Record export alimentare italiano: vino al primo posto

vino e cibo settore agro alimentare

Il settore agroalimentare conferma di essere uno dei punti di forza della nostra economia. La terra, la coltivazione e i prodotti alimentari sono ormai il simbolo per eccellenza del “Made in Italy”

I dati pubblicati dall’Istat e ripresi dalla Coldiretti parlano chiaro: le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari e bevande hanno registrato nel 2014 il record storico fatturando 34,3 miliardi. In sostanza il 2,4 per cento in più rispetto all’anno precedente.

Anche alla luce di questo trend positivo, sembra quanto mai centrata la scelta di far ruotare il prossimo Expo intorno al tema della nutrizione. E l’Italia, padrona di casa, si presenterà a Milano con un ottimo biglietto da visita.

Per l’embargo russo ad alcuni prodotti quali frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, le aziende agricole si sono concentrate sul mercato statunitense che invece li ha accolto con favore. In particolare c’è stato l’exploit del vino le cui spedizioni hanno superato abbondantemente 1,1 miliardi di euro. Un risultato reso possibile non solo dalla qualità delle bottiglie, ma anche dal tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro. Però è all’interno dell’Unione Europea che l’Italia ha spedito di più, coprendo i due terzi del fatturato complessivo oltreconfine.

“Con questi risultati sul commercio estero, l’agroalimentare si conferma una leva competitiva determinante per far uscire l’Italia dalla crisi” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo che poi sottolinea come “all’estero il vero nemico sono le imitazioni low cost dei cibi nazionali che non hanno alcun legame con il sistema produttivo del Paese”.  Oggi l’agropirateria sui prodotti italiani ha un valore di 60 miliardi con quasi due prodotti su tre falsificati. Il più classico degli esempi è il Parmigiano, contraffatto in ogni Paese: si va infatti dal Parmesan, diffuso in tutti i continenti (dagli Stati Uniti al Canada, dall’Australia fino al Giappone), al Parmesao brasiliano, al Regianito in Argentina. Per non parlare del Romano, dell’Asiago e del Gorgonzola prodotti negli Stati Uniti dove si trovano anche il Chianti californiano e inquietanti imitazioni di soppressata calabrese pomodori San Marzano “spacciate” come italiane.

parmesan

Sempre dal settore agroalimentare arrivano le belle notizie per l’Italia. Dopo il trionfo del vino all’estero, tocca alla birra artigianale, generalmente un marchio riconducibile al Nord Europa, dire la propria. Nel 2014, nonostante il pessimismo di analisti ed economisti in merito al perdurare della crisi economica, la produzione annuale di birra artigianale in Italia ha raggiunto i 30 milioni di litri. Ma non solo, perché solamente l’anno passato le Camere di Commercio hanno registrato 600 microbirrifici in attività rispetto alla trentina di dieci anni fa.

Inevitabili le ricadute occupazionali. Dal boom dei micro birrifici è venuta anche una forte spinta all’occupazione soprattutto tra gli under 35 che sono i più attivi nel settore. Le innovazioni vanno dalla certificazione dell’origine a chilometro zero fino al legame diretto con le aziende agricole, ma anche fino alla produzione di specialità altamente distintive o forme distributive innovative come i brewpub o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica.

Non è dunque un caso che per la prima volta nel 2014 le birre siano entrate nell’elenco dei prodotti tradizionali censiti dalle Regioni dove si trovano specialità come la birra di Savignone (Liguria), la birra della Valganna (Lombardia) e la birra di Fiemme (Trentino), tre preparazioni che vantano le loro caratteristiche artigianali che si fondano, rispettivamente, sulla leggerezza e il contenuto di vitamine, sulla qualità dell’acqua e sulla storia e sui pregi del lupino e dei luppoli selvatici lavorati usando tecniche e metodi di una volta, riscoperti dopo lunghe ricerche.

La produzione artigianale traina anche l’export con le spedizioni di birra italiana all’estero che sono aumentate del 13 per cento in quantità nel corso del 2014 rispetto all’anno precedente, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat relativi ai primi dieci mesi. Oltre la metà della birra italiana esportata  è diretta nel Regno Unito “dove nei pub si diffonde la presenza delle produzioni artigianali nostrane”.

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 Da tempo Coldiretti ha stimolato la politica delle filiere corte del “Made in Italy” agroalimentare, nel senso che il produttore partecipa, attraverso le sue forme associate, anche alla gestione del prodotto sul mercato. Contestualmente, si sta potenziando su tutto il territorio nazionale la rete distributiva di “Campagna Amica” grazie alla quale il consumatore trova i prodotti firmati direttamente dal produttore in una sorta di vera tracciabilità. Tale politica ha stimolato anche la nascita di talune iniziative progettuali nel segmento della birra artigianale o agricola avviando una nuova imprenditorialità costruita con l’impiego dell’orzo aziendale in un contesto produttivo a ciclo chiuso garantito dallo stesso agricoltore. In questa situazione di grande dinamicità, a supporto della trasparenza dell’informazione dei consumatori, “è però necessario – conclude la Coldiretti – qualificare le produzioni nazionali con l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine, per evitare che vengano spacciati come Made in Italy produzioni straniere”.

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