Scuola oggi, è necessaria una visione per traghettare i ragazzi nel futuro

scuola oggi- A lei per lei - Chiara Burberi

La scuola e l’istruzione sono oggi al centro di svariate polemiche, legate soprattutto alla didattica a distanza. Ma davvero la tecnologia è un problema o un ostacolo alla formazione dei ragazzi? O sotto il malcontento legato alle classi online si nascondono ben altre lacune?

Affrontiamo questo tema con la nuova protagonista della rubrica “ A lei per lei”, Chiara Burberi, ceo e co-founder della piattaforma online Redooc.com nata per sviluppare competenze di base come matematica, fisica, italiano, letteratura, inglese ed economia direttamente dal proprio smartphone.

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Chiara Burberi, Ceo e Co-founder di Redooc.com

La piattaforma nasce nel 2013 come risposta ad un dato sconcertante messo in luce dai test OCSE effettuati ogni anno ai ragazzi di 15 anni su materie come matematica, lettura e scienze: gli italiani ottengono un risultato scarsissimo, sono sotto il 35esimo posto su 70 paesi analizzati.

“Come è potuto succedere tutto questo? La matematica e la scienza sono alla base del progresso tecnologico di un Paese…” ci spiega Chiara Burberi, con la tipica foga di chi ha studiato approfonditamente quei dati di ricerca per trovare una soluzione al problema.

“Il Sole 24 Ore ci aveva fatto un articolo di due pagine, eppure non dava il minimo cenno sulle azioni da compiere per invertire la rotta. Per questo nasce Redooc, per dare un supporto ai ragazzi nel << leggere, scrivere e far di conto>>, dove per <<leggere>> intendiamo il comprendere, per <<scrivere>> la comunicazione in tutte le sue sfaccettature e per <<far di conto>> il saper ragionare, allenare lo spirito critico. Per esempio qualche giorno fa leggevo le recensioni sulla piattaforma e mi sono soffermata su un feedback meraviglioso << Mi piace Redooc perché mi fa ragionare>>.

Per arrivare a questo obiettivo, utilizziamo la gamification. Redooc.com è un grande gioco online dove si possono accumulare punti, salire di livello, acquistare avatar e partecipare a gare online, a livello nazionale o di istituto. Abbiamo più di 80.000 esercizi interattivi e sono tutti spiegati. Non sono giochi fini a se stessi, è un percorso di apprendimento a livelli di difficoltà crescente. Una vera e propria piattaforma di didattica, nata inizialmente per aiutare i ragazzi a imparare meglio la matematica, adesso è molto di più. Siamo nati dal liceo e ora abbiamo anche la scuola dell’Infanzia, primaria e secondaria di primo grado e anche l’università. Non è solo matematica ma anche italiano, fisica, inglese, Invalsi, educazione finanziaria, giochi di logica. I contenuti sono in continuo ampliamento.”

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Gamification su Redooc.com

A proposito di educazione finanziaria, da un report de Il Sole 24 Ore emerge che i giovani italiani hanno un livello di conoscenza molto scarso della materia. Eppure l’economia finanziaria è una matematica applicata alla vita quotidiana….

Se ci pensi le frazioni si iniziano a studiare in terza o quarta elementare, sono numeri decimali, delle percentuali. Questo concetto è il modo per rappresentare il costo del tempo, il cosiddetto tasso di interesse. Se ci facessero fare dei problemi e degli esercizi, non soltanto dividendo pizze e torte, ma ragionando con problemi sul tasso di interesse legati alla vita reale, ad esempio un mutuo, sarebbe più facile comprenderlo. Nel mondo anglosassone la statistica è la matematica applicata al quotidiano: significa leggere dei dati e saperli interpretare. Dovremmo studiare la matematica non solo per andare a fare ingegneria o astrofisica. Il problema è sempre lo stesso, il programma scolastico è faraonico e il metodo di studio è antiquato e fuori dalla realtà.

Eppure, se ci abituassero sin da piccoli ad un piccolo esercizio… Pensa alla Montessori, lei proponeva il “gioco della banca” ai bambini dell’asilo!

