29 maggio 1985: Strage dell’Heysel

29 maggio 1985: Strage dell'Heysel

Stadio Heysel di Bruxelles,  una vittoria senza gioia: quando l’oggettività dello show must go on va in conflitto con la soggettività  dell’etica morale.

Era il 29 maggio 1985, Juventus e Liverpool si affrontavano per la finale di quella che una volta era la Coppa dei Campioni, oggi Champions League, allo Stadio Heysel

Una finale come tante altre, l’attesa, le formazioni, gli indisponibili, gli sfottò, l’analisi del cammino percorso dalle due squadre: la Juventus di Scirea, Platini, Cabrini, Tardelli contro il Liverpool di Rush, che poi vestirà la maglia bianconera, dell’irlandese Whelan e dello scozzese Wark che, insieme a Platini lottava per il titolo di capocannoniere della manifestazione (Platini concluse a quota 7 gol, vincendo la classifica).

L’unico neo era rappresentato dagli “hooligans”, una frangia estremista del tifo inglese che ben poco aveva a che fare con lo spirito goliardico di chi sostiene  la propria squadra, e per l’occasione dagli headhunter (letteralmente cacciatori di teste), i tifosi del Chelsea, anche loro con idee sportive opinabili.

Il servizio d’ordine dell’Heysel venne gestito come da prassi, ovvero separando le due tifoserie: tifosi inglesi da una parte, tifosi italiani dall’altra, tra di loro ovviamente anche tantissima gente amante del calcio che non faceva parte dei gruppi organizzati. All’interno dello stadio invece le forze dell’ordine belghe, si sarebbero dovute occupare di evitare che le due tifoserie, in un modo o nell’altro, entrassero in contatto.

Fischio d’inizio fissato alle ore 20;15, ma lo stadio Heysel era già colmo dal pomeriggio con gli hooligans già attivi con le loro provocazioni e quel “take and end”, ovvero conquistare la curva dei tifosi avversari,  che tanto  preoccupava il servizio d’ordine.

Alle ore 19 l’Heysel era diviso: da un lato chi voleva vedere una finale di Coppa dei Campioni, dall’altro gli hooligans con le loro manie di protagonismo. Gli inglesi si spingevano con forza verso il settore Z cercando di attirare l’attenzione dei tifosi juventini, piazzati però nei settori M, N ed O. Accadde che gli spettatori impauriti collocati nel settore obiettivo dei tifosi inglesi, arretrarono finendo con l’ammassarsi sul muro opposto al settore occupato dagli hooligans. Ironia della sorte, molti tifosi cercarono di mettersi in salvo, allontanandosi dal settore Z ma vennero addirittura manganellati dalla polizia belga, sicuramente impreparata e ormai allo sbando.

Quel muro che sosteneva la paura di tante persone, non resse e crollò. Chi venne schiacciato, chi calpestato dalla folla in cerca di vie di fuga. Ben presto tutti si dimenticarono di una finale che da lì a qualche minuto si sarebbe giocata. 39 morti, dei quali 32 italiani, e circa 600 feriti fu il bilancio di quell’incidente causato dalla follia dell’essere umano e da quelle che oggi, grazie alle leggi attuali, possiamo definire carenti condizioni di sicurezza dello stadio Heysel e pessima gestione dell’emergenza.

Alle 20;15 non ci fu il tanto atteso fischio d’inizio. La finale sembrava ormai impossibile da giocare e per circa un’ora e mezza si parlò di rinvio. Fu a questo punto che ci si interrogò su cosa poteva accadere qualora la partita non si fosse giocata, il rischio di avere  tifosi in giro per la città in cerca di vendetta era altissimo.

Alle 21;40, si decise di giocare in un clima tutt’altro che festoso, addirittura con i giocatori che nemmeno sapevano cosa fosse realmente accaduto, così dichiararono il giorno dopo. Anche se appare difficile credere che negli spogliatoi la notizia non si fosse divulgata.

Era giusto giocare per evitare ulteriori incidenti? Era giusto vivere il lutto e rispettare chi aveva perso la vita prima di una partita di calcio? Il dibattito è ancora vivo, probabilmente perché entrambe le teorie sono valide. Da una parte l’oggettività dello show must go on, portata avanti da chi si occupò (col senno di poi piuttosto male) di ordine pubblico, dall’altra la soggettività dell’etica morale sostenuta da chi, giustamente, non aveva più voglia di vedere una partita di pallone.

Per la cronaca all’Heysel, vinse la Juventus 1-0 in un clima comprensibilmente surreale. Gol di Platini su rigore. Ma non interessò a nessuno. Statisticamente irrilevanti i pochi caroselli per le vie di Torino, tant’è che il Sindaco del tempo prese le distanze da chi, privo del più piccolo concetto di etica morale, pensava a festeggiare.

La tragedia dell’Heysel  ad oggi viene ricordata più per l’introduzione della legge che vieta l’ingresso negli stadi ai tifosi violenti. Conseguenza di ciò  fu l’esclusione dalle coppe europee di tutte le squadre inglesi per 5 anni, dalla stagione 1985/86 fino al 1991.

A distanza di anni, precisamente nella stagione 2004/05, il Liverpool affrontò nuovamente la Juventus, stavolta nella più moderna Champions League. I tifosi del Liverpool dedicarono l’intera curva al ricordo di quel triste evento formando la scritta “Amicizia”. Ma alcuni tifosi, poco importa quale sia la nazionalità d’appartenenza, ancora oggi non comprendono un concetto che tanti altri invece conoscono bene: lo sport serve a condividere con i propri simili  le proprie passioni, poco importa per chi fai il tifo.

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