Enrico Ruggeri, intervista e concerto

Enrico Ruggeri, intervista e concerto

All’Auditorium Parco della Musica di Roma è andato in scena lunedì sera Enrico Ruggeri con uno spettacolo davvero originale e coinvolgente.

Poche ore prima della performance lo abbiamo incontrato. Ecco cosa ci ha detto…

Lunedì sera ha fatto tappa alla Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma Enrico Ruggeri con la sua nuova tournée teatrale, che prende il nome dal doppio album uscito il 14 aprile scorso “Pezzi Di Vita”, contenente dieci inediti e quattordici nuovi arrangiamenti di grandi successi del passato.

Accompagnato dalla storica band (Luigi Schiavone alla chitarra, Fabrizio Palermo al basso e alle tastiere, Francesco Luppi al pianoforte e Marco Orsi alla batteria), il suo non è stato un semplice concerto, ma un vero e proprio viaggio tra passato, presente e futuro in cui ha deciso di coinvolgerci per renderci il più possibile partecipi della sua storia, delle sue idee, dei suoi cambiamenti e di tutti i suoi pezzi di vita.

Sul palco, al suo fianco, tre ospiti davvero speciali. Stefano Di Battista, il più grande sassofonista italiano ha accompagnato Enrico Ruggeri su “Confusi in un Playback” ed è poi tornato a fine serata per incantarci con un intro speciale su “Il Mare d’Inverno” , accompagnato dal pianoforte del giovane Francesco Luppi.

Francesco Pannofino, secondo ospite della serata, ha dimostrato nuovamente quanto sia poliedrico: attore, doppiatore e anche cantante, ha interpretato con Enrico Ruggeri “Hai Ragione”, un brano che tocca temi sociali molto importanti in modo ironico e geniale, presentandoci in anteprima “Ciak” una canzone che farà parte del suo disco di prossima uscita. Infine ha recitato per noi, come se fosse una poesia, il testo della canzone “L’Attore”, catturando completamente la nostra attenzione con la sua voce davvero unica.

E infine la signora della musica italiana, un’amica per cui Enrico Ruggeri ha scritto tanti brani che le hanno regalato il successo, il sincero affetto tra i due si percepisce anche stando seduti in platea. Stiamo parlando di Fiorella Mannoia che tra “I Dubbi dell’Amore”, “La giostra della memoria” e “Quello che le donne non dicono”, ci ha rapiti, ammaliati e commossi.

Enrico Ruggeri si è dedicato completamente al suo pubblico senza risparmiarsi, ha cantato per più di due ore i suoi grandi successi da “Sono io quello per strada” a “Centri Commerciali” passando per “Fantasmi di città”, “Quante vite avrei voluto”, “A un passo dalle nuvole”, “Il futuro è un’ipotesi”, “Polvere”, “L’Onda”, “Tre Signori”, “Peter Pan” e la mitica “Contessa”.

Una serata davvero speciale quella di ieri, passata tra canzoni, chiacchiere e racconti di vita con un artista che al tempo stesso è un animale da palcoscenico e un signore gentile che scende dal palco per stringere le mani e abbracciare la gente.

Pochi minuti prima dello show, noi lo abbiamo incontrato e intervistato.

Il tuo nuovo album “Pezzi di Vita” stilisticamente ha di tutto e di più ma soprattutto ha delle sonorità particolarissime che di commerciale hanno molto poco. È una stata una scelta ragionata o è una nuova sfida alla Enrico Ruggeri?

Questo album è tutte e due le cose, è una sfida perché in questo momento se accendi la radio senti lo stesso suono per decine di canzoni, io ho il sospetto che sia proprio volutamente un suono po’ sciatto, un po’ omologato affinché quando arrivano le pause pubblicitarie siano più belle delle canzoni. Non mi sembra ci sia un’altra spiegazione e che quindi le radio preferiscano canzoni il più possibile di sottofondo di modo che risalti la pubblicità. Ovviamente la musica non è solo quello, ce ne sono tanti come me, non sono l’unico che cerca di resistere in qualche modo e quindi la sfida è proprio questa.

La sfida quindi è anche vincere senza l’aiuto dei passaggi radiofonici?

Si vincere senza quello e soprattutto proporre un suono che abbia una sua identità e il mio è uno suono che ha un’identità. Le canzoni sono venute così, come sempre, come vengono le canzoni. Ci sono due album, ci sono una serie di canzoni dei primi cinque anni che sono cresciute strada facendo, piano piano sono cambiate senza che ce ne accorgessimo, come quando guardi una foto di dieci anni fa e poi pensi ma com’è che sono invecchiato, quando è successo? Perché è successo piano piano. E poi ci sono queste canzoni nuove che sono un occhio al mondo, un occhio ai ragazzi, un occhio alla loro rabbia, al senso dell’ingiustizia che si respira e anche una spinta a reagire perché la rabbia può essere un grande motore ma può essere anche un freno se accompagnata dal vittimismo, bisogna darsi da fare oggi.

Come mai la decisione di riarrangiare i tuoi grandi successi del passato?

Perché non l’ho mai fatto. Io in trentuno album ho fatto due album dal vivo uno con l’orchestra e uno con il gruppo jazz, non sono uno che fa due album e poi ripropone le cose vecchie quindi mi sembrava il momento di farlo, ci sono canzoni che hanno trent’anni e in qualche modo poteva essere interessante riproporle, tanto le ripropongono le vecchie case discografiche nelle vecchie versioni ogni volta che esce un tuo disco escono anche le cose vecchie, e allora tanto vale farlo da solo.

Come ci si sente ad essere arrivati al trentunesimo album?

Da un lato orgogliosi perché se penso a quando ero ragazzo e dicevo chissà se riuscirò a fare quattro o cinque dischi nella vitae invece sono arrivato a trentuno. Dall’altro vuol dire che gli anni avanzano.

Tu sei sempre stato un grandissimo comunicatore, uno che ha sempre raccontato della vita, di quanto possa essere bella, sorprendente a volte dolorosa; arrivato a questo punto della carriera e della tua vita senti di avere ancora qualcosa di te da dire o preferisci raccontare quello che ti succede intorno?

Tutte e due le cose. In realtà la cosa bella è che l’amore che racconti quando hai venticinque anni non è lo stesso di quando nei quaranta e non è lo stesso di quando ne hai cinquanta. Scrivere una bella canzone è quello, vedere le cose ogni volta da una nuova angolazione che stupisce chi ascolta, in qualche modo cambiano sempre gli scenari.

 

 

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