Ecostenibilità. Un Giardino ci salverà

giardino in movimento

La sostenibilità ambientale, l’urgenza di migliorare il mondo e una transizione verso un’economia e una società più sostenibile passa anche dal concetto di giardino.

In tutti questi anni abbiamo sempre vissuto credendoci immortali, al di sopra di ogni cosa, animale o pianta che sia. Ed eccoci ora sempre più consci che la situazione sta cambiando. Con le sue ultime forze la Terra ci sta allertando, vuole farci aprire gli occhi sperando di riuscire a fermare questa spirale distruttiva facendoci tornare garanti e responsabili del nostro stesso ambiente. E mentre i potenti del mondo ne discutono, in questo quadro si inserisce il paradosso del paesaggista Gilles Clément secondo cui “l’ecologia si trova in contrapposizione diretta con il pensiero dominante, il quale continua a vedere il pianeta come un terreno di sfruttamento ad alto rendimento, illimitato, inesauribile”.

Esiste un termine coniato da Skolimowski, filosofo polacco della seconda metà del Novecento, che fa capo a un nuovo stadio evolutivo della razza umana, un nuovo individuo in grado di ristabilire un rapporto di rispetto e cura con l’ambiente che lo circonda: “homo oecologicus”, che è proprio quello che incarna l’architetto francese.

«Giardino del Terzo Paesaggio» sul tetto della vecchia base sottomarina di Saint-Nazaire (Francia)
«Giardino del Terzo Paesaggio» sul tetto della vecchia base sottomarina di Saint-Nazaire (Francia)

Il terzo paesaggio

Clément aveva esposto nel Manifesto del terzo paesaggio i principi alla base delle sue opere più importanti come il Parc André Citroën a Parigi o i giardini ultramoderni della Grande Arche alla Défense e Parc Matisse a Lille, possiamo anche trovarlo in Italia a Torino. Con “Terzo paesaggio” intende tutti quegli spicchi di paesaggio ai margini, rifugio per molte specie vegetali e animali, scrigni di biodiversità che sembrano esprimere la voglia della natura di riprendersi quanto un tempo era suo. 

Ibridi, non appartengono né alla luce dei campi per la coltivazione né all’ombra dei boschi ma a una nuova zona ignorata da tutti fino a quel momento.  E’ proprio in questi luoghi “improduttivi” secondo i criteri della nostra gestione del territorio, che in realtà la biodiversità riesce a sopravvivere.

Il giardino in movimento

Un giardino in movimento appare libero dai preconcetti, da quell’idea di prato all’inglese che lascia ora spazio a una specie di land art imprevedibile, frutto di un’ “agitazione planetaria” che mescola in maniera naturale tramite le forze della natura e l’azione animale e umana le diverse specie che si ridistribuiscono secondo la capacità di sopravvivere.  L’imperativo qui è accogliere, non scacciare, lasciando che se ne occupi la natura non per sfruttarla ma per lasciarla fruttare perché nel Giardino planetario del quale si è ospiti bisogna fare quanto più possibile a favore, e quanto meno possibile contro. Serve un nuovo giardiniere consapevole che il pianeta stia diventando sempre più sterile e improduttivo, capace di potare e consumare senza deturpare, produrre senza esaurire e vivere senza distruggere.

Giardini di Valloires (Argoules)
Giardini di Valloires (Argoules)

L’uomo diventa quindi un guardiano, un “intermediario tra le diverse specie” non influenzando però eccessivamente lo sviluppo autonomo del giardino e non aumentando l’agitazione planetaria più del necessario. Quest’interazione libera nel lungo termine rende il giardino particolarmente dinamico rendendo fondamentale la figura del giardiniere. Conscio della natura di tutte le alterazioni in atto, è lui che deve decidere quale strategia adottare per valorizzare la biodiversità e mantenere gli equilibri. Portando con sé che l’idea di un ambiente pronto a piegarsi alla visione razionale e ai nostri capricci non è più funzionale.

I concetti di Giardino in movimento, Terzo paesaggio o Giardino planetario virano verso una nuova visione della vita umana, in simbiosi con la natura.

Il giardiniere diventa così il vero creatore di un’opera in costante evoluzione: il Giardino in movimento, quello spazio lasciato libero di crescere spontaneamente.

Il giardino Planetario

Tutto ciò rappresenta in una prospettiva più ampia il nostro Pianeta, dove l’umanità può essere considerata la squadra chiamata per la manutenzione, anche se l’effettiva realizzazione di questo “Giardino planetario” è messa in pericolo dalla poca lungimiranza, spesso senza una coscienza ecologica di base. Per ora il lavoro è da rivedere: un patrimonio inestimabile è stato sacrificato e ora siamo al giro di boa, nel disperato tentativo di invertire la rotta. La responsabilità e la cura della Terra sono di tutti i suoi abitanti così come la salvaguardia delle sue ricchezze, date troppo spesso per scontate.

Quattrocentomila anni fa noi non facevamo paura a nessuno, adesso invece dobbiamo quasi imporci di trovare quanto prima una soluzione ai danni causati. Nulla potrà cambiare senza dei solidi progetti per la sostenibilità ambientale. Bisogna cambiare obiettivi. Puntare a un progresso reale delle condizioni di vita, ripulendo aria e fonti, costruendo città adatte al clima, abbandonando l’idea di coltivazioni intensive, configurando così un complessivo nuovo approccio anche a partire da modelli di pianificazione ecologica per poter promuovere una transizione verso una società finalmente più sostenibile ma soprattutto vivibile.

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