Fantozzi: un mostruoso fenomeno cinematografico

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40 anni fa i racconti dell’ex-impiegato Italsider Paolo Villaggio approdano sul grande schermo. Nasce una saga cult che però non ha saputo chiudere al momento giusto

Il Ragionier Ugo sa anche ribellarsi e trasformarsi in contestatore. Ma il suo ammutinamento viene prontamente incassato e normalizzato dal Sistema. Non con la repressione ma con il paternalismo. Nel finale del primo Fantozzi, frantuma una finestra e viene “invitato” nel monacale studio del Mega Direttore Galattico. Lo vediamo avanzare di spalle in silenzio, portato di peso da due uscieri, in un’enorme e spoglia anticamera trafitta dal sole.

L’inquadratura sembra la nemesi dell’ingresso degli operai in fabbrica di La classe operaia va in paradiso di Elio Petri (1971). Gian Maria Volontè e i suoi “compagni” entrano in massa nel cancello, nel fragore dei megafoni dei sindacalisti e degli studenti extraparlamentari, ripresi sempre rigorosamente di spalle. L’immagine dello sfruttamento è la stessa ma mentre l’operaio ha (o dovrebbe avere) la forza del numero, il “mezzemaniche”, invece, è kafkianamente solo.

Chissà quanto casualmente, la comicità impiegatizia in Italia nasce con l’unità nazionale. Tanto che il nome di Ignazio Travet, il timido funzionario protagonista della commedia teatrale scritta da Vittorio Bersezio nel 1863, da allora identifica un’intera categoria. Nel 1945 Carlo Campanini lo interpreta nel film Le miserie del Signor Travet, tormentato dal petulante collega Alberto Sordi. Seguono altri esempi più o meno riusciti di “cinema dietro la scrivania” ma nessuno sfonda veramente.

Paolo Villaggio colloca la nascita di Fantozzi in una sera d’estate del 1956, quando presenta con successo un monologo, in uno spettacolo universitario a cui partecipa anche un musicista 16enne suo carissimo amico, Fabrizio De Andrè. Negli anni di lavoro come impiegato all’Italsider, il futuro attore troverà innumerevoli spunti per sviluppare il personaggio perseguitato da esilaranti disavventure ma dotato di una forza incrollabile. Il Ragioniere “dell’Ufficio Sinistri” esordisce nel 1968, con il nome di “Ugo Fantocci”, nel programma tv Quelli della domenica. Le sue gesta dal 1971 compaiono a puntate su L’Europeo e poi nei libri della Rizzoli.

I primi due film vengono diretti con mano sicura da Luciano Salce che trasforma Fantozzi in un campione della nuova comicità, con tempi e situazioni surreali che ispireranno parecchio le produzioni americane del decennio successivo. Insieme a Salce e Villaggio, scrivono la sceneggiatura Leo Benvenuti e Pietro De Bernardi. È loro l’idea di inserire la roboante e iperbolica voce narrante. Mentre il regista raduna un cast che farà storia. E dire che Villaggio approda al ruolo principale solo dopo il rifiuto di Ugo Tognazzi e Renato Pozzetto. Al suo fianco, nel ruolo della moglie Pina, l’attrice teatrale Luigia “Liù” Bosisio (che, due generazioni di spettatori più tardi, sarà la voce italiana di Marge Simpson). La consorte dovrebbe essere Anna Mazzamauro, che invece sarà la memorabile signorina Silvani. L’attore di macchiette napoletane Giuseppe Anatrelli è il furbo e arrivista Calboni (sarà poi sostituito da Riccardo Garrone). I colpi di genio di Salce sono soprattutto nell’idea di affidare a un uomo, Plinio Fernando, il ruolo della mostruosa figlia Mariangela e nella reinvenzione del personaggio di Filini, un grande Gigi Reder, miope e logorroico, capace in più occasioni di rubare la scena al Ragionier Ugo. Villaggio lo ammetterà: “Spesso faceva ridere più di me”.

Il_secondo_tragico_Fantozzi

Il regista esprime ottimamente l’alienazione del personaggio anche con la scelta di location romane fredde, cementizie e desolanti, dove l’individuo possa sentirsi schiacciato a dovere. La sede della mega-ditta “Italpetrocementermotessilfarmometalchimica” è l’enorme palazzo della Regione Lazio, su Via Cristoforo Colombo. Casa Fantozzi, ripesa dal retro, affaccia sulla sopraelevata della Tangenziale Est, all’epoca delle riprese non ancora aperta al traffico, dove è girata la celebre scena del bus (un episodio che Villaggio riprende dalla sua infanzia, quando il padre cercò davvero di prendere un autobus al volo, finendo al pronto soccorso). Quella che dovrebbe essere la parte frontale del condominio è invece in Via di Donna Olimpia, a Monteverde. L’automobile, nei libri una 500, diventa la celebre Bianchina.