Nel mio lavoro, inoltre, propongo alle scuole delle attività di economia finanziaria per l’alternanza scuola-lavoro e mi sento dire dai docenti “queste cose sono complesse per i nostri ragazzi”. E io rispondo “Guardi professoressa, spieghiamo il tasso di interesse, ovvero il valore del tempo, con un cartone animato in cui c’è un ragazzo che aspetta due settimane a fare il regalo alla propria ragazza, poi lei lo pianta perché si stufa! Non possono non capirlo, raccontandolo così”.

Mi interesserebbe capire a questo punto se lo scoglio più grande per l’apprendimento attraverso i mezzi digitali sia rappresentato maggiormente dagli insegnanti, magari legati ad un vecchio metodo, oppure dai genitori, che fanno fatica a capire le potenzialità della tecnologia.

Se vediamo i grandi numeri, è facile dire che gli italiani sono scarsi in matematica e i docenti sono un po’ tradizionalisti. Ma fortunatamente, ci sono tanti docenti appassionati, non necessariamente giovani. Molti vedono Redooc.com come un potenziale ingaggio degli studenti, la difficoltà è nell’espandersi, farsi conoscere.

I genitori, invece, si lamentano che i ragazzi usano troppo lo smartphone e questo viene percepito negativamente. Ma si può pretendere il contrario da ragazzi e ragazze nati dopo il 2000, ormai molti nati con lo smartphone nel passeggino? Che non sfruttino questo meraviglioso mondo digitale? Certo, bisogna equilibrare anche con il cartaceo e con giochi diversi, però non si può vietare loro la tecnologia!

Inoltre, il fatto che ci sia stata una campagna denigratoria nei confronti della didattica a distanza non aiuta gli scettici a credere nei nuovi mezzi e purtroppo non giova ai ragazzi. In realtà bisognerebbe parlare della didattica a distanza con giudizio e oggettività, il problema non è nella tecnologia, ma nel come viene usata.

Ci vorrebbe uno storytelling positivo sulla didattica a distanza, cioè sulle potenzialità della didattica innovativa grazie all’uso del digitale, in presenza o a distanza, poco importa.

Poi è vero che gli adolescenti non amano studiare e spesso hanno preso la didattica a distanza come un pretesto in più per non studiare. Loro viaggiano su un’altra tecnologia, molto più veloce, come Tik Tok.

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Didattica a distanza

Cosa ne pensi di questo social?

Lasciando perdere balletti e tutto il resto, c’è un canale fortissimo su Tik Tok chiamato #imparacontiktok dove si apprendono delle cose pazzesche! C’è della roba di filosofia addirittura! Il tutto in pochi secondi. È ovvio che questo metodo di apprendimento così veloce non è comparabile con un’ora di spiegazione del professore che parla a studenti seduti in camera da letto, davanti ad uno schermo.

Eppure, nonostante il lockdown e il conseguente periodo di pandemia abbiano fatto interfacciare la scuola pubblica con la didattica a distanza, siamo lontani anni luce da un concetto di scuola online. Gli insegnanti si sono trovati impreparati ad affrontare questo cambiamento, secondo te perché?

Prima di tutto nessuno li ha mai formati. Gli insegnanti sono l’unica categoria di lavoratori in Italia che non viene controllata e non viene premiata o punita. 850.000 persone interagiscono ogni giorno con circa 7 milioni di studenti e nessuno li controlla. Tutto sta alla passione e al cuore dei singoli e fortunatamente ce ne sono molti che lavorano con dedizione, io ricordo ancora i miei professori bravi, persino quelli della scuola elementare. Il Ministero dell’Istruzione si limita a fare recruiting e a pagare gli stipendi, ma non li controlla, non li gestisce, non li valuta e non li forma. Dovendosi autocontrollare, gli insegnanti possono metterci tutta la passione e la determinazione nel fare bene il proprio lavoro, un lavoro complesso, per inciso, oppure si lasciano andare.

Il Ministero non aiuta neanche per quanto riguarda la burocrazia che c’è dietro la didattica a distanza… Un sistema macchinoso e lento. Cosa si poteva fare per snellire tutta la macchina burocratica e organizzativa delle lezioni a distanza?

