Michael Cimino: il regista dissidente

Il Festival di Locarno ha riacceso i riflettori sul leggendario autore de Il cacciatore. Scontroso, irriducibile, contrario a ogni compromesso creativo, da promessa di Hollywood si trasforma nel nemico n.1 dei produttori. Il disastro commerciale de I cancelli del cielo porterà alla sottomissione definitiva dei registi alle grandi majors e segnerà di fatto il declino della sua carriera. Fenomenologia di un talento indomabile.

La Chinatown de L’anno del dragone, la Palermo de Il siciliano, la casa degli ostaggi di Ore disperate, il Vietnam (e il ritorno a casa) de Il cacciatore, la prateria de I cancelli del cielo. Nel cinema di Michael Cimino, i personaggi sono sempre bloccati in un microcosmo oppresso da una legge-caos in cui lottare per la sopravvivenza e imporre il rispetto per se stessi e il proprio codice morale.

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Con il Pardo d’onore al Festival di Locarno ricevuto il 9 agosto, il mondo del cinema torna a interrogarsi sulla figura del grande regista italo-americano. Nella guerra dei suoi protagonisti, anche negativi, contro l’omologazione e l’asservimento, si legge facilmente in controluce la lotta del regista più irregolare di Hollywood verso un progressivo, e infine vittorioso, isolamento. Tra gli autori più importanti degli anni ’70, sceneggiatore, produttore, pittore, romanziere, proiettato nell’olimpo del cinema alla sua seconda regia con la pioggia di Oscar de Il cacciatore, Michael Cimino riuscirà a dirigere solo 7 film tra il 1974 e il 1996, per poi dedicarsi a tempo pieno all’arte, alla scrittura, alla musica.

Dal suo mentore Clint Eastwood ha imparato a difendere il proprio pensiero senza curarsi delle mode. Si pone alla testa del movimento dei registi che rivendicano l’autorialità dei propri film e pretendono l’ultima parola sulle versioni definitive. Ma la sua totale indisponibilità a ogni compromesso lo trasformerà nel regista più detestato dai produttori, decretandone la messa al bando.

Nasce a New York il 3 febbraio 1939 da una famiglia originaria del Lazio e acquisisce una formazione diversa dai registi suoi coetanei, che hanno studiato tutti cinematografia tra la NY University e la UCLA di Los Angeles. Cimino si laurea in discipline artistiche a Yale. Arriva alla regia tardi, dopo i 30 anni. Ironia della sorte, la futura bestia nera dei produttori si fa le ossa girando spot pubblicitari per alcune grandi industrie.

Arriva ad Hollywood nel 1971 ed è tra gli sceneggiatori di 2002: la seconda odissea, sequel apocrifo di 2001: Odissea nello spazio. Viene notato da Eastwood che lo prende nella sua società di produzione, la Malpaso. Nel 1973, insieme ad un altro giovane di belle speranze, John Milius, scrive Una 44 Magnum per l’Ispettore Callaghan, secondo episodio della saga del celebre sbirro di San Francisco, peraltro maledettamente somigliante a La polizia ringrazia, noir italiano diretto da Steno l’anno precedente.

Nel 1974, Michael Cimino esordisce alla regia sotto il segno di Clint, con Tunderbolt & Lightfoot, storia dell’amicizia-rivalità tra un esperto scassinatore reduce della Corea (Eastwood) e un giovane ladruncolo scapestrato (Jeff Bridges). Il titolo italiano privilegia l’aspetto poliziesco del film. Il buon successo internazionale di Una calibro 20 per lo Specialista mette il 35enne autore in corsa per progetti più ambiziosi.

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Dopo un paio di copioni sfumati, nel 1976 inizia a girare Il cacciatore praticamente senza sceneggiatura. Ha carta bianca sul cast: Robert De Niro, Meryl Streep, Christopher Walken. Ci tiene soprattutto ad avere John Cazale, attore-simbolo del decennio, da Il Padrino, a La conversazione, a Quel pomeriggio di un giorno da cani. Solo Cimino è al corrente della grave malattia che gli impedirà di vedere il film finito. Le sue scene vengono girate per prime. De Niro si prepara al ruolo, studiando da vicino, come suo solito, in semi-incognito, gli operai della acciaierie di Cleveland. Il Vietnam è sostituito dalla Birmania, Saigon da Bangkok. Le celebri scene di caccia sono alle Cascate del Niagara. Nessuno può immaginare un successo di pubblico e critica tanto fragoroso. Costato 15 milioni, Il cacciatore ne incassa oltre 50 solo negli USA. La scena della roulette russa entra nell’immaginario collettivo e diventa un caso politico e sociologico. Molti reduci del Vietnam, interpellati appositamente, negano di aver mai subito pratiche del genere. Il film ottiene 11 nomination agli Oscar e ne vince cinque, tra cui miglior film e miglior regia.

