“Sabbia”: un viaggio tra il dolore e l’attesa

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Domenica 8 Novembre si è tenuto presso la sala Solferino della sede della Croce Rossa Italiana, lo spettacolo teatrale “Sabbia”, che vede protagonisti i richiedenti asilo del C.A.R.A di Castelnuovo di Porto.

Sabbia è un movimento plurale di cerchi, un bordo utile all’apparizione dei contrasti. Un girotondo di esercizi poetici, spirituali, oppure il making of di un paesaggio che muta come un pugno di sabbia ad ogni passaggio di vento”. Queste le parole del regista dello spettacolo teatrale Sabbia Riccardo Vannuccini, il quale tra i suoi numerosi progetti conduce il TEATRO DEL RAMMENDO a Corviale e TEATRO IN FUGA in Libano, Giordania e Iran.

Sabbia, vincitore del premio “Maratea” per il teatro 2015 e già in scena al Teatro Argentina di Roma lo scorso giugno, è la conclusione di un laboratorio teatrale durato dieci mesi, che vede la collaborazione attiva tra Artestudio, Cane Pezzato e la Cooperativa Auxilium, ente gestore del C.A.R.A di Castelnuovo di Porto, insieme all’ adesione di un gruppo di  migranti richiedenti asilo.

La serata, tesa a sensibilizzare i partecipanti oltre che sulla spinosa questione dell’immigrazione,  anche sulle tematiche di salute e sviluppo del continente africano si è aperta con la presentazione delle diverse attività svolte da Amref Health Africa. Le emozioni suscitate dallo spettacolo sono state fatte vivere al pubblico già nell’introduzione della serata, attraverso la sconvolgente testimonianza dell’ostetrica ugandese Esther Madudu. Una donna che attraverso parole semplici ha fatto luce sulle serie problematiche che coinvolgono i centri sanitari africani e in particolare sulle donne bisognose di assistenza mirata durante il periodo della  gravidanza e del parto, (che al giorno d’oggi rimane la prima causa di morte nella fascia di età compresa tra i 15 e i 19 anni.)

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Nella sala Solferino, all’interno di un “figurativo” cerchio formato dagli stessi spettatori e finalizzato alla completa immedesimazione nel viaggio compiuto dai protagonisti, prende vita lo spettacolo teatrale “Sabbia”, fatto di metafore che si snodano attraverso gli scelti e significativi oggetti di scena, come i fogli e le sedie bianche, o ancora paia di scarpe, granelli di sabbia e posate gettate a terra, che rimandano a un modo di fare teatro puramente simbolista.

Sabbia, affrontando un dibattito estremamente attuale, è la composizione di gesti, di grida volte a spiegare quella frattura che, spesso generata e alimentata da stereotipi e preconcetti culturali, porta all’inevitabile incomunicabilità tra chi cerca rifugio e chi può accogliere, simboleggiata dalla primaria barriera linguistica che separa invece di unire. La presenza di brevi ma frequenti silenzi, paradossalmente riempie il vuoto di chi non conosce storie così profonde e allo stesso tempo così piene di dolore; silenzi che una volta per tutte vogliono sradicare l’immagine clichè del migrante, che vogliono raccontare le sofferenze indistricabilmente legate al distacco da una ostile terra d’origine e dai propri cari, acuite dal supplizio connesso alle infinite problematiche del viaggio, ma soprattutto la speranza nella possibilità di un futuro migliore.

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