Sono caricati di scartoffie da compilare! E ci sono anche delle linee guida sulla privacy paradossali rispetto all’uso che viene fatto dei social. Non c’è una strategia, non c’è una visione del nostro paese fra 20 anni e questo si riflette anche nell’educazione. Senza una linea guida, ci si muove in modo tattico. Arriva la pandemia? Allora bisogna fare la didattica a distanza! Però le scuole dopo l’estate hanno fatto comprare ai genitori i libri cartacei tradizionali, non hanno incentivato l’acquisto di notebook o tablet.

Come anche gli investimenti fatti su banchi e sedie con le rotelle che hanno fatto discutere tantissimo…

Non dovremmo parlare di questo, ma di ben altro! Noi abbiamo un livello di abbandono scolastico preoccupante. Siamo quartultimi tra i paesi dell’ONU per quanto riguarda la qualità dell’educazione. Ne ha parlato qualcuno nell’ultimo anno?

L’abbandono scolastico è ovunque, nelle scuole medie tantissimi bambini non si presentano a scuola, per problemi all’interno nel nucleo familiare, per loro fragilità caratteriali. Anche le disabilità sono gestite male dalle scuole. La situazione è molto complicata. Di tutto questo si dovrebbe parlare, non dei banchi con le rotelle.

Come si potrebbe invertire la rotta e migliorare dunque la didattica a distanza?

La situazione dovrebbe essere gestita. Per esempio il Ministero ha lanciato molti bandi negli ultimi mesi, ma sotto la voce “Didattica a distanza” possiamo ritrovare un po’ di tutto, anche l’acquisto dei dizionari di carta. Non si possono fare dei bandi che le scuole non sanno applicare perché non hanno le competenze tecniche per farlo. Il Ministero in questo caso è come se fosse un’azienda e le scuole sono le sue filiali. Se rende disponibili dei fondi dovrebbe assicurarsi che questi vengano utilizzati in maniera consona e da parte di tutte le scuole e, qualora non vengano utilizzati, dovrebbe capirne il motivo e intervenire.

La parola che mi viene in mente addentrandoci sull’argomento dell’educazione è “Controllo”, non c’è qualcuno che monitori le azioni di scuole, insegnanti, alunni….

Visione, guida e controllo. Sono parole fondamentali per la scuola. Pensiamo per esempio al fatto che con la pandemia si sono annullati gli esami, è stato dato il sei politico a tutti, i debiti a settembre sono stati cancellati… i ragazzi hanno cumulato lacune spaventose! Molti docenti non credono nella didattica a distanza e si sono rifiutati di fare lezione. In Italia c’è la libertà didattica, nessuno può costringere un docente a fare lezione.

Sono circolate varie stime: 2 milioni su 7 sono gli alunni che non hanno avuto supporto didattico nel lockdown della primavera, però nessuno ne parla. Non è un problema di età, conosco molti insegnanti sessantenni che fanno miracoli! Poi non è così difficile collegarsi a Meet, se non lo sai fare puoi chiedere aiuto ad un figlio o ad un nipote. Dal momento che non c’è una visione vengono però a mancare anche guida e controllo. Devi essere fortunato e capitare nella scuola giusta, con il gruppo di professori giusti.

La distanza esaspera quindi una situazione che già normalmente c’è: insegnanti bravissimi che lavorano al meglio e altri che non lo fanno. La socializzazione poi… I ragazzi soffrono tanto, non hanno fiducia nel futuro. Hanno perso tanto in questi mesi, il rapporto con i coetanei, lo sport, le loro passioni.

I ragazzi infatti sono stati al centro di polemiche per quanto riguarda la diffusione del virus, la noncuranza delle regole di distanziamento… Non bisognerebbe generalizzare in questo modo e riversare tutto su di loro.

