Street art: opere d’arte o reato?

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Dai muri delle periferie a un’aula di Tribunale. Manu Invisible, lo street artist “senza volto”, sottoposto a giudizio della Cassazione per un’opera di street art.

Non c’è pace per la street art. C’è chi la adora e chi la osteggia. Tutti ne parlano, chi bene e chi male. Ai bambini piace, gli anziani cominciano ad apprezzarla perché le opere appartenenti al genere rendono belle le facciate dei loro palazzi, molta gente rimane affascinata e molti turisti fanno foto come farebbero per le opere d’arte.
Ma questa volta non sono i media televisivi o i giornali ad essersi interessati della materia “di strada”: per la prima volta in Italia, infatti, è stata direttamente la giurisprudenza a entrare nel merito. A trovarsi sotto giudizio Manu Invisible, street artist di cui non si conosce il volto perché coperto da una maschera, il quale dopo l’assoluzione in primo e secondo grado, si ritroverà davanti alla Cassazione.

Il reato? Imbrattamento per un graffito eseguito nella città più cosmopolita -e a dire di molti aperta- d’Italia, Milano, in un sottopasso ferroviario in zona Lambrate. Per la prima volta, quindi, la Suprema Corte dovrà decidere se il segno lasciato da quest’iniziativa di street art sia da considerare come imbrattamento oppure no.

Dello street artist si sa che ha origini sarde, che porta una maschera che si ispira alla notte completamente di colore nero. Ha iniziato con la Urban Art, all’inizio degli anni 90, con la decorazione di ambienti per poi passare al Muralismo e alla Pittura alternativa, lavorando presso lo spazio NAC, il Palazzo Regio di Cagliari e la sede centrale de L’Unione Sarda, ma ha lavorato anche ad Ascoli Piceno, Milano, Berlino e Bristol, allestendo diverse mostre personali  e collettive.

La sua arte e la sua passione lo spingono fino a Milano dove, nel contesto underground, ha eseguito il muro in questione dal titolo “scorcio notturno dei Navigli”, opera per cui è stato già assolto due anni fa dal Tribunale di Milano dall’accusa: in primo grado, Manu Invisibile era stato prosciolto dal giudice perché gli si riconoscevano le capacità artistiche. Stessa valutazione riproposta in appello, dove ha quindi ottenuto la seconda assoluzione grazie alla formula della “particolare tenuità del fatto”. Oggi, dopo il ricorso della Procura generale di Milano, il processo arriva in Cassazione. La particolarità della situazione è però anche un’altra. Non esiste neanche una foto che attesti la natura e la presenza dell’opera, visto che la foto-prova è andata dispersa. L’artista inoltre sul suo profilo Facebook posta un recente commento di Sgarbi, il quale afferma che è possibile dipingere su un muro o un cavalcavia visto che all’interno del museo la gente fa la fila per vedere l’opera “merda d’artista”.

Insomma. Siamo tutti in attesa di capire come si muoverà la giurisprudenza italiana, per sapere se questo sarà un precedente oppure un grande sbaglio in caso di condanna. La street art è arte a tutti gli effetti ed è assolutamente giusto che venga contestata e osteggiata se non rispetta delle regole e rasenti l’imbrattamento. Tuttavia non si può tralasciare il fatto che essa riesca a rendere migliori le nostre periferie, i parchi dove giocano i bambini, i sottopassaggi metropolitani, così come locali e luoghi pubblici. Speriamo che i giudici possano esprimersi favorevolmente e magari fare un bel giro per la città, vedendo tutti quei bellissimi esempi che ci circondano e rendono migliori i luoghi che viviamo.

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