Il 26 Aprile 1986 a Chernobyl si verifica il più grave incidente possibile in una centrale nucleare. Avvenuta all’1:23, l’esplosione procura un disastro senza precedenti.
Alle ore 1:23:44 del 26 aprile 1986 il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplode. Si tratta precisamente di una liberazione di vapore surriscaldato ad altissima pressione che spara in aria il pesante disco di copertura a chiusura del cilindro ermetico contenente il nocciolo del reattore. Questo è il primo disastro nucleare ad essere stato classificato come livello 7, il massimo livello della scala INES degli incidenti nucleari; il secondo caso ad essere classificato come livello 7 è quello della centrale nucleare di Fukushima in Giappone, avvenuto l’11 marzo 2011.
L’istituzione delle Nazioni Unite chiamata UNSCEAR (Comitato scientifico delle Nazioni Unite per lo studio degli effetti delle radiazioni ionizzanti) ha condotto 20 anni di dettagliata ricerca scientifica ed epidemiologica sugli effetti del disastro. A parte i 57 decessi direttamente ascrivibili all’incidente, l’UNSCEAR ha originariamente predetto fino a 4.000 casi di tumori da attribuire all’incidente.
Proprio questo organo istitutivo ha infatti affermato quanto segue: “Fino all’anno 2005, tra i residenti della Bielorussia, la Federazione Russa e l’Ucraina, ci sono stati più di 6000 casi di tumore alla tiroide in bambini ed adolescenti che sono stati esposti al momento dell’incidente, e più casi sono da aspettarsi nei prossimi decenni. Indipendentemente dall’incremento delle misure di prevenzione e screening, molti di questi casi di tumore sono molto probabilmente da attribuirsi all’esposizione alle radiazioni.”
Riguardo alle cause dell’incidente sono state pubblicate due tesi. La prima, contenuta nel rapporto pubblicato dalle autorità nell’agosto 1986, attribuisce la responsabilità interamente agli operatori dell’impianto. Un diverso giudizio viene espresso in un secondo studio pubblicato nel 1991, dove si evidenzia anche il ruolo delle gravi debolezze intrinseche di progettazione del reattore nucleare.
Le conclusioni delle inchieste su Chernobyl appaiono contrastanti nel giudizio di attribuzione di responsabilità, ma a prescindere dalle valutazioni riguardo singole persone o azioni umane, i dati comunemente accertati sono che, nel suo complesso, l’evento appare come il risultato di un’impressionante somma di fattori di rischio, ovvero di una catena di errori e mancanze, riguardanti sia le caratteristiche intrinseche fondamentali del tipo di macchina, sia errori di progetto in alcuni particolari meccanici, sia il sistema di gestione economico e amministrativo.
Un dato importante e piuttosto sconvolgente è quello secondo cui gli operatori della centrale non erano a conoscenza dei problemi tecnici del reattore. Secondo uno di loro, Anatolij Djatlov, i progettisti sapevano che il reattore era pericoloso in certe condizioni, ma avevano nascosto intenzionalmente tale informazione ai tecnici. Le caratteristiche del reattore RBMK non dovevano essere rese note al pubblico o a operatori civili, essendo trattate dalle autorità come questioni militari.
Le autorità sovietiche iniziano ad evacuare la popolazione dell’area circostante Chernobyl 36 ore dopo l’incidente. Giungono da Kiev decine di autobus che successivamente vengono abbandonati in una sorta di cimitero nella zona interdetta, dove ancora oggi si possono osservare migliaia di mezzi utilizzati per lo sgombero e la gestione della zona. L’evacuazione è stata documentata da Michail Nazareno e si può notare la sottile calma che quel giorno regna sovrana in città. Nessuno è realmente conscio di ciò che sta accadendo; decine di persone si soffermeranno fino a tardi, la notte dell’esplosione, per ammirare la luce scintillante sopra il reattore.