Ruben, l’arte della ristorazione consenziente

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E’ un “locale” nel giro della ristorazione ma non si limita a servire le solite portate: il suo nome è Ruben ed il suo piatto forte è il sostegno ad una comunità abbandonata.

Cosa si arriverebbe a fare, quale limite sarebbe per definizione “accettabile” oltrepassare, nel caso in cui si fosse privati di un bisogno elementare ergo il nutrimento? Una necessità che spesso chiede un prezzo decisamente troppo caro in termini di dignità e che lascia come “resto del conto” alienazione dalla società e sfiducia nella possibilità di cambiamento. Esistono però (fortunatamente) delle realtà che decidono di non sottostare a questo ricatto umano donando valore aggiunto al termine “comunità”: una di queste si chiama Ruben e con la celebrazione dei due anni di attività mette in cantiere nuovi progetti che non riguardano solo l’ambito della ristorazione.

Ruben come sperimentazione della ristorazione solidale.

La fine dell’anno, si sa, un po’ per definizione un po’ per nostalgia, è tempo di bilanci, e per un progetto nato come una scommessa, come simbolo di rivolta (e di svolta) sociale, e che conclude il suo secondo anno di attività, è sicuramente possibile parlare di un bilancio più che positivo: con 3.800 persone tesserate e 108 mila pasti erogati alla modica cifra di 1 euro, Ruben si pone come esperimento modello  di una società che riconosce “i nuovi poveri”(la maggioranza dei commensali ha tra i 18 e i 65 anni e il 63% è di nazionalità italiana) e la loro fame di diritti.

ruben mensa

Il locale infatti, aperto nel quartiere Giambellino dalla Fondazione Ernesto Pellegrini Onlus e che prende il nome da un giovane senza tetto, si pone come obiettivo quello di offrire cene ad una cifra simbolica a persone che si trovano in difficoltà temporanea segnalate da una rete di 150 associazioni, come i tanti sportelli di ascolto Caritas, oltre che dai servizi sociali del Comune.

Secondo le parole di Christian Uccellatore, responsabile del ristorante, l’idea di Ruben nasce “dall’esigenza di venire incontro a persone che vivono un disagio, ma non così grave come quello ad esempio dei senza fissa dimora che frequentano le mense delle organizzazioni caritative; volevamo creare qualcosa di diverso, in modo da far superare a queste persone ‘l’effetto-vergogna‘ che avrebbe comportato l’ingresso in una mensa.” L’aspetto strutturale del ristorante è quello di una classica mensa aziendale con self-service, e i piatti, che seguono le stesse regole usate dalla Società Pellegrini, non ricorrendo ad avanzi o scorte alimentari, si ispirano alla migliore tradizione gastronomica italiana: dagli spaghetti alle vongole al filetto “alla gallinella”.

ruben ristorante

Da “Un lavoro, una casa per Ruben” a “Solidarietà 5.0”.

Ma Ruben non è soltanto ristorazione; ultimamente si avverte l’esigenza di soddisfare altre necessità, come quella di offrire un lavoro a chi lo cerca, ed è per questo motivo che nascono due importanti progetti iniziati da un paio di mesi, ma che vedranno uno sviluppo ulteriore nel 2017: da “Un lavoro una casa per Ruben” grazie al quale con la collaborazione dello sponsor Pwc, disponibile a pagare lo stipendio delle persone che saranno selezionate, e un patto con Comune e Mm, alcuni ospiti di Ruben si occuperanno della manutenzione dei caseggiati popolari di Mm al Giambellino, a “ Solidarietà 5.0” , che cercherà di far incontrare la domanda e l’offerta dei fondi a disposizione delle famiglie in difficoltà.

Il cibo è condivisione di storie personali, culture, fatto di interazione e ancor più di integrazione: una mano tesa verso l’altra e stretta in un salto nel buio.

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