Colori del cuore: da Napoli-Juventus a… Marketing

Colori del cuore: da Napoli-Juventus a... Marketing

Una volta i bambini volevano essere bianconeri, giallorossi, biancocelesti. Oggi il mondo del calcio è cambiato… Già a partire dai colori.

Napoli-Juventus, o forse no?

Partiamo dalla partita di venerdì scorso, una delle classiche del calcio: Napoli-Juventus. Sud contro Nord, sfida scudetto, Azzurri contro Bianconeri.

E invece no.

La sfida del venerdì sera è andata in scena in modo molto diverso, almeno a livello estetico.

Partiamo dalla dichiarazione di Maurizio Sarri, allenatore del Napoli, a fine partita. “Io sono innamorato del calcio” esordisce “Sono talmente innamorato che vedere un Napoli-Juventus, grigi contro gialli, bhè, speravo di morir prima” conclude amaramente. Infatti, sia la squadra ospitante, sia quella ospite, sono scese in campo con le cosiddette seconde maglie. Così si è assistito ad una delle classiche del calcio, completamente snaturate, con il Napoli vestito di grigio-nero e la Juventus di giallo.

Com’era o come dovrebbe essere

Una partita che va in scena “sottomessa” al potere dell’economia, che riesce anche far cambiare sapore ad una delle sfide più belle del nostro campionato. Un tempo le divise per squadra erano solo due, quella “da casa” con i colori sociali del club e quella “da trasferta” con colori diversi, ma comunque con dei richiami a quelli “canonici”. Ad oggi a queste due divise, si aggiungono la terza, per le trasferte di coppa, e in alcuni casi anche la quarta, per far felice lo sponsor. Almeno una volta tutte queste divise devono essere utilizzate, anche non rispettando l’ordine “casa”, “trasferta”, “coppa”.

“Effetti speciali”

Ci ricordiamo le terze maglie di Inter e Roma di qualche anno fa, simpaticamente ribattezzate “Sprite” e “Fanta”, poiché, visti modello e colori, richiamavano proprio le lattine delle due famose bibite. O, nello stesso anno, la maglia del Barcellona con sfumature giallo-arancio che facevano sembrare Messi e compagni come se indossassero un simpatico pigiamino.

La Juventus, nella stagione 2011-2012, presenta una divisa rosa (primo vero colore sociale del club) con una grande stella nera che incornicia lo sponsor. Inutile enumerare tutte le critiche e i vari paragoni, tra cui “Sembra la maglia delle Barbie”. E questi sono solo alcuni degli effetti che un tifoso deve subire, guardando giocare la propria squadra, con un livrea che proprio non le appartiene. Colore che ha anche un certo effetto scaramantico su alcuni. Per esempio, in occasione dell’ultima finale di Champions, il Real Madrid, anziché scendere in campo con la “camiseta blanca”, come da programma, opta per la seconda maglia, di colore viola. Questo perché la Juventus avrebbe dovuto giocare con la divisa blu, per via del regolamento, ma comunque ritenuta una sorta di talismano, per via delle numerose vittorie ottenute indossandola.

Inutile ripetere come sia andata a finire.

Come potrebbe essere…

Ecco come il marketing condiziona ormai anche qualcosa che ci sembra naturale. Infatti scelte come quelle appena raccontate vengono fatte in nome del famoso fatturato, che serve molto alle squadre. Soprattutto a quelle del calcio italiano, che sono le più “povere” fra i maggiori campionati europei. Serve, infatti, non solo vendere la maglietta con quel nome, ma anche di quel colore e di quel modello, perché ovviamente anche lo sponsor tecnico vuole guadagnare.

Eppure così a perdere è quell’aspetto affettivo tipico del calcio.

Se prima i bambini volevano essere bianconeri, giallorossi, azzurri e via dicendo, perché affezionati prima di tutto ai colori di quella squadra, così come ai loro simboli, ad oggi non è scontato che sia così.

Magari in un prossimo futuro, anziché essere magari biancocelesti, i bambini della Lazio preferiranno comprare una maglia blu elettrico, perché “questo colore è più figo”, o i bambini del Milan prenderanno le maglie nere, con le corna di un diavoletto che campeggiano sul davanti, perché “questa si che è una maglia, mostra chi siamo”. Parliamo ovviamente di esempi di quello che potrebbe essere; esempi di dove il marketing calcistico potrebbe portarci un domani.

Conclusione

Un domani già molto vicino, a giudicare da quanto visto negli scorsi giorni. O anche dal fatto che la Juventus stessa abbia cambiato logo, proprio in nome del fatturato, passando dallo scudetto classico ad un’avveniristica “J”. Lo stesso per quanto riguarda le felpe di molte squadre, che molto spesso ormai ricalcano quelle dei college americani, solo perché vanno di moda. Neanche gli stadi potranno fregiarsi più di nomi di personaggi storici del calcio, visto che anche su quelli gravano gli sponsor. Per esempio, se e quando avverrà, il nuovo stadio della Roma non potrà chiamarsi “Colosseo”, come ipotizzato da qualcuno, ma dovrà contenere il nome della squadra o quello dello sponsor che mette i soldi, in questo caso qualcosa come “Nike Arena”.

Così, in un calcio dove ormai le bandiere non esistono più, un numero porta milioni e quindi può o non può essere indossato, anche colori e simboli sembrano destinati a scomparire o comunque a passare in secondo piano. Perché l’economia governa ormai anche quelli che potremmo definire affetti. Allora, il richiamo di Sarri deve farci pensare perché, se siamo così innamorati, Napoli-Juventus non può e non deve essere grigi contro gialli, ma azzurri contro bianconeri. Altrimenti “meglio morir prima”.

Colori del cuore: da Napoli-Juventus a... Marketing
Credit: ANSA/ CEASARE ABBATE

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