I ragazzi sono spesso migliori di noi. Inoltre dobbiamo smetterla di mettergli i bastoni fra le ruote perché il futuro è loro, mica nostro! La mia generazione dovrebbe avere il coraggio di dire dove ha sbagliato e smettere di continuare a sbagliare, per miopia. Abbiamo lasciato loro un mondo complicato, una situazione ambientale disastrosa e in più li vogliamo ingabbiare in un medioevo tecnologico, tagliandoli fuori dal mondo. I ragazzi hanno talenti nascosti e sono in grado di fare cose meravigliose, basta dare loro l’opportunità.

La figura del professore come potrebbe cambiare e stare di conseguenza più al passo con i tempi?

Gli insegnanti replicano quello che hanno già vissuto: loro hanno imparato ascoltando il professore e ripetendo a memoria quel che veniva detto, allo stesso modo insegnano ai loro alunni. Questa modalità di ripetere pedissequamente contenuti o azioni altrui non è valida per il mondo del lavoro. Non possiamo permetterci una generazione di ripetitori!

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Come imprenditrice non voglio che i miei colleghi sappiano fare quello che faccio io, anche perché posso solo sognare di avere le loro competenze tecnologiche e social. È un mondo veloce il nostro, quindi per progredire devi far leva per forza sui giovani. In cambio puoi solo fare da guida.

Di conseguenza non si tratta solo di formare di più i docenti, una sola leva non basta se poi non li paghi abbastanza, non li valuti, non li premi e non li punisci. Formare con quale obiettivo? Qual è il tuo ideale di docente? Qual è l’obiettivo di apprendimento? Non puoi formare a prescindere. Ritorna di nuova la questione della visione. Nel mondo anglosassone ad esempio è normale fare lavori diversi, tra cui anche il docente.

Il professore in Italia non è una carriera. Uno nasce e muore professore, al massimo può diventare preside. Ci sono 8000 presidi in Italia e i professori sono circa 850.000. Non è una carriera, ma un terno al lotto. Un’azienda deve creare dei percorsi di carriera per incentivare le persone a dare sempre il massimo, a non adagiarsi. Questo percorso nel mondo della scuola non esiste. Quelli bravi vanno al lavoro tutti i giorni con passione, disponibilità e cuore e gli altri perdono la voglia, non hanno stimoli, si stufano anche perché, diciamolo, non è un lavoro facile.

Per esempio tutti parlano del metodo didattico finlandese che è famoso per essere uno dei migliori. Ebbene, 20 anni fa il governo finlandese ha deciso che essere insegnante sarebbe stato un onore. Lì è molto difficile diventare insegnante, di conseguenza, il lavoro nel mondo dell’educazione oltre che essere stravalutato è anche strapagato.

Dato che non possiamo permetterci una generazione che ripete nozioni a memoria, come può cambiare il metodo di apprendimento?

Per esempio nelle scuole inglesi c’è questa materia che si chiama “Global Prospective” nella quale i ragazzi imparano a scrivere, fare ricerche e soprattutto ad argomentare, a supportare i pro e i contro dell’argomento discusso. È paradossale che adesso  si parli come grande innovazione del metodo del “debate”. Proprio noi, la culla della Mediterraneo che portiamo avanti come innovazione anglosassone quello che già facevano Greci e Latini e che noi abbiamo dimenticato.

Ti racconto un altro aneddoto per farti capire quanto siano importanti “le classi rovesciate”. Quando ho fatto l’Erasmus presso la London Business School, durante la lezione di finanza il professore ci ha detto per la settimana successiva di preparare due capitoli. Io preparai i capitoli: li lessi. Alla lezione, tutti i ragazzi anglosassoni avevano studiato quei capitoli e cominciarono a interrogare il professore chiedendo spiegazioni sulle opzioni. Per me era qualcosa di eccezionale. Da lì capii cosa voleva dire una “classe rovesciata”. Indimenticabile. In questo modo dai tempo ai ragazzi di capire e di approfondire alcuni temi e li puoi guidare nel processo di apprendimento.

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La scuola italiana, invece, valuta e basta, non guida in un processo di apprendimento. Anzi, si crea un clima per cui se fai una domanda vuol dire che non hai capito e risulti quasi stupido, ricordo ancora quando a scuola avevo paura di fare troppe domande.

