisso e Marchese. Richiesta per Galan. Il sindaco di Venezia Orsoni è ai domiciliari.

Neanche un tanko in questo caso li avrebbe potuti sottrarre alla scure delle accuse di quest’ultima inchiesta e così un’altra cricca di colletti bianchi viene travolta dal ciclone tangentopoli. Questa volta tocca al Veneto e ai suoi “virtuosi” amministratori. Da quasi più di un anno l’aria si era fatta pesante, dopo gli arresti dei manager Piergiorgio Baita e Giovanni Mazzacurati (l’ingegnere ”padre” del Mose), i pm Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, erano decisi a chiudere il cerchio.  Ed così che si è arrivato ad oggi e neanche il Mose riuscirebbe a contenere la bomba d’acqua rappresentata da questa nuova Tangentopoli veneta. Sono 35 le misure cautelari eseguite questa mattina dal nucleo di polizia tributaria di Venezia e i nomi sono altisonanti e bipartisan  si  va dall’assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso al consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese, che è stato condotto in carcere, c’è anche il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni agli arresti domiciliari.

Dalle prime notizie si scorge sempre lo stesso sistema che ormai attanaglia ogni singolo appalto in Italia, un modus operandi che coinvolge la politica ma anche tutto il tessuto sociale del nostro paese e la dimostrazione di una società malata è il fatto che cambiano gli attori ma non le pratiche. Gli arresti di oggi sono solo il vertice di una piramide di corruttori e corrotti eccellenti, oltre ai già citati, la cricca non si è fatta mancare nulla, ci sono  due magistrati, Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva, il presidente del Coveco, cooperativa impegnata nel progetto Mose, Franco Morbiolo, il generale in pensione Emilio Spaziante, l’amministratore della Palladio Finanziaria spa, Roberto Meneguzzo e dulcis in fundo c’è anche la richiesta di arresto per il senatore di Forza Italia Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto vincolata però all’autorizzazione  dell’apposita Commissione di Palazzo Madama.  Le accuse per tutti sono di corruzione, concussione, riciclaggio

Gli arresti eccellenti e le indagini, svelano il più classico  sistema, fatto di intrighi e rapporti privilegiati, accentuati da una dilagante impuntita e smisurata voglia di potere. L’ex manager della Mantovani Giorgio Baita, con il beneplacito del proprio braccio destro Nicolò Buson aveva distratto dei fondi relativi al Mose, le opere di salvaguardia per Venezia, in una serie di fondi neri all’estero. Il denaro, veniva portato da Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San Marino dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli grazie alla propria azienda finanziaria Bmc. La guardia di finanza aveva già scoperto che almeno 20 milioni di euro, così occultati, erano finiti in conti esteri d’oltre confine e che, probabilmente, erano indirizzati alla politica, condizione che ha spinto gli inquirenti ad accellerare l’operazione di questa mattina all’alba. Giovanni Mazzacurati ai vertici del Consorzio Venezia Nuova, era stato definito «il grande burattinaio» di tutte le opere relative al Mose.  E dalle indagini su di lui erano emerse fatture false e presunte bustarelle che hanno portato all’arresto di Pio Savioli e Federico Sutto, rispettivamente consigliere e dipendente di Cvn, e quattro imprenditori che si spartivano i lavori milionari.

Questa nuova tangentopoli scuote una regione virtuosa come il veneto e dopo lo scandalo expo pone di nuovo il nostro paese nell’occhio del ciclone, un altro risveglio amaro in un periodo di crisi e di sfiducia che pone a tutti l’obbligo morale di prendere atto che questa società va riformata in tutte le sue strutture. Non basta a questo punto puntare il dito solo sulla classe politica perché le inchieste dimostrano che è tutto il sistema paese che è marcio e che l’individualismo sfrenato ha portato un intera comunità a fregarsi a vicenda. Continuiamo ad avere fiducia nel futuro ma dal veneto in giù siamo ancor meno “serenissimi”

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