Cinquanta sfumature di Yoga

Yoga, una parola di appena quattro lettere dietro le quali ci sono millenni di storia, cultura e decine di varianti. Noi ve le spieghiamo

Se si digita in rete Yoga o si fa un giro tra palestre e centri dove si pratica questa disciplina, ci si rende subito conto che cinquanta sfumature sono pure poche, contando tutte le varianti che prendono in prestito questo nome.

Ma è possibile conoscere il vero Yoga, quello originale praticato in India, secondo la tradizione, millenni orsono da saggi illuminati? Probabilmente no, ma non disperiamoci, non tutto è perduto!

Sono due i motivi principali per cui ci è difficile, se non impossibile, essere certi che quello che stiamo praticando oggi è lo Yoga delle origini: il primo è storico, mentre il secondo più filosofico. Da una parte infatti, c’è appunto la storia che con il suo corso vede inevitabilmente ogni cultura cambiare, trasformarsi, evolvere o declinare in base ad accadimenti di natura sociale, politica ed economica. Sarebbe un’ovvietà dire che l’India non è più quella di secoli fa, meno ovvio invece ricordare che la sua storia è stata profondamente segnata dall’occupazione inglese, e che proprio attraverso un occhio occidentale sono giunte a noi, in tempi moderni, le prime informazioni su questo continente, la sua cultura e i suoi costumi. Lo yoga in questo non fa eccezione: i primi libri, traduzioni, racconti, articoli e reportage arrivati in Europa su questo argomento sono stati scritti, pensati e realizzati da occidentali per un pubblico occidentale. Anche eliminando tutta quella letteratura di fantasia e palesemente caricata, riguardante riti, miti e legende sullo Yoga e gli Yogi, (termine con il quale si definiscono i suoi praticanti, Yogini al femminile), è facile comprendere come chi si è occupato di questo argomento lo ha potuto fare solo attraverso i propri filtri culturali. Pur non mancando tra i primi testi ricerche di valore, il focus e l’attenzione della maggior parte di questi lavori sono stati catalizzati 36179036fortemente dall’aspetto fisico della disciplina e dai benefici, addirittura miracolosi, che la pratica sembrava donare al corpo, a discapito dell’aspetto spirituale meno attuabile e condivisibile in una società con chiari retaggi religiosi come quella europea. Al contrario, la a ricerca di un corpo eternamente giovane e in salute, che non abbia timore dell’avanzare degli anni, ha fatto sempre gola a molti, soprattutto a chi non crede nella reincarnazione. Ma capiamoci bene, non che lo Yoga, inteso come ginnastica, non faccia bene al corpo, tutt’altro! Se praticato in maniera costante e graduale esso dona innumerevoli benefici a tutto l’organismo. Solamente questo non è ne la sua peculiarità, ne il suo scopo principale. Stando infatti ai testi tradizionali indiani, come la Bhagavad Gītā, poema epico religioso e testo sacro dell’Induismo, o gli Yoga Sūtra di Patañjali, serie di aforismi che intorno all’anno zero hanno sistematizzato una pratica fino a quel momento basata esclusivamente sull’insegnamento orale, scopriamo che la parte fisica occupa un posto quasi marginale nell’architettura della disciplina e che quando si parla di Asana, le famose posizioni dello Yoga, si intende per lo più posture comode e l’immobilità del corpo, idea assai diversa da tanti stili di Yoga contemporanei. Nella Gītā ad esempio il termine Yoga compare spesso, ma quasi sempre inteso come condotta di vita, via o percorso verso il divino e quindi verso la liberazione dal Samsara, il ciclo continuo di morte e rinascita. In questo percorso, rispetto all’ Hatha Yoga, la via del lavoro sul corpo, rivestono maggior importanza il Karma Yoga, la via dell’azione sacralizzata; il Jnani Yoga, la via della conoscenza spirituale; il Bhakti, la via dell’abbandono devozionale a Dio; il Dyhana Yoga, la via della meditazione.

Ugualmente negli Yoga Sūtra le Asana sono solo uno degli otto passi che conducono al Samadhi, l’illuminazione o l’assorbimento nel Tutto, insieme a Yama e Niyama, azioni da cui astenersi e quelle invece da compiere, Pranayama e Pratyahara, lavoro sul respiro e sui sensi, Dharana e Dhyana, concentrazione e meditazione. A dare l’ultimo tocco di occidentalizzazione a questa pratica infine ci hanno pensato alcuni maestri indiani ben disposti ad adattare, non sempre per fini prettamente spirituali, il loro insegnamento al gusto e alle richieste di un pubblico d’oltre oceano in costante aumento.

