Carceri: Bernardini sospende sciopero della fame

Carceri: Bernardini sospende sciopero della fame

Rita Bernardini, coordinatrice della Presidenza del Partito Radicale, in sciopero della fame da oltre 30 giorni, incontrerà domani il ministro Orlando per discutere il tema carceri.

La partita sembra ormai chiusa. Finalmente dopo oltre un mese di protesta, finalizzata all’approvazione dei decreti sull’ordinamento penitenziario, l’ex parlamentare, già Segretaria di Radicali Italiani, fondatrice del Fronte Radicali Invalidi, del Movimento dei Club Pannella-Riformatori e cofondatrice dell’Associazione Luca Coscioni, è riuscita ad attirare l’attenzione sul dramma delle carceri in Italia.

Ci spieghi meglio cosa succede

La notizia veramente buona è che il Ministro, dopo 30 giorni di nostro sciopero della fame, è intervenuto a Radio Radicale per dire che i tre quarti dei decreti attuativi del nuovo ordinamento penitenziario sono stati inviati al Consiglio dei ministri; inoltre ha chiesto il nostro aiuto per fare in modo che il Presidente del Consiglio li calendarizzi e li licenzi al più presto. Orlando ha accettato il dialogo comprendendo che la nonviolenza non è ricatto ma una forma nobile di lotta che vuole far emergere il lato migliore dell’interlocutore. Così io e Deborah (Cianfanelli ndr) abbiamo sospeso lo sciopero e il 16 novembre alle otto di sera saremo ricevute dal ministro. 

Quanto è importante una riforma strutturale della giustizia per le casse del nostro Stato e quale sarebbe, in questo senso e sulla questione carceri, la scelta più urgente da compiere?

Ormai non è solo il Partito Radicale ad affermare che una riforma strutturale e organica della giustizia farebbe guadagnare più di 2 punti di PIL al nostro Paese. In Italia lo Stato della giustizia ha raggiunto livelli di inefficienza assolutamente intollerabili, sconosciuti in altri Paesi democratici, per i quali, da anni ed in modo permanente, versiamo in una situazione di sostanziale illegalità per quanto riguarda le carceri, tale da aver generato numerosissime condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’enorme numero di processi pendenti sia nel settore civile che in quello penale e l’impossibilità che questi siano definiti in tempi ragionevoli hanno ormai determinato una sfiducia generalizzata dei cittadini nel sistema giustizia. Noi abbiamo chiaro quel che si dovrebbe fare a partire da un provvedimento di amnistia per ristabilire un minimo principio di legalità. Ma il nostro Paese è ostaggio delle burocrazie che sono ben insediate in ogni angolo delle nostre istituzioni e non potrebbe che essere così se contiamo 150.000 leggi e 35.000 fattispecie di reato. Occorrerebbe un’opera seria di semplificazione per arrivare ai livelli che si registrano in Europa: la Francia di leggi ne ha 7.000, la Germania circa 6.000 , la Gran Bretagna 3.000: noi 20 o 50 volte di più! 

In questi giorni abbiamo assistito all’inizio del processo a carico di Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Coscioni (di cui lei è cofondatrice), per il suicidio assistito di Dj Fabo. Nel linguaggio radicale cos’è la disobbedienza civile?

E’ una forma di lotta maledettamente seria. Se una legge è irragionevole, contraddittoria, stupida, la si viola per dimostrarlo; ci si assume la responsabilità, ci si autodenuncia. E’ Storia il fatto che Marco Pannella finì nelle carceri di Regina Coeli nel 1975 per aver fumato in pubblico uno spinello. E’ realtà il fatto che un’istituzione come la Direzione Nazionale Antimafia solo da due anni a questa parte si sia pronunciata a favore della legalizzazione della cannabis per colpire significativamente la criminalità mafiosa. Ci sono voluti decenni di scandali radicali per giungere alla presa di posizione della DNA, mi auguro che non ce ne vogliano altrettanti per la classe politica italiana ancora incapace di decisioni un minimo ragionevoli. Lo scandalo non sono io che ho fatto decine e decine di disobbedienze civili e ripetutamente ho coltivato marijuana sul mio terrazzo; lo scandalo, a pensarci bene, è la Procura della Repubblica di Roma che non mi arresta e nemmeno mi processa a differenza di quello che fa quotidianamente nei confronti di migliaia di consumatori coltivatori o piccoli spacciatori con cui riempie le carceri.

