Yuri Guaiana racconta la sua battaglia per i diritti

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Yuri Guaiana, ex segretario dell’associazione radicale Certi Diritti, racconta ad Openmag la sua battaglia a tutela delle libertà civili

L’attivista italiano, Yuri Guaiana, è stato fermato a maggio, in Russia, perché voleva chiedere al procuratore generale della federazione di avviare un’inchiesta per porre fine ai crimini che si stavano compiendo in Cecenia, nel nord del Caucaso, dove gli omosessuali o presunti tali, vengono arrestati, torturati e uccisi.

“Purtroppo – spiega ad Openmag – non ci è stato possibile farlo perché appena la polizia ci ha visti camminare con le scatole contenenti una parte delle oltre 2 milioni di firme raccolte in tutto il mondo, ci ha fermato e arrestato”.

ʺLa notizia è stata subito riportata dai media degli oppositori, poco da quelli mainstream. La propaganda russa – prosegue Yuri Guaiana – si è attivata immediatamente con prospettiva schiacciata su quella della polizia, naturalmente priva di fondamento, che ci accusava di manifestazione non autorizzata con resistenza a pubblico ufficiale”.

Fortunatamente la situazione si è risolta nel giro di qualche ora grazie anche all’intervento del consolato italiano, eppure anche nel nostro Paese i diritti civili stanno alla finestra. Oppure no? Lo abbiamo chiesto a Yuri Guaiana.

I punti di riferimento per la battaglia degli omosessuali in Italia oggi quali sono?

Ci sono sicuramente i fondatori del Fuori, la prima associazione omosessuale italiana, in particolare Angelo Pezzana che ha fatto della battaglia sui diritti civili una battaglia politica, al punto che già in tempi non sospetti, si era profilato il matrimonio egualitario come obiettivo da proporre ai radicali per farne una battaglia comune. Angelo ha vissuto un’esperienza simile alla mia negli anni ’50, quando fu arrestato per avere espresso il suo sostegno in difesa dei diritti delle persone omosessuali quando a Mosca c’era la criminalizzazione dell’omossessualità, illegale in Russia, sotto il regime comunista fino al 1993.

Quanta strada c’è ancora da percorrere in Italia e quali le cause principali?

In Italia c’è ancora tanta strada da fare! Sulla scala pubblicata da gayeurope sul rispetto dei diritti Lgbt, siamo appena al 27%. Le responsabilità sono condivise, anche se la principale risiede nella classe politica che dimostra mancanza di leadership e capacità di condurre delle battaglie giuste a prescindere perché di certo, in tema di diritti, non si possono fare i conti della serva sui numeri.

Cosa pensi della Legge Cirinnà e dello stralcio della stepchild?

E’ sicuramente un passo avanti in una situazione di assenza totale di diritti, però certo reintroduce sostanzialmente una discriminazione molto forte sui bambini a seconda della famiglie in cui nascono, e poi crea un istituto giuridico diverso, separato a cui può accedere solo una categoria di persone. Volendo fare un’iperbole, è come dire che dalla situazione di schiavitù si è passati al segregazionismo giuridico.

E della Gpa (gestazione per altri) ti sei fatto un’idea?

Quando un comportamento umano è possibile, ci insegna Pannella, il compito dello Stato non è quello di reprimere ma cercare di regolamentarlo per garantire i diritti di tutte le parti coinvolte. Insieme all’associazione Luca Coscioni abbiamo lavorato ad una proposta di legge e già prima abbiamo lanciato una convenzione internazionale a Bruxelles con associazioni europee e americane che hanno stilato i principi per una gpa etica.

Quanto manca Marco Pannella nella lotta in difesa dei diritti civili?

E’ stato un leader politico importante che ha avuto il merito storico di cogliere come  le battaglie di liberazione del movimento omosessuale fossero delle battaglie non di una categoria ma di tutti, perché un paese che considera cittadini di serie A e cittadini di serie B è un paese che non rispetta il diritto fondamentale all’eguaglianza di trattamento davanti alla legge e alle pari opportunità. In questo senso, la sua assenza pesa moltissimo, anche se non possiamo nasconderci che Marco era contrario al matrimonio egualitario, mentre noi abbiamo sempre sostenuto che quella era la vera battaglia da fare. Comunque, a parte la differenza di prospettiva su temi specifici, a Marco dobbiamo di avere portato l’umanità negli anni ‘70.

E non è affatto poco.

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