La buona accoglienza: verso nuove politiche di inclusione

La buona accoglienza: verso nuove politiche di inclusione

Lo scorso 20 Giugno 2017, Piazza dell’immacolata a Roma ha ospitato, in onore della giornata mondiale del rifugiato, la tavola rotonda sulla “buona accoglienza”, organizzata dal Forum Terzo Settore Lazio.

La definizione del termine rifugio è immediata (quasi scontata): un luogo che indica riparo o difesa contro un pericolo. L’espressione “rifugio” evoca (solitamente) sentimenti di empatia e solidarietà verso chi si trova a combattere isolato le difficoltà della vita, e in senso lato stabilisce una sorta di patto non scritto, una garanzia votata alla collaborazione, tra il cooperante e tra chi cerca aiuto. Nella Giornata Mondiale del Rifugiato però, non solo la società strumentalizza troppo facilmente l’idea stessa del rifugio, ma ogni significato sembra aver perso il proprio valore, lasciando spazio agli egoismi e ai pregiudizi. Esiste davvero la possibilità di fare una buona accoglienza?

Idee per una buona accoglienza: dal Forum Terzo Settore Lazio agli enti locali.

Si è tenuta lo scorso 20 Giugno 2017, presso Piazza dell’immacolata a Roma, nel cuore del quartiere di San Lorenzo, la tavola rotonda organizzata dal Forum Terzo Settore Lazio, ospitante diversi enti locali fondamentali sullo scacchiere della cooperazione solidale. Il dibattito, organizzato in onore della Giornata mondiale del Rifugiato, ha il merito sia di favorire “l’integrazione per un giorno”, essendo da sempre la piazza luogo di aggregazione per eccellenza, sia di stimolare un dibattito sempre più spesso ignorato dalle istituzioni, riguardo l’importanza dello sviluppo di politiche inclusive.

L’incontro assume quindi in questo caso una particolare simbologia, legata al rinnovamento (metaforico e reale) di un patto di collaborazione tra enti locali, operatori, volontari e rifugiati, uniti nelle testimonianze e nelle riflessioni riguardo i progetti passati e quelli futuri, sotto il segno della legalità e del rispetto dei diritti fondamentali. Ad un anno dalla firma della “Carta della buona accoglienza delle persone migranti” da parte dell’ANCI-Associazione Nazionale Comuni Italiani, dell’Alleanza delle cooperative sociali e del Ministero dell’Interno, il Forum Terzo Settore Lazio, si interroga su cosa sia accaduto a Roma e se la Carta sia stata applicata dagli enti della città.

I protagonisti.

Sul palco si sono succeduti dalle 17:00 (solo per citarne alcuni) Amr Adem, testimone del viaggio “della speranza” che ogni rifugiato è costretto a compiere, Vincenzo Lodovisi, vicepresidente Anci Lazio, Bruno Manzi, Presidente Legautonomie Lazio, Anna Vettigli, tra i firmatari dell’accordo e responsabile Legacoop sociali Lazio, Emanuele Petrella di Idea Prima 82, centro d’accoglienza che attualmente ospita 5 nuclei familiari, Simona Sinopoli, presidente Arci Roma, Ewa Blasik, presidente Anolf Lazio e Paola Capoleva, presidente del CESV Lazio.

A coordinare la tavola rotonda  rinominata “La buona accoglienza: come rendere applicabile il documento dell’Anci nella città di Roma”, ci ha pensato Francesca Danese, portavoce del Forum Terzo Settore Lazio; in piazza poi sono stati presenti sia l’Associazione “Avvocati di strada”, associazione no profit che da sostegno legale ai senza fissa dimora, con uno specifico punto informativo per l’accesso ai diritti, e gli studenti del progetto “attività migranti e lingua comune” del Comitato CRI Municipio II e III.

Tra ostilità e aperture: “sotto il pregiudizio niente”.

L’idea principale di Caterina Boca, Presidente della Commissione per le Politiche Sociali, è quella di raccontare le storie di chi si impegna quotidianamente per promuovere un’accoglienza buona nel senso più vero del termine, poiché il fantasma di Mafia Capitale si aggira ancora nell’opinione pubblica, mescolando in un unico calderone il bene ed il male. Raccogliere ogni singola testimonianza, perlopiù in una piazza di San Lorenzo, quartiere difficile ma rappresentativo dello sforzo alla cooperazione, vuole essere quindi un atto dovuto per restituire dignità agli enti che lottano contro il pregiudizio dilagante contro la strumentalizzazione politica, basata sul concetto di rifugiato.

Parlando sia con Bruno Manzi, Presidente di Legautonomie Lazio, sia con Vincenzo Lodovisi, Vicepresidente dell’Anci Lazio, si evince un sentire comune sui problemi pratici da risolvere per l’attuazione di una “buona accoglienza”: la mancanza di protagonismo da parte delle comunità locali. Secondo Bruno Manzi infatti costruire un racconto d’empatia e un processo osmotico di scambio è più semplice nei piccoli comuni, ma gli enti locali subiscono dall’alto le decisioni riguardo la progettazione di politiche inclusive, innescando così meccanismi di reazione ma non di condivisione. Una soluzione possibile secondo Vincenzo Lodavisi  è da ricercare nell’attuazione del piano di ripartizione e della clausola di salvaguardia del sistema SPRAR, che non solo garantisce una redistribuzione che sia equa, ma attraverso un sistema di premialità invoglia la comunità ad essere parte attiva del processo di integrazione.

Mancanze e proposte.

Anche Simona Sinopoli, presidente dell’Arci di Roma, si schiera contro i “grandi numeri” dell’accoglienza, sottolineando come un piano non regolato (Tor Sapienza ne è un esempio) possa generare solo inutili tensioni invece che un circolo virtuoso, e propone alcune idee per mettere in pratica il documento redatto dal’’Anci, che ad un anno dalla sua stesura si ritrova al giro di boa: creare dei percorsi che siano di autonomia per gli accolti, costruire una rete efficiente di dialogo e mutuo soccorso tra i diversi enti locali del territorio, e potenziare percorsi di accoglienza che siano di genere.

Colpiscono le parole di Anna Vettigli, tra i firmatari dell’accordo e responsabile Legacoop sociali Lazio: l’accoglienza infatti deve essere concepita come un cambiamento della società che, come tutte le alterazioni del resto, può portare delle resistenze (facilmente strumentalizzabili). Secondo la responsabile ciò che manca è un dialogo globale tra tutti gli attori partecipanti ad un progetto di inclusione e in questo senso, la proposta di Legacoop è quella di instaurare una metodologia di progettazione, volta a creare un rapporto di partnership e di corresponsabilità tra i soggetti coinvolti.

La celebrazione dell’inclusione.

Terminato il dibattito, la piazza lascia spazio alla musica e alla cucina in clima di celebrazione ma anche di riflessione: lo Zighini preparato dalle donne rifugiate ospiti del centro di Via del Frantoio e la musica dei “Ladri di Carrozzelle” diventano sinonimo di un linguaggio unico, compreso e parlato da tutti i partecipanti, oltre che della costruzione di un rapporto di conoscenza reciproca, sotto il segno dell’apertura mentale e della dignità.

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