Nando Citarella & Tamburi del Vesuvio hanno celebrato i loro primi vent’anni divertendo il pubblico dell’Auditorium Parco della Musica
Nando Citarella è un profondo conoscitore delle tradizioni popolari del Sud Italia e il progetto Tamburi del Vesuvio nasce per sua volontà nel 1994, con l’intento di dare voce ai nostri canti antichi sempre più contaminati dalle diverse etnie con cui la società italiana è entrata in contatto. Nel corso di questi anni tante culture e tanti generi diversi si sono mischiati e hanno dato luogo a un linguaggio musicale estremamente caratteristico, antico e moderno allo stesso tempo, ma soprattutto tanto radicato nel Sud Italia quanto esteso a tutto il Mediterraneo. La loro è una scelta musicale estremamente coraggiosa ma che fortunatamente continua a raccogliere consensi.
Lo spettacolo “Terra ‘e Motus” è un vero e proprio viaggio attraverso il Meridione: si parte dal Salento e, passando per le montagne del Gargano e percorrendo la via del santuario San Michele, si arriva alla Calabria ionica, luogo in cui avviene l’incontro con l’antica lingua “Sabir” che il Maestro Stefano Saletti definisce la lingua dei porti: un mix di italiano, francese, arabo e spagnolo che fa dialogare i popoli del mediterraneo.
Poi c’è ancora la Calabria con la più famosa canzone popolare “Santu Roccu” che ha fatto alzare in piedi platea e galleria e le ha coinvolte in una danza scatenata e liberatoria per approdare successivamente in Sardegna, rappresentata dal bravissimo Mauro Palmas che ci ha deliziati con il suo “liuto cantabile”, strumento dal suono romantico, delicato e raffinato. Chiude Napoli con le sue tarantelle.
A cantarci questo viaggio interessante e davvero coinvolgente, la voce lirica e potente di Nando Citarella e quella morbida, calda ed emozionante di Gabriella Aiello, accompagnate dal violino di Carlo Cossu, dal djembé di Gabriele Gagliarini, dalla fisarmonica di Alessandro d’Alessandro, dalla chitarra di Claudio Monteleoni, dai campanacci di Roberto Giumarra, dalla batteria di Giovanni Lo Cascio e da tantissimi ospiti stranieri che hanno contribuito a dare forza a questo concerto.
I ritmi incalzanti si sono alternati ad abbassamenti di dinamiche e la forza vibrante di tamburi e percussioni ci è arrivata dritta allo stomaco. Il palco si è trasformato in una grande culla che ha accolto tanti suoni diversi, dando nuovo respiro alla nostra enorme tradizione musicale, di cui forse dovremmo avere più cura.