4 luglio 2003: muore Barry White

Scompare a 58 anni la voce più calda e vibrante della cultura pop degli anni 70. La sua inconfondibile fisicità, causa anche del malessere che lo ha portato via, e l’inconfondibile timbro della sua voce lo hanno incoronato il re della discomusic dell’epoca, capace ancora di far ballare e sospirare gli innamorati di oggi.

Barry Eugene Carter, nato a Galveston, Texas nel 1944, maggiore di due fratelli, debuttò per la prima volta a 11 anni suonando il pianoforte nel fortunato singolo di Jesse Belvin Goodnight My Love. A 14 anni la sua voce inconfondibile si manifestò per la prima volta: “Cambiò quando avevo 14 anni. Mi svegliai e parlai a mia madre e il mio torace cominciò a vibrare. Fu incredibile, era terrorizzata!”.

Convinto che la musica sarebbe stata la sua vita, Barry lasciò la scuola all’età di 15 anni, ma insieme al fratello venne coinvolto nelle attività criminali delle gang. presto si mise nei guai con la legge e dovette scontare sette mesi in un carcere minorile, l’esperienza disumanizzante lo colpì al punto da affermare “Mentre ero in prigione, dovetti fare i conti con i miei errori e decisi che mai più in vita mia avrei consegnato la mia libertà nelle mani di qualcun altro.”

Dopo il suo rilascio dalla prigione, abbandonò la vita della gang e iniziò la propria carriera musicale agli inizi degli anni ‘60 come membro di diversi gruppi. Incantato dalla magia dello studio di registrazione, Barry apprese il mestiere di engineer, produttore e musicista a tutto tondo, divenendo presto in grado di suonare quasi ogni strumento, con l’eccezione di archi e fiati. Il suo primo successo arrivò nel ’63 grazie al suo coinvolgimento con Bob&Earl nella canzone Harlem Shuffle.

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Nel 1968, durante una sessione di registrazione per la Motown con Gene Page, Barry incontrò le cantanti Glodean James, sua sorella Linda, e la cugina Diane Taylor: le Love Unlimited, e propose loro di lavorare assieme. Dopo due anni di lavoro, nel 1971, avvenne l’incontro con Russ Regan, capo della UNI Records. L’album che venne prodotto, From A Girl’s Point of View We Give to You… Love Unlimited del 1972 fu un successo così grande da vendere oltre un milione di copie. Il gruppo crebbe in fama nella decade successiva e White sposò la prima voce, Glodean.

A questo punto la casa discografica gli propone di cantare lui stesso e non limitarsi a produrre canzoni per altri, e fu così che nel 1974, il singolo strumentale Love’s Theme come The Love Unlimited Orchestra dell’album Rhapsody in White scritto insieme ad Aaron Schroeder, arriva primo nella Billboard Hot 100, settimo nei Paesi Bassi e decimo nel Regno Unito e vince il disco d’oro.

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Tra i suoi successi si ricordano: I’m Gonna Love You Just a Little More Baby (1973), Never, Never Gonna Give You Up (1973), Can’t Get Enough of Your Love, Babe (1974) che arriva prima nella Billboard Hot 100, You’re the First, the Last, My Everything (1974), What Am I Gonna Do With You (1975), Let the Music Play (1976), You see the trouble with me (1976) Your Sweetness is My Weakness (1978), Just the Way You are (1978), Change (1982), Sho’ You Right (1987) e Practice What You Preach (1994).

La sua fama cresce enormemente tanto che il concerto live del 1998 al Central Park di New York con Luciano Pavarotti, è stato il secondo evento musicale visto da più di un miliardo di persone in mondovisione.

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A causa della sua notevole mole, che a seconda delle diete che seguiva oscillava sempre tra i 120 ed i 150 chili, soffre cronicamente di ipertensione per diverso tempo e subisce un blocco renale nell’autunno del 2002. Nel 2003 ha un infarto che lo costringe a ritirarsi dalle scene e muore all’età di 58 anni il 4 luglio per un altro blocco renale presso il Cedars-Sinai Medical Center di West Hollywood. Il suo peso corporeo, concausa della sua scomparsa, negli ultimi mesi di vita era salito a ben 160.

Fu cremato e le sue ceneri disperse.

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