La prima puntata di una delle serie più fortunate del cinema italiano arriva sullo schermo dell’Excelsior di Firenze il 27 marzo 1975. Il weekend successivo è in due sale di Roma. Alla fine della stagione cinematografica 1974/75 la pellicola è terza negli incassi, dopo L’esorcista e Amici miei; nella stagione successiva è al secondo posto dopo C’eravamo tanto amati. Il secondo tragico Fantozzi esce nella primavera del ’76, non ripete l’exploit dell’anno precedente ma è comunque un altro successo.

I due film ripropongono in chiave comica una certa tendenza all’espressionismo del cinema anni ’70. Sono girati come film drammatici: ambientazione invernale, colori cupi, situazioni paradossali filmate con grande realismo. Un realismo che a volte gioca brutti scherzi. Nel libro di Alberto Pallotta Mostruosamente… Fantozzi, De Bernardi racconta che la famosa scena del campeggio in cui il Ragioniere prende una martellata su un dito e corre a urlare a due kilometri di distanza, inspiegabilmente nel film non gli sembra divertente. Poi capisce perché: “Salce aveva messo dei grilli in sottofondo, in una scena che non doveva avere interferenze se non l’eco dei passi. Quei grilli avevano fatto diventare la scena realistica, l’avevano spossessata della sua comicità paradossale. I meccanismi comici, spesso, sono delicatissimi”.

Il Fantozzi del nuovo decennio cambia pelle. La regia passa a Neri Parenti, grande appassionato delle comiche del muto, che imprimerà alla serie un umorismo molto più immediato, in co-regia con Villaggio in Fantozzi contro tutti e poi da solo. Ambientazione estiva e vacanziera, colori caldi e fumettistici, la serie si popola di facce legate alla nuova comicità: Abatantuono, Roncato, Haber, Bernabucci ecc. Fantozzi trasloca in un’abitazione molto più a misura d’uomo, in Via Bodoni, a Testaccio. Soprattutto, Liù Bosisio, che si sente poco a suo agio nel ruolo (ma tornerà in Superfantozzi), è sostituita da Milena Vukotic, la “signora Pina” per antonomasia.

Un assaggio di successo internazionale in Russia, un’idea mai partita di remake americano con Danny De Vito, la saga attraversa due decenni con altri otto episodi. Il personaggio cambia con l’Italia. Dall’austerità del Compromesso storico all’edonismo anni ‘80, al caos della Seconda Repubblica, sempre subendo angherie d’ogni sorta. Con Pina sono più di una volta sull’orlo del divorzio; Mariangela diventa ragazza madre; la Guerra fredda volge al termine e Fantozzi può meditare il proprio voto con maggiore serenità, tanto qualsiasi partito è interessato solo a schiavizzarlo. E ancora i processi di mafia, la violenza negli stadi, la tv spazzatura, tangentopoli, addirittura la clonazione.

Fantozzi_il_ritorno

Il Ragioniere va in pensione, muore e resuscita due volte. La serie mostra inesorabilmente la corda ma si intestardisce nel voler sopravvivere a se stessa, alla scomparsa di Gigi Reder, al ritiro di Plinio Fernando, all’abbandono dello stesso Neri Parenti stremato. Sulla qualità delle ultime puntate, Paolo Villaggio è chiaro: “film bruttissimi” che hanno offuscato la vera natura del personaggio. L’attore è comunque contrario a considerarlo come qualcosa che appartiene al passato: la necessità del pubblico di identificarsi con l’inaffondabile Ragioniere non tramonta mai. “Loro non lo sanno” spiega Fantozzi alla moglie nel finale di Fantozzi contro tutti “ma io sono indistruttibile. E sai perché? Perché sono il più grande perditore di tutti i tempi. Ho perso sempre tutto: due guerre mondiali, un impero coloniale, otto, dico otto campionati mondiali di calcio consecutivi, capacità d’acquisto della lira, fiducia in chi mi governa. E la testa. Per un mostr… una donna come te”. Ed è solo il 1980.

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