La palingenesi delle stazioni e la riqualificazione sociale

La palingenesi della stazioni e la riqualificazione sociale

Dalle stazioni “impresenziate” di Albanova e Maddaloni, all’appello lanciato dal centro Baobab a Ferrovie dello stato per la concessione di piazzale Maslax: la riqualificazione strutturale come metafora di una rigenerazione sociale.

L’estate è per definizione il tempo della sospensione: “chiuso per ferie” diventa lo slogan che aleggia per le città e l’onnipresente “non rimandare a domani ciò che potresti fare oggi” cambia forma in “se ne riparla a settembre”. Se questa però risulta essere la regola generale a cui attenersi, esiste una parte della società che decide di sfruttare i tempi morti per portare avanti un progetto di ristrutturazione: l’esempio è quello delle stazioni ferroviarie in disuso che vengono rigenerate a fini sociali, simboleggiando la palingenesi dell’intera collettività.

Dalla riqualificazione urbana alla rigenerazione sociale.

Se la strada è sinonimo di percorso, le stazioni ferroviarie lo sono di incontro e scambio: la stazione è il punto di passaggio, lo stadio di transizione tra l’origine e la destinazione, e quindi il luogo (per antonomasia) deputato a ritrovo; se però nel corso degli anni la creazione di nuove infrastrutture lascia in disuso quelle vecchie, condannandole ad un futuro come “spettri di cemento e d’acciaio”, come è possibile ripensarle poi in un più ampio progetto di riqualificazione urbana? L’idea vincente sembra essere quella di ripensare le impresenziate stazioni ferroviarie come luoghi di promozione sociale ( e non è una novità dell’ultimo minuto).

Una dimostrazione positiva dello scorso anno è stata l’apertura di ScamBioLoGiCo (alias ex stazione di Potenza superiore), prima Green station d’Italia della Legambiente, frutto dell’intesa sottoscritta tra Legambiente, Ferrovie dello Stato Italiane e Rete Ferroviaria Italiana per il recupero delle stazioni impresenziate, nell’ambito del progetto Centro per la sostenibilità attraverso il bando ambiente “Verso rifiuti zero”. l’ex scalo merci della stazione ferroviaria Potenza Superiore si è perciò trasformato in luogo di promozione dell’altra economia, alludendo ad una triplice trasfigurazione: urbana con la riqualificazione della stazione; economica, con la realizzazione di un negozio dedicato al commercio equo e solidale, con prodotti locali e a chilometro zero, sfusi e riciclabili; sociale, con l’inclusione anche di giovani migranti richiedenti asilo duranti i lavori di ristrutturazione dello spazio.

La ferrovia come spazio privilegiato della società.

E se sempre un anno fa il CSV (centro di servizi per il volontariato) di Caserta apriva una sede nella ex stazione di Maddaloni, lo scorso 22 Giugno ha inaugurato un nuovo sportello nella stazione impresenziata di Albanova, nel cuore dell’Agro Aversano, grazie all’accordo nazionale “Volontariato in stazione”, stipulato nel 2013 con Ferrovie dello Stato, per il riutilizzo sociale delle stazioni impresenziate. Nella cornice di un valore specificamente simbolico (la lotta per la legalità nella terra dei fuochi devastata dai clan camorristici) quelle di Maddaloni e Albanova sono solo le ultime due stazioni recuperate e si vanno ad aggiungere alle sette di altre quattro regioni che tra il 2013 e il 2017 sono state trasformate, o stanno per esserlo, in luoghi fruibili di intervento sociale e di promozione del volontariato.

Il CSV campano non è stato comunque l’unico a muoversi, poiché la mobilitazione per riqualificare gli spazi inutilizzati ha coinvolto movimenti e associazioni in tutta Italia, impegnate nella sperimentazione di progetti alternativi pensati esclusivamente per fini sociali. Una delle tante riprove eclatanti è la stazione di Figline Valdarno, in provincia di Firenze, dove uno degli appartamenti presenti all’interno dello scalo è stato affidato all’Associazione Autismo Firenze onlus. L’Associazione, che supporta l’integrazione socio-ambientale dei soggetti con autismo, ha deciso infatti di sfruttare questo spazio per regalare una prova di autonomia dalla famiglia (24-36 ore) a tutti i partecipanti, che vivranno insieme, a gruppi di 4 persone.

Quale accoglienza? Prove generali di integrazione.

La ristrutturazione degli spazi ferroviari in disuso a fini sociali però, non può a questo punto ignorare la questione dell’immigrazione: mentre non si placano le polemiche istituzionali sul “mare dell’accoglienza” e sull’affaire migranti, il centro Baobab di Roma, dopo il ventesimo sgombero di circa un mese fa, conquista le “luci della ribalta” dell’opinione pubblica. Il motivo è una petizione firmata da oltre 17 mila persone (un numero con un preciso riferimento, pari ai migranti morti nel tentativo di raggiungere l’Europa negli ultimi due anni), in cui si chiede a Ferrovie dello Stato la concessione dello spazio di piazzale Maslax (Tiburtina), per allestire un presidio permanente umanitario di prima accoglienza per migranti.

La prospettiva del progetto Baobab experience dimostra come un’accoglienza sotto il segno del rispetto dei diritti civili fondamentali non solo è auspicabile, ma anche possibile: mentre il dibattito politico diventa sempre più sterile, un’associazione è stata in grado non solo di sollevare l’interesse della collettività. Ma soprattutto di progettare la riqualificazione di un’area che fin dalla sua apertura non è mai stata utilizzata, per promuovere un’idea di accettazione positiva, che implichi l’inclusione nella società di arrivo. E se al fin troppo conveniente “non abbiamo più posto” si rispondesse con la riqualificazione degli spazi vuoti? Al giudice benpensante (la società odierna) l’ardua sentenza.

 

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