4 settembre 2006: muore Giacinto Facchetti.

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Terzino, dirigente da accompagnatore della nazionale di calcio e da rappresentante dell’Inter all’estero, presidente. Facchetti è uno di quelle figure calcistiche che il calcio l’ha vissuto da qualsiasi punto di vista.

Indubbiamente però, il ricordo che hanno tanti over 50,  è quello legato alla carriera calcistica: 476 presenze e 29 gol solo con i colori dell’Inter per un totale di 18 anni con i colori nerazzurri addosso. Tipica “bandiera” di un tempo che oggi è difficile da trovare salvo qualche eccezione. Lo sapeva persino l’ex PdR Napolitano che gli dedicò un pensiero il giorno della morte: “esempio di lealtà e agonismo”, disse tra le altre cose.

I più giovani ne hanno conosciuto il valore sentendo parlare di lui dopo che smise col calcio giocato, cosa che accade solo a chi diventa anche un modello da seguire.

Insomma, era uno di quei giocatori italiani che vengono apprezzati a livello mondiale, con riconoscimenti persino in Nicaragua dove gli vennero dedicati addirittura dei francobolli.

Con l’Inter vinse tutto il possibile: 4 scudetti e due Champions League (a quel tempo, erano gli anni ’60, Coppa dei Campioni) nonchè due Coppe Intercontinentali. Con la Nazionale italiana invece riuscì a vincere quello che ad oggi resta l’unico europeo conquistato, era il 1968.

Ed è proprio in Nazionale dove, insieme a Burgnich, per ben 11 anni ha composto la coppia difensiva più longeva di sempre, entrando nel cuore di tutti gli sportivi italiani.

L’ultimo riconoscimento gli fu dato dalla FIFA nel 2006: il Presidential Award per l’alto contributo dato al mondo del calcio. Come Pelè, Beckenbauer e Ferguson per citarne alcuni e far comprendere quanto Facchetti abbia emozionato chiunque l’abbia visto giocare. Una “Roccia” in campo, soprannome che gli restò insieme a “Cipe”, nomignolo affettuoso col quale veniva chiamato dai compagni per via di una gaffe del mago Herrera che lo chiamò Cipelletti.

Che venga chiamato Giacinto, Cipe, Roccia o semplicemente Facchetti poco importa, l’importante è tenerne vivo il ricordo, ci farà l’occhiolino da lassù come tanti altri campioni che ci hanno lasciato dopo una vita passata a regalarci emozioni.

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