L’editoriale: libertà è responsabilità

editoriale libertà è responsabilità

Il diritto di fare informazione passa da scelte etiche e imprenditoriali onerose e imprescindibili

La mia generazione è nata senza conoscere cosa sia la tirannia, o meglio senza averla mai provata, ma è nata sotto la calda coperta della libertà. I fatti di Charlie Hebdo, quasi concomitante con la liberazione di Greta e Vanessa, mi hanno spinto ad una riflessione più profonda e sincera: conosciamo il vero significato di libertà?

Il Santo Padre, dal suo viaggio nelle Filippine, commentando gli ultimi avvenimenti, ha detto che “ognuno ha non solo la libertà o il diritto ma anche l’obbligo di dire quello che pensa se ritiene che aiuti il bene comune”. Ed è questo il punto focale della libertà, ovvero non può esprimersi per reprimere quella altrui.

Dalla libertà di esprimere le nostre opinioni, che facciamo per il mezzo del nostro magazine online, derivano grandi responsabilità. Queste responsabilità non derivano solo dall’esporre pubblicamente le proprie opinioni e lasciarle alla libera critica o disquisizione del pubblico, ma ci assumiamo la responsabilità dei sacrifici che come editori chiediamo alla squadra di redazione nel mandare in pubblicazione un progetto editoriale che aspira ad essere innovatore, ma per prima cosa megafono di idee ed opinioni. La libertà è un affascinante diritto, ma dal cui esercizio gravano responsabilità pesanti come macigni.

logo_openmag_144x144L’edizione di un magazine online come OpenMag comporta uno sforzo imprenditoriale notevole, visto che una pubblicazione qualitativa come la nostra chiede l’impegno di uno staff che spazia tra direzione editoriale, strategia comunicativa, design e amministratori web, è la chiara espressione ed esercizio di libertà che ha operato fin dalla sua fondazione (settembre del 2013). Tutto questo per garantire lo sviluppo di un luogo di sperimentazione dei nuovi linguaggi della comunicazione, fare cultura, e garantire il diritto di informazione e critica a tutti coloro che abbiano piacere di condividere il nostro progetto editoriale. Abbiamo esercitato tutte le libertà e i diritti costituzionalmente garantiti dalla nostra Repubblica, ed in particolare incarniamo il principio secondo cui ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Oggi, dopo poco meno di 16 mesi di attività, abbiamo raggiunto traguardi che in alcuni casi sono andati oltre le nostre aspettative, e non senza  difficoltà o errori. Il 2015 è iniziato nei migliori dei modi, con la sottoscrizione di una importante partnership con News Republic, una delle piattaforme mobile di aggregatori di notizie più diffuso al mondo, presente in 22 paesi che diffonde oltre 150.000 news al giorno provenienti da circa 1.000 fonti qualificate. Oltre a questo, tra i successi dei primi giorni di quest’anno, abbiamo avuto l’onore di aver contribuito alla distribuzione del video italiano più virale della notte di Capodanno.

Tutto questo lo stiamo facendo nel pieno esercizio della nostra libertà, ma a quale costo? Al costo di avere la responsabilità di amministrare una società che chiede al suo staff e suoi collaboratori di lavorare nel corso delle vacanze natalizie in nome di quell’ideale di prendere parte ad un progetto che aspira a lasciare il mondo un posto migliore di come lo abbiamo trovato. Abbiamo la responsabilità di quello che diciamo e facciamo, che non è solo un aprir bocca e dargli fiato, ma rispecchia i valori e scelte culturali di un gruppo, dell’editore, e immancabilmente di tutta quella schiera di persone che lavorano per la riuscita di un progetto editoriale come il nostro. L’esercizio della libertà ha un costo e delle responsabilità, bisogna saperla esercitare e bisogna conoscerne bene i confini.

Noi ogni giorno ci dobbiamo svegliare consci del fatto che fare cultura, soprattutto se in forma imprenditoriale come nell’ambito dell’editoria, ha delle grandi responsabilità, e le scelte di linea editoriale, oltre che di natura strategico imprenditoriale, hanno delle ripercussioni su tutte quelle donne e uomini che partecipano direttamente e indirettamente a un progetto del genere. Noi siamo orgogliosi del nostro progetto, e siamo orgogliosi dei giovani che stanno riponendo la loro fiducia in noi, e abbiamo l’obbligo morale di non tradirla. Naturalmente la contingenza economica ci impone di “necessità far virtù”.

Il direttore di Charlie Hebdo, Stéphane Charbonnier, ha sempre dichiarato che sarebbe morto in nome della libertà di satira, piuttosto che farsi piegare dalle minacce. Alla fine per questo è morto. Che il Signore lo abbia in gloria. Ma in nome di questa libertà mi domando se abbia mai chiesto alla sua squadra e suoi collaboratori se fossero stati disponibili anche loro a morire, o quantomeno se ne avessero veramente avuto coscienza. In egual maniera mi domanda se Greta e Vanessa si siano mai domandate quale grande responsabilità derivava dalle loro scelte, assolutamente libere, di partire volontarie in confini di guerra. In entrambi i casi le scelte di libertà hanno comportato ripercussioni sulla vita della collettività, e a cara prezzo.

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Non so dare risposta a queste domande sulla consapevolezza delle scelte di Charlie, Greta o Vanessa, ma di due cose sono certo: la libertà non può essere uno scudo che protegge ogni nostra azione. Questo non significa giustificare un vile attentato, o rapire delle cooperanti, ma neanche approvare ad esempio il modo in cui Charlie Hebdo esercitava la sua libertà, che per noi non sarà mai un modello da seguire. In secondo luogo il nostro magazine avrà sempre e solo come stella Polare la libertà di autodeterminazione della società, la libertà di aderire o meno con coraggio alle nostre scelte editoriali, e lottare per portare innovazione al nostro Paese. Solo progresso e niente ideologia.

 Cogitamus ergo sumus.

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