Il Tea party di Boston

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Il 16 dicembre 1773 nel porto di Boston i coloni protestarono contro la tassazione commerciale imposta dal governo britannico distruggendo 45 tonnellate di tè

La protesta dei coloni contro l’introduzione di dazi e tasse sulle merci importate fu organizzata dai Sons of Liberty. Fra di essi vi era John Hancock che si mise a capo dei coloni con il motto “no taxation without representation”. I coloni dunque aggirarono le tasse di importazione del tè boicottando quello cinese e fornendosi dall’Olanda. Il 13 dicembre 1773 i Sons of Liberty si travestirono da indiani Mohawk ed arrivati al porto di Boston distrussero il carico di tè inviato dall’Inghilterra. Le ceste di tè vennero rovesciate in mare per un totale di 45 tonnellate con un danno stimato di circa 10000 dollari. L’atto di protesta venne rivendicato dal Boston Tea Party che chiese l’autogoverno delle colonie. Il governo centrale reagì promulgando nel 1774 le cosiddette leggi intollerabili che prevedevano la chiusura del porto di Boston e la condanna per alto tradimento dei rappresentanti del Tea Party. I coloni dunque boicottarono qualsiasi tipo di merce e nel 1775 il governo britannico adottò una soluzione conciliatoria che prevedeva l’abolizione delle tasse in cambio della fedeltà e la difesa dell’Inghilterra. La situazione però degenerò ben presto con lo scoppio della guerra di indipendenza americana che portò nel 1776 alla Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti.

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