Diego Abatantuono dalla A alla Z

Diego Abatantuono dalla A alla Z

Il Diego nazionale ha compiuto 60 anni il 20 maggio. Riflessioni in ordine alfabetico su una carriera in perfetto equilibrio tra comico e drammatico

  • Attila, flagello di Dio. La maschera abatantuoniana per eccellenza. Nel 1982 Castellano e Pipolo trasformano Diego in un condottiero super-kitsch, in lotta contro i “leggionari” guidati da Angelo Infanti. Metafora dell’umorismo surreale della scuola milanese che si contrappone a quello romano, tutto freddure e prese in giro. Scult.
  • Bufera (arriva la). Un giudice, ovviamente del nord, spedito in Campania si accorge che i notabili del malaffare vogliono fargli incastrare un truffatore da strapazzo perché poi tutto possa continuare come prima. In piena Tangentopoli, Daniele Luchetti affianca a Diego Silvio Orlando in un dramma grottesco-giudiziario (un po’ zoppicante) in cui non esiste più giustizia, perché non esiste più legge, perché non esiste più Stato. Guardie e ladri non si confondono. Semplicemente, non sono mai stati separati. Nel finale, pioggia metaforica di spazzatura. Che vent’anni dopo diventerà reale.
  • Camerieri 1994. Guida con grinta un cast turbolento e si ruba di continuo la scena con Villaggio. I dipendenti di un ristorante si odiano ma devono fare fronte comune davanti ai nuovi proprietari, beceri e cattivi. Il mare d’inverno, suggestioni felliniane, allusioni esplicite e insistite agli anni ’50 e ’60. Leone Pompucci, ingiustamente sparito dalla circolazione, firma una commedia inquieta e inquietante, fatta di facce, sguardi, coltelli, livori e rancori.
  • Derby Club. Gli zii sono i proprietari del locale “sancta sanctorum” del cabaret milanese. Mamma Rosa lavora lì come guardarobiera. Conosce Jannacci, Viola, Boldi, Teocoli, Cochi e Renato, Faletti, Di Francesco, i Gatti di Vicolo Miracoli. Negli anni ’70 Diego diventa tecnico del suono ed esordisce sul palco con il personaggio del “terrunciello”, l’immigrato pugliese con aspirazioni da “milanese al 100%”, inventato insieme allo scomparso Giorgio Porcaro.
  • Excelsior (Grand Hotel). L’82 è stato l’anno del grande lancio. Con il personaggio lunare del Mago di Segrate, è al fianco dei pesi massimi della comicità del nuovo decennio: Celentano, Montesano, Verdone.
  • Fantozzi contro tutti. “Catch the monster picture”. Oltre la barriera del trash con il suo cameo nella saga fantozziana. Non c’è altro da aggiungere.
  • Gabriele Salvatores. Dopo la svolta drammatica con Avati, la controsvolta generazionale. Con Kamikazen (1987), Diego si pone alla testa del gruppo di attori che, guidati dal regista partenopeo-milanese, daranno corpo e anima alla generazione dei contestatori “troppo piccoli per il ’68”.
  • Ho fatto 13. L’interista Franco vive già da miliardario ma è solo uno scherzaccio degli amici. Uno e trino: ci sono anche il milanista Donato e lo juventino “Tirzan”. Eccezzziunale veramente (1982) di Carlo Vanzina è il film della consacrazione. L’anziana signora che cade dalla bicicletta è l’aiuto-regista Marco Risi.
  • Italia. Nel 2007 viene catapultato nel futuro, a capo di una specie di armata Brancaleone che deve riunificare la penisola, ripiombata nella confusione pre-unitaria. Buona l’idea di partenza ma il difetto di 2061: un anno eccezionale, come spesso accade con i Vanzina più recenti, è nel manico. Regia piatta e poco ritmo.
  • Liberi armati pericolosi. Nessun “vero milanese” può esimersi dal tributo a Giorgio Scerbanenco. L’esordio sul grande schermo, nel 1976, è un piccolo ruolo in questo poliziottesco di Romolo Guerreri, tratto dai racconti del grande giallista ucraino-meneghino.
  • Milan. Diego è uno degli attori rossoneri per eccellenza. Come in molti altri tratti del personaggio, i ricordi del passato hanno un peso particolare. Emergono una certa “coscienza di classe” e un senso di rivincita nei confronti dei figli di papà interisti della Milano anni ’70.
  • Notte (Guerrieri della). I fichissimi (1981), sempre dei Vanzina, è un po’ parodia del capolavoro di Walter Hill, un po’ West Side Story, un po’ Il laureato. Il capo della banda di “terruncielli” cerca di impedire l’amore tra sua sorella e il nemico giurato Jerry Calà. Il grande successo lo farà promuovere sul campo protagonista unico di Eccezzziunale veramente.
  • Oscar. Quando, agli Academy Awards 1992, Sylvester Stallone annuncia che il miglior film straniero dell’anno “comes from Italy”, si conclude la lunga traversata nel deserto del nostro cinema. “Dedicato a tutti quelli che stanno scappando”, Mediterraneo di Salvatores, sotto una coltre di pessimismo, si concede il lusso di guardare con un barlume di speranza agli anni ’90 appena iniziati.
  • Periferia. “Quando ero piccolo, al Giambellino, spesso ci rubavano la macchina. La mattina la trovavamo spostata più avanti di due portoni, perché il ladro abitava là. Allora dovevamo togliere il freno a mano e riportarla indietro”. Forse, l’ultimo vero cantore della Milano di ringhiera.
  • Quiz. Il 20 dicembre 2009 conduce su Sky un quiz di beneficenza con concorrenti vip, che sbagliano anche le risposte più elementari. Fortunatamente, visto che chi non indovina deve tirare fuori i soldi. “Non voglio rubare il mestiere a nessuno – spiega – di Gerry Scotti ho solo la taglia”.
  • Regalo di Natale. Nel 1986, quando molti comici vanno in crisi, Diego si lascia convertire al dramma da Pupi Avati. Una partita a poker lunga una notte di Vigilia. All’alba qualcuno sarà rovinato. Avati ripeterà l’esperimento di rendere serio un comico poi con Boldi, Albanese, Greggio, Marcorè, De Sica.
  • San Giuseppe. Lo interpreta in Per amore, solo per amore di Giovanni Veronesi. Un falegname qualunque di duemila anni fa, con pregi, difetti, lavoro, liti familiari, deve capire tutto da solo di essere stato scelto per qualcosa di molto importante. Archetipo di uno dei caratteri preferiti dell’attore, quello dell’uomo medio chiamato a misurarsi con prove più grandi di lui.
  • Televisione. Nel 1978 trasloca in Rai con l’intero gruppo del Derby in Saltimbanchi si muore, adattamento dell’omonimo testo teatrale di Enzo Jannacci. Un quarto di secolo dopo, nel 2003, tiene a battesimo il programma tv Colorado su Italia1. Sul piccolo schermo indulge molto al poliziesco, con le serie Il commissario Corso e Il giudice Mastrangelo.
  • Ugo Conti. Amico d’infanzia e sua spalla inseparabile. Piaccia o no, la scena del pranzo di Vacanze di Natale ’90 è commovente.
  • Viaggio. Turné, Marrakech Express, Puerto Escondido, Nel continente nero e molti altri. Uno dei suoi temi favoriti è sicuramente il viaggio, quasi sempre inteso come fuga dall’omologazione.
  • Zazzera. Il suo tratto estetico più distintivo, anche se il Mago di Segrate sostiene, nel suo idioma inconfondibile, di “essere pettinato alla Mascagna”.

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