In occasione della Giornata Mondiale dell’autismo ecco una spiegazione della sindrome e delle sue cause.
Cosa è l’autismo?
L’autismo Infantile viene considerato come un comportamento gravemente disturbato la cui caratteristica principale si presenta nell’area delle interazioni sociali ed è costituito dall’incapacità, sin dai primi momenti precoci dello sviluppo, di interessarsi, di comprendere e di partecipare attivamente alle interazioni umane con atteggiamenti di isolamento e di chiusura agli stimoli interpersonali. Nel DSM IV (1994) sono stabiliti i criteri per la definizione di uno spettro autistico che si riferiscono a:
- Alterazione qualitative dell’interazione sociale (compromissione di comportamenti non verbali come ad esempio sguardo reciproco, espressioni facciali, posture corporee, gesti che regolano l’interazione sociale, incapacità di formare relazioni con altri, mancanza di ricerca di reciprocità sociale o emozionale, presa di iniziativa)
- Alterazioni qualitative della comunicazione (ritardo o assenza del linguaggio verbale, non compensato da gesti o espressioni mimiche, grave alterazioni nella capacità di iniziare o sostenere una conversazione, uso ripetitivo o stereotipato della conversazione, mancanza di giochi spontanei di finzione e di iniziative sociali di gioco adeguato all’età mentale)
- Comportamenti, interessi, attività stereotipate, ripetitive e ristrette caratterizzate da:
- Restrizioni di attività ed interessi
- Insistenza su rituali o routines non funzionali
- Manierismi motori non ripetitivi
Per la diagnosi di autismo si richiedono almeno 2 elementi della prima categoria, uno della seconda e uno della terza: almeno sei in tutto. Dal momento che l’autismo è una realtà molto complessa questi bambini hanno difficoltà spesso nell’ambito psicomotorio, cognitivo ed emotivo.
Le cause dell’autismo
Le cause specifiche dell’autismo sono generalmente sconosciute. Tuttavia, da una serie di studi condotti negli ultimi decenni è emerso che i disturbi dello spettro autistico sono in gran parte determinati da fattori genetici. Per esempio, studi su gemelli hanno indicato che nel caso di coppie di gemelli monozigotici (che quindi hanno lo stesso patrimonio genetico), nel 60%-85% dei casi se uno dei due è affetto, anche l’altro lo sarà, mentre è molto più raro che coppie di gemelli dizigotici (che hanno il 50% dei geni in comune, come i normali fratelli) siano entrambi affetti. A parte il caso di gemelli identici, è relativamente raro che una coppia abbia più di un figlio con autismo. La probabilità che una coppia che ha già un figlio affetto ne abbia un secondo è circa il 2-6% : tuttavia rispetto alla prevalenza dell’autismo nella popolazione generale, ciò corrisponde ad un rischio 10-60 volte maggiore rispetto all’atteso. E’ chiaro quindi che alla base dell’autismo ci sono delle importanti determinanti genetiche, anche se queste sono molto complesse. Fatta eccezione per una minoranza di casi (< 10%) in cui l’autismo risulta associato ad anomalie cromosomiche o a malattie a trasmissione mendeliana, quali la Sclerosi Tuberosa e la Sindrome dell’X Fragile, per la maggior parte dei casi non è stata ancora individuata una specifica causa genetica. Si ritiene che l’autismo sia una condizione “multifattoriale”, cioè che non sia dovuto all’effetto di un singolo gene, bensì alla presenza di varianti in più geni che singolarmente non sono sufficienti a scatenare la patologia, ma che se presenti contemporaneamente concorrono alla predisposizione al disturbo autistico. NON ESISTE QUINDI IL GENE DELL’AUTISMO, ma probabilmente una serie di geni che predispongono alla malattia. I ricercatori sostengono inoltre che: geni, fattori ambientali (virus o sostanze chimiche), possano contribuire a determinare il disturbo.
Si può guarire dall’autismo?
Inevitabilmente ogni genitore, dopo aver ricevuto la diagnosi di autismo per il proprio figlio, si è domandato se una guarigione sarebbe stata possibile un giorno e se il suo adorato bambino avrebbe potuto condurre una vita normale. Lo ha fatto magari a bassa voce, dentro di sé, troppo spaventato dalla possibile risposta. “Non si può guarire dall’autismo, ma si può migliorare”. Alcuni professionisti ritengono che una volta che un bambino viene diagnosticato nello spettro, ci rimanga per sempre: non c’è modo di guarire completamente dal disordine. Non dicono che una persona non possa migliorare, ma dicono solo che il disordine dello spettro autistico è una diagnosi che dura tutta la vita.
Un bambino stravagante
“Un palla colpisce le mie gambe e io alzo gli occhi dal libro. La luce del sole quasi mi acceca.
Un timido bambino si avvicina, mi chiede scusa e recupera la sua palla. Che palla singolare! Dai colori scintillanti e con una trama dalle forme geometriche più disparate. Quando rotola non è semplice stabilire qual è il suo colore. Mette allegria.
I bambini la rincorrono e la palla continua a sfuggire e a rimbalzare ovunque. Litigano per chi deve andare a recuperarla, questa volta la palla arriva a un bambino distante dal gruppetto ed estraneo ai loro giochi, lui guarda la palla e sorride. Si piega e fa rotolare la palla a terra. Si diverte e continua a sorridere. ù
Quando gli altri cercano di recuperare la palla, il bambino la prende e scappa. Si allontana quando basta per tornare a far rotolare la palla e a perdersi ipnotizzato nel movimento e nei giochi di colori che derivano da esso.
E di nuovo scappa e viene inseguito dai bambini che ridono e sembrano divertiti a loro volta da questo bizzarro gioco. E la palla rotola, e poi si scappa e si viene inseguiti e di nuovo la palla rotola. Non è più divertente questo gioco.
A divertirsi è solo il bambino rapito dalla palla che rotola. Lui continua a ridere, gli altri si avvicinano, vogliono cambiare gioco. Il bambino stringe la palla è spaventato come se li vedesse per la prima volta. Sembra confuso e si agita.
Un adulto si avvicina a lui, è sereno e calmo. Parla al bambino che piano piano si rilassa e ritorna a sorridere. L’adulto prende la palla e la restituisce al gruppetto che prova a coinvolgere il nuovo amico nei loro giochi.
Ma il bambino piega la testa e si avvicina al viso dell’altro. Allunga un dito e con questo gli sfiora il lobo dell’orecchio. Ripete il gesto su tutti i bambini e anche su altri che stavano lì per caso ed esterni alla situazione. Tutti ridono.
Poi l’adulto muovendo la mano al bambino, lo aiuto a salutare e vanno via. Il bambino cammina in modo curioso: mette i piedi uno davanti all’altro e saltella. E procede così. Arriva davanti a me, si ferma per un momento e incrocia il mio sguardo.
I suoi occhi scuri e profondi sembrano penetrarmi dentro e arrivare alla mia anima. Sembrano andare oltre e vedere di più di quanto ci sia effettivamente da vedere. Un attimo. Ho capito. Un leggero sorriso e di nuovo si incammina con quel suo fare curioso. E nel frattempo gli altri bambini sorridenti, lo guardano allontanarsi e commentano:
“Che bambino stravagante!”
Dott.ssa Debora Fontana (Psicologa, Psicoterapeuta sistemico relazionale)
Dott.ssa Graziella Bauleo Psicologa in Neuroscienze Cognitive