Come Hitchcock è diventato Hitchcock: il periodo inglese

Hitchcock come è diventato Hitchcock

35 anni fa la scomparsa di Sir Alfred Hitchcock. Disprezzato dalla critica e considerato a lungo un mestierante del film di genere, ha emancipato il cinema e lo ha reso una categoria culturale autonoma

“Non filmo mai un ‘pezzo di vita’ perché tutti lo possono trovare senza alcuna difficoltà a casa loro, nelle strade e anche davanti all’ingresso del cinema. Non c’è bisogno di pagare per vedere un‘pezzo di vita’. Del resto non mi interessano nemmeno i soggetti puramente fantastici, perché è importante che il pubblico possa riconoscersi nei personaggi. Girare un film, per me, significa innanzitutto raccontare una storia. Questa storia può essere inverosimile, ma non deve essere mai banale”. Alfred Hitchcock sintetizza così il proprio lavoro ne Il cinema secondo Hitchcock, il fondamentale libro-intervista realizzato con François Truffaut nel 1962 e uscito per la prima volta nel 1967 (integrato poi negli anni successivi). L’opera sarà alla base della rivalutazione dell’inventore del thriller cinematografico e della sua giusta collocazione nella storia del grande schermo.

Il padre della Nouvelle Vague è il primo ad accorgersi che i film di Sir Alfred, denigrati dalla critica, considerati prodotti di cassetta senza alcuna sostanza, introducono in realtà un cinema capace di fare a meno della “nobiltà” dell’origine letteraria o drammaturgica. Anche quando sono basati su libri o lavori teatrali, i film di Hitch veicolano stati d’animo, paure, riflessioni sull’oscurità della natura umana costruiti esclusivamente tramite la tecnica cinematografica. E il cinema diventa un’arte a sé, dotata di una dignità culturale propria. Che non rielabora emozioni, ma ne costruisce di nuove.

La scelta di campo del thriller è molto semplice: è un genere che piace al pubblico e che risponde ad una precisa necessità dell’individuo: provare emozioni. Poiché però nella società moderna, scrive nel 1936 sulla rivista Picturegoer, “è molto difficile vivere questi brividi in prima persona […] dobbiamo viverli in modo artificiale e il cinema rappresenta il miglior mezzo per questo scopo”. Quasi sempre, Hitch aggiungerà alla ricetta una forte dose di ironia e di giallo-rosa: l’intreccio romantico non mancherà mai. È sempre dalla vita reale che il grande autore, scomparso esattamente 35 anni fa, il 29 aprile 1980, ricava e rielabora tutti i temi che diverranno costanti nella sua opera.

Alfred Hitchcock nasce a Leytonstone, periferia nord-est di Londra, il 13 agosto 1899, secondo di tre fratelli. Ha 5 anni quando suo padre William, grossista di frutta e verdura, per punirlo di qualche bravata, lo manda al commissariato con un biglietto in cui prega i poliziotti di chiudere il figlio in cella per una decina di minuti. Detto fatto. Da qui il timore della polizia e il tema costante del perseguitato che deve provare la sua innocenza solo contro tutti. Inoltre gli Hitchcock sono cattolici e in Inghilterra, anche nel XX secolo, la cosa dà sempre un’idea di eccentricità, di non perfetta integrazione.

A scuola va bene solo in geografia. Studia dai Gesuiti a Londra. A 19 anni inizia a lavorare come contabile nella ditta Cavi elettrici Henley. Ama molto il disegno e studia Belle Arti all’università. Ovviamente è già appassionato di cinema, americano, francese ma soprattutto tedesco. Stanno arrivando gli anni dell’espressionismo di Murnau e di Fritz Lang. Quella Germania viziosa, decadente e minacciosa (più tardi minacciosa soprattutto) vista sullo schermo influenzerà fortemente il suo stile.

Pubblica sul giornale aziendale un racconto ironico-pauroso intitolato Gas, che sembra parodiare Poe e Kafka. Nel 1921, Hitch si presenta con i suoi disegni alla succursale londinese della Paramount, la Famous Players, e viene assunto come pittore di didascalie (il cinema è ancora muto). A differenza di altri grandi registi dunque, è un “nativo cinematografico”. Il suo percorso artistico inizia cioè con una gavetta direttamente nel cinema, che ha modo di studiare a fondo in ogni singolo aspetto tecnico: soggetto, sceneggiatura, ripresa, direzione degli attori, montaggio, ecc. Nel 1922 il primo esperimento di regia: Il numero tredici, due bobine mai completate.

