Autunni caldi, il cinema e la contestazione

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Questo mese abbiamo deciso di parlare di autunno, nelle sue diverse accezioni. Oggi analizziamo la contestazione e gli “autunni caldi” del cinema.

Le manifestazioni studentesche, i ribelli senza causa, le lotte operaie, il terrorismo. Un elenco di autori e titoli che è impossibile ricordare per intero. Quando il cinema sale sulle barricate (o le diserta).

Un’orda di zombie avanza divorando i propri ex simili, incurante di ogni precetto morale, sociale, religioso, calpestando qualsiasi vincolo familiare. Mentre gli assediati attendono istruzioni dal governo, assiepati intorno alla tv. E se, al di là dei giudizi morali, La notte dei morti viventi di George A. Romero fosse un’allegoria della Contestazione? Uscito il 1° ottobre 1968, anno-chiave della rivolta giovanile, il film anticiperebbe di un giorno anche la “soluzione”, tragicamente reale, adottata, il 2 ottobre, con la strage di Città del Messico: sparare sui rivoltosi.

Sarebbe impossibile riassumere nelle poche righe di un articolo il rapporto tra cinema e lotte sociali. Un cordone ombelicale che risale ai fratelli Lumière e al loro filmato del 1894 sugli operai all’uscita dalla fabbrica, La sortie de l’usine Lumière.

L’alba della contestazione: l’individualismo dei “ribelli senza causa”

Avvicinandoci ai nostri tempi, la morfologia del cinema “contestatore” ha la sua gestazione tra gli anni ’50 e i primi ’60, in forma individualista e pre-politica, nel cinema americano e nella Nouvelle Vague francese. Nel 1955, Rebel without a cause è il titolo originale di Gioventù bruciata. James Dean, nel suo ruolo-simbolo, dà corpo e voce a una generazione che si appresta a prendere il sopravvento demografico ed è intenzionata a rompere definitivamente con le convenzioni imposte dal “mondo degli adulti”. Due anni prima, il giubbotto di pelle e la moto di Marlon Brando ne Il selvaggio hanno cementato il mito dei bikers, che entra di prepotenza nella cultura giovanile dell’epoca.

Da questa parte dell’oceano, con I quattrocento colpi (1959), François Truffaut avvia la saga del suo alter ego cinematografico Antoine Doinel, un adolescente sempre meno propenso a perdonare le manchevolezze del mondo che vede intorno a sé, a cominciare dall’ambiente familiare e da quello scolastico.

L’utopia rivoluzionaria

In Italia, una nuova generazione di autori analizza la genesi della Contestazione, con film come Prima della Rivoluzione (1964) di Bernardo Bertolucci, storia di uno studente combattuto tra l’appartenenza borghese e la militanza comunista, o I pugni in tasca (1965) di Marco Bellocchio, autentico manifesto sullo smarrimento che affligge la borghesia italiana.

Alla fine degli anni ’60 i ribelli di Hollywood diventano sempre meno solitari e sempre meno “senza causa”. La New Hollywood partorisce titoli come Easy Rider (1969). I bikers Peter Fonda e Dennis Hopper, insieme all’avvocato ubriacone Jack Nicholson, compiono un viaggio senza ritorno attraverso la faccia più cupa e intollerante dell’America profonda, compiendo a ritroso il cammino dei pionieri, dall’ovest all’est. Film come Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni o Fragole e sangue di Stuart Hagmann puntano con decisione la macchina da presa sul movimento studentesco.

Il cinema “in fabbrica”

La prima industria cinematografica a realizzare film di ambientazione operaia è, naturalmente, quella sovietica, a partire dagli anni ’20. Nel corso dei decenni, gli autori che, nel mondo, si dedicheranno all’analisi della vita nelle fabbriche, non saranno moltissimi: ad esempio, in Germania Fritz Lang con Metropolis(1926). Negli USA Charlie Chaplin con Tempi Moderni (1936); Elia Kazan con Fronte del porto (1954): Martin Ritt con I cospiratori (1970); Mike Nichols con Silkwood (1983). Nel Regno Unito si impone la filmografia di Ken Loach, a cui si ispireranno titoli come Grazie, signora Thatcher (1996) di Mark Herman o Full Monty – Squattrinati organizzati (1997) di Peter Cattaneo.

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Sotto le insegne della commedia all’italiana, Mario Monicelli mette in scena le lotte di un gruppo di operai della Torino di fine ‘800 con I compagni (1963). E nel 1974 è sempre il regista toscano a partorire un capolavoro di satira come Romanzo popolare, con il metalmeccanico milanese Ugo Tognazzi che predica continuamente modernità ed emancipazione, ma poi impazzisce di gelosia quando la giovanissima moglie Ornella Muti si innamora del celerino Michele Placido.

Elio Petri adotta il consueto registro grottesco-drammatico con La classe operaia va in paradiso (1971), con Gian Maria Volonté nei panni di Lulù Massa, operaio totalmente privo di coscienza di classe e interessato solo a guadagnare il più possibile che, dopo un incidente sul lavoro, sposa le tesi dell’extraparlamentarismo, trovandosi nuovamente in guerra con il sindacato, stavolta da una posizione opposta. Un film che riuscirà a scontentare tutte le sinistre, dalla prima all’ultima.

Gli anni di piombo

Il cinema italiano riflette a lungo sul terrorismo, come accade in tutti i Paesi segnati dalla lotta armata. È ancora Monicelli a mettere alla berlina il golpismo di estrema destra con Vogliamo i colonnelli (1973). Gillo Pontecorvo è abilissimo nel raccontare il travaglio dei nostri vicini europei. La lotta algerina per l’indipendenza dalla Francia con La battaglia di Algeri (1966); la dolorosa transizione spagnola verso la democrazia con Ogro (1979), cronaca dell’attentato dell’ETA al premier franchista Luis Carrero Blanco.

Il primo film ad analizzare il tema del terrorismo rosso è probabilmente Italia: ultimo atto? (1977) di Massimo Pirri. Negli anni del riflusso, il cinema d’autore torna più volte sul tema, con titoli come Maledetti vi amerò (1980) e La caduta degli angeli ribelli (1981) di Marco Tullio Giordana, La tragedia di un uomo ridicolo (1981) di Bernardo Bertolucci, Tre fratelli (1981) di Francesco Rosi. Nel 1986 Giuseppe Ferrara dedica all’evento spartiacque degli anni di piombo Il caso Moro, con Gian Maria Volonté che torna a vestire i panni del Presidente della DC, dieci anni dopo Todo modo. Nel 2005, Ferrara torna sul tema del brigatismo con Guido che sfidò le Brigate Rosse, dedicato alla vicenda di Guido Rossa, il sindacalista della Cgil assassinato dalle BR nel 1979.

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