Il prossimo anno si voterà il nuovo governo. Il Partito Radicale avrà il suo spazio?

Lei corre troppo. Prima di fare il nuovo governo, ci saranno le elezioni che avverranno con una legge elettorale aberrante modificata a pochi mesi di distanza dal voto, un comportamento, quello delle nostre istituzioni, letteralmente fuorilegge secondo la Commissione di Venezia che raccomanda vivamente di non modificare la legge elettorale a un anno dal voto. Da anni, l’Italia non è una democrazia, non è uno Stato di diritto, ma anche per l’illegalità del sistema giustizia e per il sistema dell’informazione pubblica e privata che espelle i non graditi: pende, proprio su questo, una denuncia circostanziata della Lista Pannella davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Quanto al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, una regola statutaria prevede che non si possa presentare “in quanto tale”, con il proprio nome e il proprio simbolo, alle elezioni. La stessa regola valeva per tutti i soggetti dell’area radicale alcuni dei quali però, dopo la morte di Pannella, hanno cambiato idea. Marco non aveva mai voluto – e quanto aveva ragione! – che i radicali si trasformassero in uno dei tanti partitini partitocratici del sovraffollatissimo e indecente panorama politico italiano.

Legge elettorale, informazione minacciata, brexit, Barcellona, Europa, immigrazione, diritti: quale sarebbe stata la priorità di Pannella?

Quello che so è che l’ultima nuova (e antica) battaglia che ha lasciato Marco a chi vorrà raccoglierla è quella del riconoscimento in sede Onu del “diritto umano alla conoscenza” attraverso l’affermazione dello Stato di diritto e della democrazia. Il Partito Radicale ha raccolto in pieno questo suo lascito nella sua mozione congressuale approvata l’anno scorso a Rebibbia.

Un bilancio a 50 anni dalla sua nascita: il movimento femminista  ha tradito, in parte, gli scopi per il quale era nato? Oggi parlare di femminismo ha ancora senso?

Mai fatto parte del movimento femminista. Negli anni ’70 il Partito Radicale già rispondeva appieno alle mie idee e il Movimento di liberazione della donna era federato su obiettivi precisi, in particolare, quello per la legalizzazione dell’aborto. Senza bisogno di “quote rosa” nel 1976 il PR  candidava in tutt’Italia donne capolista e metà delle liste erano formate da donne. Dei quattro eletti di allora due erano donne (Bonino e Faccio) e due maschietti (Pannella e Mellini).

Quali sono gli strumenti, secondo lei, per combattere la cultura maschilista alla base della nostra società e che alimenta la violenza contro le donne?

Intanto occorre ottenere parità di diritti: è inconcepibile che in Italia gli uomini a parità di lavoro e di mansioni debbano guadagnare più delle donne, fare carriere più rapide, occupare i vertici massimi delle aziende. Da questo punto di vista credo che occorra perseguire la strada dei ricorsi alle giurisdizioni superiori italiane, europee, onusiane. Da parte nostra, noi donne dobbiamo finirla di frignare e dobbiamo prenderci ciò che ci spetta; ma dobbiamo anche finirla – come purtroppo non di rado accade – di ricattare i padri mettendo di mezzo i figli o di denunciare a distanza di anni – a mezzo stampa e non nei tribunali dove c’è la possibilità di difendersi – violenze, molestie, abusi o avance sessuali come sta accadendo oggi. La violenza contro le donne non si combatte con la brutalità di leggi unicamente repressive, ma con più istruzione, più cultura, più rispetto dei diritti umani fondamentali per tutti.

Come si immagina tra 10 anni e come sarà l’Italia che verrà?

Ci vorrebbe Pannella per rispondere a questa domanda e per un semplice motivo: nella sua vita si è sempre comportato “come se” ciò che desiderava per se stesso e per la società in cui era immerso fosse stato già raggiunto. E’ così che, con il Partito Radicale, ha centrato obiettivi che sembravano impossibili ai più. Noi, per quel che possiamo, cerchiamo di fare tesoro di questa sua indicazione.

 

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