Come nome d’arte ha pensato a Lino Zaga ma viene sconsigliato da Totò in persona: a teatro si abbreviano solo i nomi, mai i cognomi: porta male. Seguendo il sommo consiglio, per entrare nella compagnia di Arturo Vetrani nel 1954, Pasquale Zagaria sceglie di diventare Lino Banfi.
Nato ad Andria l’11 luglio 1936 (il 9 secondo alcune fonti), ex-studente di medicina, figlio di un fioraio che lo ha mandato in seminario per farlo studiare (e mangiare), inizia così la sua carriera uno degli attori italiani più amati dell’ultimo mezzo secolo.
Arrivato a Milano negli anni ’50 per lavorare nel varietà, Banfi dorme alla stazione e versa in gravi ristrettezze. Esperienze di vita che lo rendono, insieme al duo Franchi-Ingrassia, l’erede naturale di quella comicità popolare e dialettale dalle illustri origini, nata dalla strada e, soprattutto, dalla fame. Negli anni ’60 diventa spalla di fiducia dei due comici siciliani. Guardacaso, il trio spopola tra gli emigranti italo-americani, in numerosi spettacoli oltreoceano.
All’inizio degli anni ’70 arriva il vero successo, negli importanti locali romani come il Puff, in tv, grazie all’infallibile fiuto di Renzo Arbore, e sul grande schermo. ancora con Franco e Ciccio. Diventa uno dei mattatori del redditizio filone della “commedia sexy”. Pur incastrato negli schemi ripetitivi del cinema di cassetta, riesce comunque a dare sfogo alla sua comicità dirompente che gli conferisce immediatamente un’”autorevolezza” artistica molto superiore ai film in cui compare.
Se produttori e registi fossero più avvezzi a rischiare, probabilmente Lino Banfi svilupperebbe anche una prolifica carriera drammatica. Nel 1971 Nanni Loy gli regala un grande ruolo, quello del laido e spregevole direttore del penitenziario in cui viene rinchiuso l’innocente Alberto Sordi in Detenuto in attesa di giudizio.
Nel ‘73 Lino esordisce da protagonista con Il brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia. Nello stesso anno duetta alla pari con uno dei pesi massimi della comicità anni ’70, Alighiero Noschese, ne L’altra faccia del Padrino, nel ruolo del “chepo-regime” Rocky Canosa. Nel ’75 un’altra parodia: con L’Esorciccio, sembra decisamente relegare al ruolo di spalla il suo mentore (e regista) Ciccio Ingrassia. Così come farà nel 1981 con Paolo Villaggio in Fracchia la belva umana. È un fatto che tutte le scene-cult del film non siano del protagonista ma del suo commissario Auricchio.
Il personaggio simbolo del pianeta-Banfi diventa L’allenatore nel pallone Oronzo Canà, l’eroe dello sport pulito che, due decenni dopo, sarà considerato un profeta di Calciopoli. Il periodo d’oro della carriera di Lino Banfi sono gli anni ’80, con Vieni avanti cretino, I pompieri, Scuola di ladri, Grandi magazzini, Il commissario Lo Gatto e molti altri titoli che sbancano i botteghini. Nel 1989 un altro grande successo televisivo, con la serie Il vigile urbano.
Negli anni ’90 arrivano una seconda giovinezza e una prova di grande maturità artistica. Dopo una lunga parentesi teatrale, torna alla tv con un ruolo drammatico in Nuda proprietà vendesi. Nel 1998 arriva un altro dei personaggi simbolo della sua carriera: per otto stagioni sarà Nonno Libero nella serie Rai Un medico in famiglia. Negli anni 2000 arrivano altre interpretazioni serie con Vola Sciusciù, Un difetto di famiglia, accanto a Nino Manfredi, e mote altre.
Dopo circa un decennio di tv e di attività sociali (come ambasciatore dell’Unicef), nel 2008 torna al grande schermo con il malriuscito L’allenatore nel pallone 2 e altri film, tra cui Un’estate al mare e Buona giornata di Carlo Vanzina.