Partito in ritardo rispetto agli altri colleghi, Michael Cimino è ora il regista che più può pretendere e ottenere totale autonomia creativa e finanziaria dai produttori. Non sarà però in grado di gestirla, preso da quella che sembra un’autentica sindrome di onnipotenza.

Il soggetto de I cancelli del cielo è già molto azzardato: raccontare un vero episodio di tentata pulizia etnica avvenuto nel cuore dell’epopea della Grande Frontiera, quando, nell’aprile 1892, i ricchi allevatori anglosassoni del Wyoming ordinarono lo sterminio di circa 1.200 coloni originari dell’Est europeo, con la copertura dei politici locali. Lo scontro, definito “La Guerra della Contea di Johnson”, culminò in una battaglia campale tra i mercenari incaricati del massacro e i coloni difesi dallo sceriffo James Averill. Il rischio che il pubblico possa non gradire è piuttosto alto.

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Cimino abusa della sua libertà sul budget. Prima insegue un cast da libro dei sogni (John Wayne, James Stewart, Burt Lancaster, Rod Steiger, Jane Fonda, Gene Hackman e potremmo continuare a lungo). Scene ripetute decine di volte, scenografie abbattute e ricostruite, comparse arruolate a centinaia, il preventivo passa da 2 milioni a 11,6. Costo finale: 44 milioni di dollari. Il film esce nel giugno 1980, interpretato da Kris Kristofferson, Isabelle Huppert e Christopher Walken. Viene stroncato da pubblico e critica, traducendosi in un disastro completo. Negli USA non arriva a 3,5 milioni di incasso.

La United Artists, ironia della sorte, quell’anno è già provata da un altro imprevedibile fiasco, quello di Stardust Memories, primo tonfo al botteghino di Woody Allen. Non regge il secondo colpo. Dopo 61 anni di onorato servizio, la UA viene mandata in bancarotta e rilevata dalla Transamerica.

I produttori si prendono la loro rivincita sui registi, Cimino in primis. Le compagnie assumono un controllo ferreo sulle versioni finali dei film. Ogni regista che sforerà il budget di un centesimo, dovrà pagarlo di tasca sua. Il “movimento degli autori” è estinto, la New Hollywood anche.

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Cimino riesce a tornare sul set, ovviamente da sorvegliato speciale, solo nel 1984 per l’Anno del dragone. Un’aura western aleggerà sui suoi ultimi 4 film. Mickey Rourke è un poliziotto-sceriffo, segnato dal trauma del Vietnam, che cerca di far valere la legge in una Chinatown dominata dalla mafia cinese. Ancora la mancata integrazione che si affaccia tra le pieghe (e le piaghe) del Mito americano.

Il Siciliano (1987) idealizza la figura del bandito Salvatore Giuliano, visto come un tribuno del popolo che, nel dopoguerra, cerca di far annettere la Sicilia agli USA per sottrarla al potere dei latifondisti. La presenza di Christopher Lambert, protagonista di sicura presa commerciale negli anni ’80, non salva un nuovo insuccesso al botteghino.

È l’ennesimo western in abiti moderni Ore disperate (1990), remake di un film di William Wyler del 1955, con l’evaso Mickey Rourke con la sua banda, che prende in ostaggio la disastrata famiglia del reduce del Vietnam (ancora) Anthony Hopkins. Non c’è più legge, non c’è più ordine, non c’è più solidarietà. I banditi diffidano uno dell’altro; i familiari si odiano tra loro; i poliziotti sono in eterno disaccordo su come agire.

Michael Cimino si congeda dal cinema nel 1996 con Verso il sole. Un autentico film-epitaffio, la corsa contro il tempo di Jon Seda, giovane pregiudicato di etnia navajo che, gravemente malato, inizia un frenetico viaggio verso le montagne sacre del suo popolo, confidando nelle virtù salvifiche di un lago sacro, prendendo in ostaggio Woody Harrelson, il medico “viso pallido” che gli ha tolto ogni speranza. L’ultima geniale perentoria, anarcoide, estrema riflessione sulle radici violente del Sogno americano.

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