Halloween, 40 anni dopo. In uscita nelle sale italiane il 25 ottobre, arriva all’undicesimo capitolo la saga della Notte delle streghe.
Si chiama solo Halloween, come il film di John Carpenter capostipite della saga, da cui lo separano 40 anni esatti. Con la regia di David Gordon Green, il nuovo capitolo della caccia al serial killer Michael Myers è uscito nelle sale americane il 19 ottobre e sbarcherà in Italia il 25. E a braccare il “mostro-fratello minore” d’America c’è, per la quarta volta, Jamie Lee Curtis, nel ruolo che le diede la notorietà: la baby-sitter/giustiziera Laurie Strode.
E il mondo incontrò la Notte delle streghe
Non sono molti i film che possono dire di aver segnato così a fondo la storia del costume. Se oggi Halloween è una festa globale che coinvolge tutto il mondo, lo si deve anche ad Halloween – La notte delle streghe, che nel 1978 catapulta John Carpenter nell’olimpo del cinema. Sceneggiato dal regista e dalla produttrice Debra Hill, viene girato a tempo di record in soli 20 giorni, con un budget di 300mila dollari. Ne guadagna oltre 50 milioni al botteghino e per lungo tempo detiene il record di incassi per una produzione indipendente.
La trama non potrebbe essere più lineare, come si conviene allo stile carpenteriano. Praticamente un archetipo: una baby-sitter che lotta contro l’”Uomo nero”, interpretato dal futuro regista Nick Castle. Debra Hill è stata davvero una baby-sitter, dunque può sbizzarrirsi con i ricordi. È del produttore esecutivo Irwin Yablans la trovata che farà la Storia: l’idea vincente di ambientare il tutto ad Halloween. Gli autori contano sul fatto che ogni bambino sa perfettamente chi è una baby-sitter, cos’è l’Uomo nero, cos’è Halloween (almeno in America, all’epoca. Dopo il film lo saprà tutto il mondo).
Tra gli eredi di Hitchcock
Il film del 1978 è un parente stretto di Psyco. Come il film di Hitchcock ha emancipato la precedente generazione del terrore, così i ragazzi guidati da Carpenter si ripromettono di fare con la propria. Nel 1960, Psyco sfida e sconfigge i tabù della propria epoca: la violenza del Bates Motel è un atto di sovversione edipica e sessuale. 18 anni dopo, i delitti di Mike Myers sono un atto di ribellione generazionale e l’arma che usa è lo stesso coltellaccio di provenienza perversamente domestica usato dalla “signora Bates”.
Figura chiave di Halloween è lo psichiatra che aveva in custodia Myers prima della sua evasione dal manicomio e che ora, come un moderno Van Helsing, gli dà la caccia. Il suo nome è Sam Loomis, proprio come il personaggio che in Psyco fermerà Norman Bates e “sua madre”. Ma c’è un cordone ombelicale (e non è un modo di dire) che lega i due film indissolubilmente. Nel film di Hitchcock la protagonista è Janet Leigh; nel film del ‘78 debutta come protagonista sua figlia Jamie Lee Curtis, nel ruolo dell’eroica Laurie che riesce a tenere testa al mostro e dissiparne, almeno momentaneamente, la minaccia.
Anche la colonna sonora, composta dallo stesso Carpenter in soli tre giorni, sembra citare Psyco e cercare lo stesso effetto straniante e cerebrale degli stridenti e grandiosi archi di Bernard Herrmann.
Addirittura Christopher Lee e Peter Cushing rifiutano il ruolo del medico Sam Loomis. Lo accetta Donald Pleasence, navigato e già affermato attore britannico con 107 film alle spalle, che diventerà uno degli interpreti-simbolo del cinema di John Carpenter, vivendo una seconda giovinezza artistica. Per dirla tutta, nemmeno a lui il copione piace molto. Ha accettato solo perché sua figlia è una fan accanita del primo film del regista, Dark Star.
Un mostro-bambino: i sensi di colpa del post-Vietnam
Volutamente o no, da sempre il cinema horror metabolizza e dà sfogo agli umori che covano sotto la pelle della società.
Vampiri, lupi mannari, vampiri, mostri di laboratorio incarnavano la minaccia ancestrale dei totalitarismi europei degli anni ‘30. Con la Guerra fredda, alieni con sembianze umane e liquami rossi (sic) capaci di contaminare e distruggere tutto alludono al timore del pericolo sovietico. Negli anni ’70, i rimorsi inestirpabili di una società che ha mandato i propri figli in Vietnam producono mostri senza volto e dalla psiche bambinesca, carnefici fai-da-te dall’infanzia violata e dall’innocenza perduta troppo presto che mietono vittime essenzialmente tra i propri coetanei.
Studenti in crisi ormonale, campeggiatori col pallino dei racconti paurosi, reginette del ballo che si credono dee e atleti con l’uniforme (!) della scuola che si credono intoccabili: a cadere sotto motoseghe, asce, mannaie sono, proprio come nel sud-est asiatico, quasi sempre giovanissimi. Negli anni ’80, It e Freddy Krueger, provvederanno, con le loro incursioni oniriche, a demolire definitivamente ciò che resta del “Sogno americano”. Il film sul maniaco che, nella Notte delle streghe, terrorizza Haddonfield, sonnolenta ma inquietante cittadina dell’Illinois, non fa eccezione e conferma l’horror come il più “politico” tra i generi.
Le citazioni
Il film contiene numerosi omaggi cinefili. L’inquadratura iniziale, un monumentale piano sequenza senza stacchi di quattro minuti, cita il “carrello” più famoso della storia del cinema, quello all’inizio de L’infernale Quinlan di Orson Welles, peraltro giovandosi di un’innovazione tecnica rivoluzionaria per i ’70, la steadycam, la cinepresa portatile.
Un mostro con la faccia da eroe. La maschera dell’assassino rimanda ironicamente a Star Trek: ha infatti le sembianze del capitano Kirk, opportunamente sbiancata e deformata. Originariamente dovrebbe essere, più banalmente, una maschera da clown. Nick Castle le prova entrambe. Quella da clown provoca grande entusiasmo e applausi della troupe; quella di Kirk ammutolisce tutti: la scelta è fatta. Il successo del film è immediato e con il passare dei decenni si consolida dando il via, com’era ovvio, a una quantità di sequel e prequel. Resta comunque difficile spiegare a chi è nato dopo il duemila che, in Italia, in un’epoca non remota, la festa delle streghe, così concepita, era qualcosa che si vedeva soltanto in tv.