WeChat, il social media cinese (un)politically correct

Sei in Cina e devi pagare l’affitto? C’è WeChat. Il social media cinese che risolve ogni problema, in cambio della tua privacy.

Cina, 2017. Un paese che brulica di persone. Una cultura che, nonostante strizzi l’occhio all’Occidente, continua ad essere esotica per molti di noi. Un mercato che, anno dopo anno, continua a bussare alle porte dell’Europa, proponendo la sua tecnologia e i suoi potentissimi mezzi di comunicazione.

Tra le offerte messe in piazza spicca WeChat, con i suoi 889 milioni di utenti. Si tratta di un social media cinese con cui puoi fare tutto – ma veramente tutto. Dalla chat allo shopping online. Ci puoi persino pagare le bollette e prenotare il dentista che ti toglierà il dente del giudizio.

Senza WeChat, in Cina sei fuori dai giochi.

Qualcuno potrebbe spalancare gli occhi e rimanere estasiato: wow, una sola piattaforma con cui posso gestire tutta la mia vita, sia sociale che burocratica. Ma forse è il caso di frenare gli entusiasmi, perché c’è un lato oscuro della medaglia: WeChat ti vende un servizio eccezionale, ma in cambio non garantisce la privacy; i suoi utenti sono rintracciabili anche dalle autorità cinesi.

WeChat vale 300 miliardi di dollari e la sua nascita risale al 2011. Pensiamo a quanta strada ha fatto da quando, appena sei anni fa, la s.p.a Tencent Holdings Limited l’ha lanciata sul mercato.

È il social media cinese più utilizzato in assoluto (con grande smacco di Facebook) ed è il luogo/non luogo in cui i cinesi preferiscono passare il loro tempo libero, specie quando navigano da mobile. La Cina è un paese in cui il tasso di persone che si collegano a internet via mobile è altissimo.

Social media cinese

fonte: Hootsuite & We Are Social

Chat vs E-mail: 1 a 0 per WeChat

In Cina le app di messaggistica istantanea surclassano di gran lunga le e-mail, che vengono percepite come troppo informali e poco pratiche. Provate a chiedere ad un cinese di darvi la sua mail per motivi di lavoro. Probabilmente rimarrà interdetto per un attimo e vi darà un bigliettino da visita su cui non sarebbe strano trovare, accanto al numero di telefono, il suo account WeChat. In Cina il business tende ad essere informale e frenetico, quindi le chat risultano lo strumento migliore per gestirlo.

Possiamo solo immaginare quanto WeChat abbia invaso capillarmente la vita di tutti i cinesi. E quanto sia rilevante il fatto che la Cina si proponga al mercato europeo con questo social network, un cavallo di battaglia (o cavallo di Troia? Ai posteri l’ardua sentenza) potentissimo.
Potentissimo perché WeChat registra i dati degli utenti, e li rende perfettamente tracciabili dalle autorità che si occupano della censura. Come ben sappiamo, la Cina, con il suo Baidu e compagnia bella, non vince certo il primo premio per la libertà di parola. Il politically correct laggiù è una cosa seria.

Crittografia end-to-end, questa sconosciuta

Secondo un report di Amnesty International, che fa una classifica delle app che garantiscono la privacy agli utenti, la Tencent registra un punteggio di 0/100:

“Tencent owns the two most popular messaging apps in China, WeChat and QQ, and is bottom of our message privacy scorecard, scoring zero out of 100. Not only did it fail to adequately meet any of the criteria, but it was the only company which has not stated publicly that it will not grant government requests to access encrypted messages by building a “backdoor”

Senza la crittografia end-to-end o anche solo un corretto trattamento dei dati personali, WeChat non può che sfigurare. I server tramite cui vengono inviati i messaggi degli utenti sono accessibili al governo, che ha la facoltà di indagare sui contenuti che ritiene sospettosi o censurabili. I server appartengono esclusivamente alla Tencent, che ha un’intera sezione aziendale dedicata alla sorveglianza. Non sarà un caso se il CEO dell’azienda è un deputato che fa parte del Congresso Nazionale del Popolo.

WeChat e l’Europa: l’inizio di un amore?

Mentre alcune fette di popolazione cinese cominciano a sollevare le loro proteste nei confronti di questi controlli serrati, WeChat comincia a spopolare anche in Europa. Sono molti i brand di lusso che pubblicano le loro pubblicità su questo social tuttofare. 60 di questi sono italiani.

Il mito del progresso ci ha già incantati con il suo profilo più attraente. Businessmen di ogni dove con gli occhi a forma di dollaro. Paperon de Paperoni poggia lo sguardo sul social media cinese e si sfrega le mani, sognando un mondo in cui tutto è possibile, tutto è comunicabile, tutto è in espansione, tutto è controllabile. 1984?
Possiamo aspirare ad un progresso senza l’ombra di una privacy non rispettata?
La lotta per la libertà, oggi, si combatte su un nuovo piano.

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