Stereotipi e pregiudizi – danno o salvezza?

Pregiudizi e stereotipi in prima visione sulla televisione pubblica? Valanghe di commenti, di info grafiche con nuovi o vecchie concezioni stereotipate su donne, uomini, etnie. Ma cos’è veramente lo stereotipo?

L’ultima settimana di Marzo abbiamo assistito, direttamente dalla rete pubblica, alla valorizzazione degli stereotipi femminili (in quel caso dell’est) come strumento di partenza per una discussione sulle donne originarie dell’Europa Orientale. Il caso ha fatto scatenare, prevedibilmente oserei direi, l’ira funesta del web causando la chiusura del programma da parte della RAI. Contestualmente però, e forse anche stavolta senza troppe sorprese, si è scatenato sul web anche l’ironica gara al clichè più divertente e dissacrante. WIRED ne riporta qui una carrellata dei più esilaranti.

Senza entrare nel merito dell’episodio di cui si è scritto di tutto e di più, noi di OpenMag, anche questa volta, abbiamo colto l’occasione per andare un po’ più al fondo del fenomeno e domandarci: ma cosa è in fondo uno stereotipo e perché gli stereotipi, seppure sempre condannati, sono così duri a morire? E anzi, spesso sono tanto radicati da scatenare delle reazioni così violente e paradossali? (Dalla scelta dei temi di cui dibattere in un programma televisivo del servizio pubblico, ai contenuti delle pubblicità, alle reazioni del web).

Origine degli stereotipi

Lo stereotipo è, secondo la psicologia, un’opinione rigidamente precostituita, generalizzata e semplicistica, che non è acquisita sulla base di un’esperienza diretta e che si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni a prescindere dalla valutazione dei singoli casi. In altre parole è una scorciatoia mentale usata per incasellare persone o cose in determinate categorie stabilite. Il primo ad introdurre questo concetto fu Lippmann (1992) che si interessò a lungo alle scienze sociali promuovendo lo studio della comunicazione.

Descritto così lo stereotipo non può che sembrare un elemento estremamente negativo che condanna i nostri comportamenti a degli errori sistematici di valutazione e di conseguenza le nostre scelte. In realtà come spiegano in uno studio Fiske, Cuddy e Glick (2006), queste percezioni sociali, come tutte le percezioni, riflettono ragioni evoluzionistiche. Proprio come per tutti gli animali, anche gli uomini sin dalla preistoria hanno avuto bisogno di determinare in poco tempo se l’altro poteva essere un amico o un nemico. Per questa ragione si è sviluppato un sistema che ci consente di avere delle informazioni che possano orientarci in quelli che sono contesti sconosciuti e potenzialmente pericolosi.  In particolare, in epoche passate dove la scienza non aveva raggiunto il grado di conoscenza odierna, utilizzare questi schemi mentali a volte estremamente rigidi consentiva di non trasmettersi malattie, di non esporsi a rischi e, a volte, a salvarsi la vita.

Gli stereotipi oggi

Oggi, ovviamente, la vita è diventata molto meno pericolosa e saremmo, potenzialmente, in grado di poterci liberare da quegli stereotipi che troppo spesso, come lo sfortunato episodio della Rai ci dimostra, impediscono ancora oggi la possibilità di vivere nel rispetto dell’uguaglianza e della dignità di cui ogni essere umano ha diritto. E allora perché è così difficile eliminare i pregiudizi e gli stereotipi che ognuno di noi ha ereditato dalla propria cultura/storia familiare?

Per nostra sfortuna, come ci mostrano gli studi sulla memoria, noi umani tendiamo a ricordare meglio e con più precisione episodi che confermano le nostre credenze e a dimenticare o sfumare quelli che le contraddicono. In oltre, come se non fosse abbastanza, dal punto di vista cognitivo, le persone tendono a dare un peso maggiore alle prove che confermano le proprie ipotesi piuttosto che a quelle che le contraddicono.

Condannati dagli schemi mentali?

Gli stereotipi, come i pregiudizi, hanno delle basi molto solide, confermate da credenze fortuitamente verificatesi (che semplicemente tendiamo a ricordare di più), quindi eliminarli, seppure possibile, non un processo immediato. Solo una grossa forza di volontà e la possibilità di entrare realmente in contatto con l’altro può portare, alla lunga, a mettere in discussione queste forme di rigidità di pensiero e liberarci dai nostri schemi.
Ecco quindi che noi di OpenMag ci siamo messi a cercare tra diversissimi temi per comprendere, o smascherare, quegli stereotipi che ancora guidano molta parte delle nostre scelte.

Valeria ci svela uno degli stereotipi più duri a morire nel mondo dell’arte: “ma l’arte contemporanea è davvero arte? Sulla stessa scia Cristina martedì 11 Aprile ci aiuta a comprendere un mistero che avvolge la musica: ma perché non ricordiamo nessuna “Giuseppina Vessicchio”?

Giovedì 20 Aprile Marco ci parlerà dello stereotipo dell’italiano in viaggio mentre Carolina, il 13, ci rivelerà gli stereotipi che ancora insistono su una delicata patologia come quella dell’autismo.

Gaia domenica 23 Aprile ci parla dei fashion blogger e dei comportamenti (social) stereotipati. E mentre Andrea il 25 Aprile, ci parla del cinema estremo, basato cioè sull’esasperazione di alcuni elementi fermi per produrre una storia cinematografica, il 27 Aprile Irina ci spiega come viaggiare può aiutarci a sconfiggere gli stereotipi ma molto spesso anche a confermarli.

Nella speranza di avervi messo la pulce nell’orecchio, o nell’occhio in questo caso, così che possiate scovare e abbattere quegli stereotipi che ancora ci rinchiudono in schemi predefiniti, vi auguriamo una buona lettura e, a nome di tutta la redazione, vi augurio serene e piacevoli festività Pasquali!

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