Referendum trivelle: il 17 aprile si vota

Referendum trivelle: il 17 aprile si vota

Il 17 aprile gli italiani voteranno il referendum sull’abrogazione o no della norma che permette agli impianti già esistenti, entro 12 miglia dalla costa, pari a circa 22 chilometri, l’estrazione di petrolio e gas. Come orientarsi?

Gli italiani tornano alle urne. A livello nazionale il nostro paese è chiamato a dare il voto il 17 aprile per il referendum sulle trivelle. Un argomento di cui molti giornali si stanno occupando ma di cui gli italiani sanno molto poco, come mostra la ricerca di Swg per la quale sono stati intervistati circa duemila cittadini sopra i 18 anni. I risultati fanno riflettere: a meno di un mese dalla votazione, solo il 40% degli intervistati sa che si vota per il referendum sulle trivelle ma ciò che emerge è la mancanza di informazioni, infatti solo il 22% ha una conoscenza solida, mentre il 38% non sa cosa prevede il quesito referendario. Per questo ci sembra utile fornire dati e informazioni per poter mettere in grado chiunque di avere una visione più definita della questione e decidere quale scelta fare.

Informazioni e dati
Il 17 aprile gli italiani potranno scegliere se abrogare la norma che dà la concessione agli impianti già esistenti entro 12 miglia dalla costa, pari a quasi 22 chilometri, per l’estrazione di idrocarburi (petrolio e gas). I cittadini dovranno scegliere se abrogare o no la norma che permette di utilizzare i giacimenti fino al loro esaurimento.
In base all’articolo 75 della nostra Costituzione, il referendum è stato indetto attraverso l’iniziativa di nove Regioni: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.
Inizialmente, da diversi fronti, era stato richiesto l’accorpamento del referendum con le amministrative, in quello che è stato definito un “election day”, una operazione che avrebbe permesso un notevole risparmio e che per il fronte ambientalista avrebbe concesso un tempo maggiore agli italiani per informarsi il più possibile per votare con maggiore consapevolezza. L’election day, però, non c’è stato e già si è iniziato a malignare su un Governo che spende milioni di euro per evitare di raggiungere il quorum, ovvero il voto del 50% degli aventi diritto. Se non venisse raggiunta questa soglia infatti il referendum non sarebbe valido.

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Votare si, votare no
Il prossimo mese i cittadini potranno scegliere se abrogare o no la norma che era stata introdotta dall’ultima legge di Stabilità, la quale dà la possibilità a chi ha le concessioni, entro 22 chilometri dalle coste, di continuare a estrarre petrolio o gas, fino alla durata di vita utile del giacimento. Il referendum non riguarderà le nuove licenze per le attività marine perché la legge in vigore impedisce alle società petrolifere di richiedere nuove concessioni per estrarre entro le 12 miglia. Inoltre sono escluse dal referendum le trivellazioni su terraferma.

VOTARE SI. Cosa significa votare si? Scegliere SI sulla scheda vuol dire permettere alle società che estraggono idrocarburi nel mare, entro i 22 chilometri dalla costa, di proseguire solo fino alla scadenza della concessione (solitamente 5-10 anni ma che possono arrivare anche a 50 anni). Insomma, votare si non vuol dire perciò chiudere immediatamente gli impianti di trivellazione, ma impedire che una volta terminate le concessioni l’estrazione riparta.
Secondo gli ambientalisti le piattaforme coinvolte nel referendum soddisfano in minima parte le esigenze energetiche nazionali, il fabbisogno di petrolio è coperto per meno dell’ 1% e quello di gas per un 3%.
A far valere le ragioni del si, è anche la possibilità di incidenti sulle piattaforme. Secondo dati Ispra, diffusi da Greenpeace, sui fondali del Mar Mediterraneo sarebbero stati rilevati 38 milligrammi di catrame per metro quadrato. Inoltre la maggior parte delle piattaforme italiane ha sedimenti con un inquinamento oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie, circa due terzi, per almeno una sostanza pericolosa.
Fra le contestazioni nei confronti delle società estrattive c’è un sistema molto favorevole di agevolazioni e incentivi fiscali. Inoltre la presenza delle trivelle incide sul turismo determinando un calo dei posti di lavoro, a fronte di pochi impieghi per la gestione delle piattaforme, ormai per lo più comandate da remoto.

VOTARE NO E invece apporre il NO sulla scheda di votazione, cosa comporta?
Il fronte del no vuole mantenere una parte delle forniture energetiche derivanti dall’estrazione sia a terra che in mare. Nonostante ci sia un riconoscimento dell’importanza delle risorse rinnovabili queste ultime non sono ancora in grado di coprire il fabbisogno energetico italiano. Inoltre nel quesito verrà trattata l’estrazione di petrolio, ma anche quella di gas, considerata dal fronte del no una estrazione sicura, con un controllo costante. Inoltre il gas non è dannoso per l’ambiente e le piattaforme possono diventare aree di ripopolamento ittico. Sotto l’aspetto economico è considerevole inoltre il contributo versato alle casse dello Stato che si attesta intorno agli 800 milioni di tasse, 400 di royalties e concessioni.
Il lavoro infine è l’argomento cardine su cui, sopratutto a livello politico, è nato un forte scontro (il fronte del no punta infatti sul fatto che le attività legate all’estrazione di idrocarburi danno lavoro a migliaia di persone).

Il confronto è, e sarà, dunque duro visto che se da una parte si vuole arrivare a dare un segno chiaro verso un’economia basata sulle rinnovabili, con un continuo abbandono degli idrocarburi, dall’altra è evidente che la transizione verso l’energia pulita è ancora lunga e richiede tempo.

Il 17 aprile sarà comunque il giorno in cui poter scegliere e le urne saranno aperte dalle 7 alle 23. Se non verrà raggiunto il quorum, il referendum non avrà valore legale, ma in questo caso non è escluso un ricorso in sede europea.

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