Nel 1924 è aiuto-regista a Berlino in un film co-prodotto con la UFA, la principale compagnia della Germania. È ospite di un alto dirigente. Dopo cena, l’irreprensibile figlia 19enne del padrone di casa si offre di mostrargli la città (lui non parla tedesco). La prima tappa è un locale gay dove vengono abbordati da due ragazze, da lì vengono invitati in una camera d’albergo. Hitch e la sua guida si limitano a fare gli spettatori e la fanciulla, evidentemente più che abituata a queste serate, mette addirittura gli occhiali per seguire meglio quello che succede sul letto. Inizia a svilupparsi un altro tema chiave dell’universo hitchcockiano: quello delle pulsioni sessuali sotterranee eternamente represse dalla società e quindi destinate ad effetti incontrollati.

Hitchcock come è diventato HitchcockLa prima vera regia è Il labirinto della passione (1925), co-produzione anglo-tedesca con riprese in giro per l’Europa, Italia compresa, tra la Liguria e il Lago di Como. La sua aiuto-regista è Alma Reville, la futura signora Hitchcock.

Il pensionante (1926), è considerato da Hitch il primo vero film. Una caccia al serial killer ispirata alla vicenda di Jack lo squartatore, dotata di ritmo e invenzioni tecniche per l’epoca davvero notevoli (come il soffitto di vetro attraverso cui, in un film muto, si può “vedere” il rumore dei passi). Sir Alfred fa per la prima volta la sua celebre comparsata in un’inquadratura. Inizia ad avere in antipatia i divi e lo star system. Vorrebbe infatti che l’accusato fosse davvero il colpevole ma i produttori si mettono immediatamente di traverso: il popolarissimo protagonista Ivor Novello non può assolutamente interpretare un criminale, la cosa scioccherebbe il pubblico. È obbligatorio ripiegare su un banale happy end. 16 anni dopo ci sarà lo stesso problema con Cary Grant ne Il sospetto.

La sua competenza tecnica gli fa intuire che il sonoro, anche se avversato da moltissimi, è destinato a imporsi. Dunque, nel 1929 deve girare ancora un film muto ma lo fa con una procedura e una recitazione da film parlato. E quando, come Hitch ha previsto, i produttori cambiano idea, è sufficiente aggiungere la traccia audio e Blackmail – Ricatto diventa la prima opera sonora di Alfred Hitchcock. Mentre molte carriere tramontano o vanno in crisi, la sua decolla definitivamente.

Murder – Omicidio (1930) è uno dei pochissimi gialli della sua filmografia in cui il colpevole si scopre solo alla fine, il cosiddetto Whodunit (da Who has done it?, cioè Chi l’ha fatto?), un genere che Hitch giudica poco avvincente. “Si attende tranquillamente la risposta alla domanda: chi è l’assassino? – spiega – Nessuna emozione”. Perché ci sia suspence, ritiene, lo spettatore non deve conoscere meno informazioni dei personaggi del film, deve invece averne di più. Come in Sabotaggio (1936), con un bambino che va a spasso con una borsa in cui, lo spettatore lo sa, lui no, una spia tedesca ha nascosto una bomba ad orologeria. Dovrebbe andare dritto alla stazione ma invece si ferma, perde tempo, guarda le vetrine, sale su un autobus affollato. E la tensione va alle stelle.

Iniziano a soffiare venti di guerra. Arriva l’Hitch spionistico. Ne Il club dei 39, L’agente segreto, La signora scompare e molte altre pellicole, non ci sono più assassini da arrestare ma agenti nemici da smascherare. Qualcuno non apprezza che Sir Alfred estenda la sua sotterranea simpatia per i cattivi a film in cui il nemico è un nazista. Il suo codice cinematografico però non ammette deroghe: il cattivo sullo schermo deve risultare intelligente ed insospettabile, a volte perfino affabile.

La società britannica non si è mai però liberata del tutto di un pregiudizio vagamente classista nei confronti del cinema. Non a caso, a quarant’anni dalla nascita del grande schermo, la Gran Bretagna ha partorito soltanto due registi degni di nota: Hitchcock e Chaplin. Il trasferimento oltreoceano è nell’ordine naturale delle cose. È il 1939 quando Hitch, con Alma e la figlia 11enne Patricia, arriva a Los Angeles per iniziare, con Rebecca, la prima moglie, la sua turbolenta collaborazione con uno dei grandi produttori-demiurghi di Hollywood, Mr. Via col vento, David O. Selznick. (continua).

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