Il “caso Ischia” e l’ammissione di colpevolezza

Il " caso Ischia ” e la ritrosia nell’ammissione di colpevolezza

Ad un anno di distanza dal devastante sisma del centro Italia, la terra trema ancora. E trema ad Ischia, questa volta, liberando grida di rabbia e aiuto che non possono rimanere inascoltate.

Si dice che “prevenire è meglio che curare”: la prevenzione indica la tutela di qualcosa/qualcuno dalle ostilità e dall’imprevedibilità della vita. Compiere un gesto di prevenzione perciò implica mettere a tacere la matrice del dubbio e della diffidenza con un semplice atto d’amore: la difesa. Il terremoto di Ischia è un caso esemplare di come, in barba ad ogni possibile idea di precauzione, le convinzioni si sgretolino insieme alle case, mettendo a nudo le contraddizioni di un paese, l’Italia, che non vuole essere salvaguardato.

La terra trema ad Ischia.

Se è vero che “il destino ha la sua puntualità”, il terremoto di Ischia coglie di sorpresa chi si preparava a vivere il ricordo del sisma del centro Italia del 24 Agosto 2016. Sono le 20.57 di Lunedì 21 Agosto 2017 quando la terra decide di tremare ancora: mentre in un primo momento (durato 4 giorni) si ipotizza l’epicentro in mare, l’istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ha ricalcolato la posizione, che è stata aggiornata anche nelle mappe dell’Usgs, il servizio geologico americano. Il nuovo epicentro si trova un chilometro a sud-ovest di Casamicciola,  a 1,7 chilometri di profondità.

Sulla magnitudo la questione richiede una menzione a parte, avendo suscitato non poche polemiche: la magnitudo Richter è stata infatti 3.6; si tratta del metodo di calcolo più rapido, che viene usato immediatamente dopo ogni scossa nella sala sismica dell’Ingv a Roma e ha sempre un’incertezza di 0,2 gradi. Al contrario, l’Osservatorio Vesuviano di Napoli ha calcolato anche la magnitudo durata, che tiene conto di quanto tempo i sismografi hanno oscillato, ed è stata 4.0.

Il bilancio, per l’entità della scossa, è a dir poco disastroso: le vittime sono due donne, i feriti circa 42 , le persone che hanno immediatamente abbandonato l’isola oltre 11mila, 200 gli sfollati sistemati in albergo. I danni per i crolli sono ancora incalcolabili.

Il gioco dello scaricabarile.

La domanda che tutti si pongono nell’istante successivo ad una catastrofe di queste dimensioni è sempre e solo una: a chi dare la colpa? Ha inizio così il pericoloso gioco dello scaricabarile, in cui ogni forza politica strumentalizza l’evento per raccogliere consensi, addossando il peso delle responsabilità sempre e solo su “qualcun altro”. Di rimpianto però non si vive, così mentre “il cane si morde la coda” risucchiato nel vortice delle accuse, indagare in nome della verità (questa sconosciuta), sembra essere ancora la migliore delle possibilità.

Se per il “caso Ischia” va considerata la specificità dell’isola, che si trova in area vulcanica, il primo a parlare di costruzioni fatte da materiali scadenti e di stato di sicurezza delle case è Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile, seguito poi da Egidio Grasso, presidente dell’Ordine dei Geologi della Campania.

Entra qui in gioco la parola chiave che solleva la questione politica fondamentale: abusivismo. A pronunciarla senza paura è l’Ingegnere Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale, che per suffragare la sua tesi ricorda le continue denunce fatte da Legambiente. Come dimostrano infatti i i dossier “Mare Monstrum“, la Campania è in testa alla classifica dell’illegalità nel ciclo del cemento costiero. 764 sono le infrazioni accertate dalle Capitanerie di porto e dalle altre forze dell’ordine solo nel 2017, e sul suo territorio è commesso il 20,3 per cento dei reati totali inerenti la cementificazione.

L’oggettività dei numeri.

Sicuramente i fatti valgono più di mille parole, ma anche l’attendibilità dei numeri non lascia spazio ad equivoci. Solo per il Comune di Ischia sono state presentate 7.235 domande di condono in 30 anni, 4.408 delle quali risultavano ancora da evadere ad aprile dello scorso anno. Un dato che non solo non può essere frainteso, ma che mostra chiaramente una logica utilitaristica: l’interesse personale prevale sul bene comune, nell’eterno braccio di ferro tra pubblico e privato dove è quest’ultimo ad avere la meglio.

Del resto, era proprio il 2010 quando Ischia si trovò nell’occhio del ciclone a causa degli scontri contro il provvedimento che rendeva la demolizione legale: da una parte centinaia di residenti in difesa dei seicento manufatti abusivi da demolire (partendo con l’abbattimento di una casa in via Monte Cito a Casamicciola), dall’altra la polizia in tenuta antisommossa. Chi è causa del suo mal pianga se stesso (?).

Promesse infrante.

Ad un anno dall’istituzione di Casa Italia, il progetto per la messa in sicurezza del territorio voluto dall’ex Premier Matteo Renzi il 25 Agosto 2016, tutti i nodi vengono al pettine. Secondo l’ultimo rapporto stilato dalla stessa struttura di missione creata dal precedente governo, sarebbero necessari 25 miliardi solo per la riqualificazione antisismica dei 648 Comuni a maggior rischio. Seppure per finanziare il sisma bonus previsto dalla legge di Bilancio ci saranno, di qui al 2030, non più di 5 miliardi.

Altra questione riguarda poi il fascicolo del fabbricato: un vero e proprio dossier con tutte le informazioni possibili relative all’immobile, dalle modifiche subite al grado di resistenza. Secondo architetti, geologi e ingegneri è questo uno dei passi indispensabili da compiere per mettere in atto un serio progetto di prevenzione. Ma è qui che l’immaginazione si scontra con la dura realtà dei fatti (realtà politica): trasformare un’idea in una conditio sine qua non, vorrebbe dire rendersi impopolari davanti agli occhi dei proprietari.

(Possibili) prospettive di risoluzione.

A proporre una soluzione che sia concreta e che porti un reale cambiamento è Italia Nostra, Associazione Nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale. Le priorità sono l’adozione di un piano nazionale di tutela e prevenzione contro i disastri naturali, connessa ad una specifica strategia di intervento post catastrofe: dal divieto a qualsiasi forma di condono, all’istituzione di un’autorità unica nazionale antiabusivismo, ricalcando il modello dell’ANAC contro la corruzione.

Alla fine dei fatti, con il sisma di Ischia, il Bel Paese mostra il suo lato peggiore: si sgretola con una fragilità inaudita la certezza di essere una nazione legittimamente accettata nel G8, svelando le ipocrisie e gli egoismi legati, sempre e comunque, ad un tornaconto personale.

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