L’impianto logico dell’apprendimento non è “ti racconto una cosa, tu la ripeti in maniera identica e ti valuto”.

Durante una lezione di matematica si sente spesso la frase “hai saltato un passaggio”, ma non è giusto dire così! Perché nessuno può decidere in quanti passaggi devo risolvere un problema. La vera matematica è trovare un’altra soluzione al medesimo problema. La vera matematica è porsi delle domande. In Finlandia non esistono le soluzioni ai problemi, perché si discutono in classe con il professore. Non è l’obiettivo arrivare alla soluzione, l’obiettivo è come ci sei arrivato, attraverso il percorso di apprendimento. Ma ci pensi che salto quantico?

Alla luce di tutto questo e dell’ultimo anno segnato dalla pandemia che ci ha fatto mettere in discussione tanti aspetti della nostra vita…come dobbiamo immaginarci la scuola del futuro?

Ripeto, se non c’è visione non c’è strategia, se non c’è strategia non c’è realizzazione. Si andrà avanti passo passo a tentoni, in maniera tattica. Adesso per esempio si riapriranno le scuole a gennaio e si farà di nuovo storytelling negativo sulla didattica distanza, urlando a gran voce “fortuna si torna a scuola”. Saremo nel 2021 e tutti contenti perché gli studenti tornano ai libri di carta!

Questo è un tema di paese. Pensiamo a quello che è successo con il reddito di cittadinanza. Quando è stata accolta questa proposta è passato il messaggio che fosse meglio stare seduti sul divano piuttosto che incentivare l’assunzione dei giovani da parte delle aziende. Questa è la potenza della comunicazione. È facilissimo prendere una decisione altrettanto forte nell’educazione. Basta decidere le materie per traghettare i ragazzi nel futuro e il metodo da applicare. E fare uno storytelling positivo sul potere dell’educazione come investimento per il futuro.

All’ingresso della Nasa c’è scritto che per diventare astronauta devi studiare “matematica, matematica, matematica”.

Nel mondo anglosassone le materie di base sono due: matematica e inglese.

In Francia: matematica e francese.

Nella scuola inglese sono 4 le materie obbligatorie e 4 sono a scelta dello studente. Arte, musica e teatro ci sono sempre come materie a scelta.

Noi invece, la culla dell’arte e del Rinascimento, abbiamo abbandonato queste materie!

Mettendo insieme tutto questo è molto facile avere un’idea di futuro: poche materie di base, ben fatte, sperimentali, concrete, scelte secondo il talento e gli interessi, grande utilizzo ATTIVO del digitale, non passivo.

Ovviamente, per riuscirci, c’è bisogno dell’intervento politico. Bisogna porsi questa domanda: l’Italia fra 20 anni cosa vuole essere? 

 

Ed è proprio questo il tema che dovrebbe essere in cima alla lista di priorità di un paese: il proprio futuro. Questo è rappresentato da tutta la nuova generazione, quella che viene demonizzata perché usa troppo lo smartphone o fa video su TikTok. Eppure sono loro che coltivano le competenze del domani, sono loro quelli che hanno conoscenze pazzesche e illimitate perché hanno avuto l’opportunità di ampliare i propri orizzonti non chiudendosi in preconcetti antiquati e macchinosi.

Il più grande sbaglio è rinchiudere i ragazzi, gli adulti del domani, in gabbie che non gli appartengono. Devono prendere in mano la loro vita e volare. Esisteranno sempre i giovani bravi, dotati di talento e forza di volontà, ma come ripete spesso Chiara nel corso dell’intervista “non sono loro a preoccuparci, sono tutti gli altri che da soli non ce la possono fare. E la scuola dovrebbe guidarli, perché la scuola è per tutti”.

Avere una visione chiara e al passo con i tempi dell’educazione aiuterebbe a creare una strategia da seguire, solo così possiamo “far volare” le nuove generazioni, perché sono loro gli attori di questo palcoscenico. Gli adulti invece non possono che essere ospiti e testimoni di questa ascesa che non andrebbe ostacolata, ma seguita con metodo, controllo e dedizione.

Eh sì, anche a costo di scaricarsi Tiktok.

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