Il secondo motivo, per cui è difficile definire con precisione quale sia il vero Yoga delle origini, è di carattere più filosofico e consiste nel fatto che lo Yoga, a metà tra scienza e arte, è un percorso di sviluppo personale in cui la componente individuale è caratterizzante e dove ogni praticante, come ogni insegnante, lo interpreta secondo la propria sensibilità, aggiungendo il suo bagaglio culturale e la formazione data dalle esperienze fatte nella propria vita. Allora se da una parte è eccessivo dire che esistono tanti stili di Yoga quanti sono i maestri che lo insegnano, dall’altra capiamo che le cinquanta sfumature del titolo sono appena sufficienti a tratteggiare un affresco attuale di questa disciplina. Non c’è da stupirsi quindi se tra queste sfumature s’incontra lo Yoga associato alla danza, quello mischiato con le arti marziali, oppure lo yoga della risata o quello tantrico, legato alla sessualità (altro argomento quello del Tantrismo che meriterebbe un approfondimento, per via dell’uso e dell’abuso che ne viene fatto), e ancora lo Yoga in acqua o quello praticato in sale riscaldate a 40°C.

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Ma allora come destreggiarsi in questo caleidoscopio di stili e forme? Quali sono i principi basilari e irrinunciabili di questa disciplina, che ci possono portare a dire, dopo averla praticata: “Questo è lo Yoga!”? Partiamo come spesso si fa in questi casi dall’etimologia e scopriamo che Yoga significa “unione”, dalla radice iug- unire, congiungere, aggiogare. Ma cosa è che possiamo unire grazie allo Yoga? Vi siete mai accorti che avete dei pensieri, delle emozioni e dei bisogni fisici? E che a volte, per non dire spesso, questi non vanno nella stessa direzione? La mente cioè pensa si volere una cosa, il cuore ne desidera un’altra, e il corpo ne richiede ancora una terza, magari addirittura opposta alle prime due?

Forse allora potremmo aver trovato una prima risposta alla nostra domanda: la prima unione che è possibile compiere attraverso la pratica dello Yoga è proprio quella tra le nostre parti razionale, emotiva e fisica. Questo può avvenire lavorando con costanza e consapevolezza sul corpo, disciplinandolo attraverso l’esecuzione delle asana; sulle emozioni, grazie agli esercizi di respirazione e consapevolezza emotiva; e sul pensiero con la meditazione ed esercizi di concentrazione e focalizzazione. Salendo di un gradino, o se preferite scendendo più in profondità, l’unione che il praticante di Yoga può ricercare ed ottenere è quella tra la dimensione fisica, intesa come insieme di corpo, mente e cuore, e la dimensione spirituale. Ad un altro livello infatti, una volta armonizzate le parti relative alla nostra manifestazione più grossolana possiamo accorgerci che la cosa non finisce qui, ma che dentro di noi risiede un’energia più potente e sottile, collegata ai nostri valori più profondi e alle nostre più intime aspirazioni, quell’energia vitale che, se contattata, dona alla nostra vita un gusto più intenso. Potremmo chiamarla Presenza o “vivere al ritmo della vita”, di fatto è quello stato in cui riusciamo a prendere le giuste decisioni, a scegliere ciò che è meglio per noi e a muoverci in quella direzione. Ma ancora non è tutto, lo Yoga infatti promette come ultima meta niente di meno che l’Illuminazione, la più alta forma di consapevolezza, una gioia diffusa che va oltre ogni emozione già provata, la comunione con il Tutto, cercando di mettere da parte ogni connotazione esclusivamente religiosa che si possa dare a questa idea. Una meta questa assai impegnativa da raggiungere , ma che promette di ripagare ogni sforzo compiuto.

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Eccoci quindi giunti alla fine di questo viaggio attraverso le cangianti sfumature di questa antichissima e allo stesso tempo moderna pratica di consapevolezza, avremmo potuto scrivere ancora a lungo elencando tutti gli stili e i nomi che vengono accostati alla parola Yoga, ma vogliamo evitare qui di risvegliare le facili critiche che possono essere mosse ad un tale proliferare di varianti. Crediamo invece sia più utile sottolineare come questa abbondanza metta in luce, da una parte tutta la bellezza della creatività umana, e dall’altra la buona salute di cui gode la disciplina, a patto però che si mantengano ben presenti i suoi pochi basilari fondamenti, ben descritti nei testi tradizionali e mantenuti vivi da tutti quei maestri che in ogni epoca  si sono approcciati allo Yoga in maniera sincera e attenta, e che così facendo hanno mantenuto vivo il suo insegnamento.

In collaborazione con YogaAyur

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