Fare squadra per l’inclusione: dall’Atletico San Lorenzo assist alla parità di genere

Fare squadra per l'inclusione: l'Atletico San Lorenzo e l'assist alla parità di genere

#Unaltrogeneredisport è quello che rivendicano gli atleti della società romana Atletico San Lorenzo, posando in mutande sul campo da gioco. Testate nazionali e locali hanno ripreso la notizia, postata per denunciare la vicenda che ha coinvolto Alice Broccoli, allenatrice di una squadra di giovanissimi dell’Asd San Martino a San Leo, licenziata per aver pubblicato foto in intimo sul proprio profilo instagram. Ne abbiamo parlato con Lorenzo Diana, difensore della squadra.

Alla notizia, considerata “da medioevo”, del licenziamento di Alice Broccoli per aver pubblicato una foto in intimo sui social, la società romana Atletico San Lorenzo risponde con un piccolo e provocatorio gesto che, forte di un lavoro di squadra, finisce per avere una risonanza inaspettata. La squadra ha postato infatti una foto in mutande, di denuncia per solidarietà con Alice.

E allora ci chiediamo cosa ha veramente voluto mettere a nudo questa foto? Il mondo dello sport, come la società, soffre ancora di pregiudizi e stereotipi di genere che, spesso con l’assist del social, segnano punti importanti? E’ anche un mondo da cui ripartire?

In occasione dell’8 Marzo, ne parliamo con Lorenzo Diana, difensore della squadra di calcio a 11 Atletico San Lorenzo e tra i promotori e protagonisti della “foto in mutande”.

Ciao Lorenzo e grazie per aver accettato di fare una chiacchierata con noi. Partiamo dal post o meglio da cosa c’è dietro il post. Qual è stata la tua e la vostra reazione all’accaduto e com’è nata la vostra iniziativa?

Quando abbiamo saputo cosa era successo ad Alice ci è venuto in mente: facciamo anche noi una foto, a torso nudo. Abbiamo parlato nel gruppo whatsapp della squadra, è iniziata quasi per scherzo e poi pian piano abbiamo definito l’idea finale della foto in mutande. In squadra siamo stati tutti molto d’accordo. Lo sottolineo perché questo non è scontato. L’atletico è una realtà particolare, anche per come è strutturata la società: una squadra di calcio popolare, finanziata tramite le iniziative dei suoi soci, ma dove non c’è presidente, né sponsor, quindi chi arriva da noi avverte la differenza rispetto alle società “classiche”. Una parte di atleti abbraccia in pieno questa mentalità e partecipa attivamente a tutte le iniziative. La loro adesione al post era quasi scontata ma in squadra ci sono ovviamente persone meno partecipi e coinvolte e magari con opinioni, valori ed esperienze diverse. Alla fine, la squadra è uno specchio della società, uno specchio che al di là delle differenze ha trovato di fronte alla proposta tutte persone pronte a non tirarsi indietro.

Qual era il vostro obiettivo?

Nel nostro piccolo, su scala dilettante e di quartiere abbiamo fatto quello che sarebbe bello facesse un calciatore famoso. Noi volevamo parlare al quartiere e ai quartieri limitrofi, volevamo far venire fuori la diversità di trattamento che spetta a uomini e donne. Mostrando come un corpo seminudo di un uomo provoca reazioni diverse da un corpo seminudo di una donna. E per farlo abbiamo pensato che dovevamo essere tutti uomini. Pensa il paradosso, Alice con una foto semi pubblica è stata licenziata, noi con una foto in mutande siamo andati a finire su twitter o instagram di vanity fair, “il massimo momento di notorietà della mia vita” scherzo ovviamente.

Fosse successo a te come avresti reagito?

Per una foto in mutande non mi avrebbero licenziato.

Soffermiamoci un attimo sul mondo dello sport, nel mondo del calcio sembra ancora, ad oggi, come avete ben sottolineato voi, che una donna fatichi il doppio per farsi accettare…

Una donna nel calcio fatica molto di più innegabilmente. Senza pensare alla serie A, pensiamo al calcio dilettantistico. Anche una società sensibile a questo tema come la nostra non ha una dirigente donna aggregata al calcio a 11 maschile. Io non ho mai visto una dirigente donna, e frequento campi di calcio e società in tutta la regione da 30 anni. A volte ho incontrato arbitri donna ma tipo una volta su 30. Sicuramente c’è ancora una mentalità del non fidarsi a dare una donna alcune responsabilità, ancora è prevalente l’idea di “se sei donna di pallone non capisci niente”. Ma se ci pensi chi fa un corso di allenatore, donna o uomo che sia, è bravo allo stesso modo. Chi non è capace, non è capace e basta che sia uomo o donna.

…Però lo sport può rappresentare uno strumento per contrastare questi fenomeni, tante iniziative lo dimostrano. Che impatto hanno secondo te?

Le iniziative non mancano sicuramente, pensiamo ad esempio ai calciatori che mettono una striscia colorata sul volto o all’iniziativa della Roma Cares in occasione del 25 Novembre di produrre cartelloni con la scritta “amami e basta”, per sensibilizzare contro la violenza e il femminicidio. Belle iniziative ma a parte questo, non ho sentito nessun calciatore parlare di quanto il femminicidio sia un forte dramma della società di oggi.

Credo, in generale, manchi una reale consapevolezza del tema e di quello che possiamo fare. Io sono un padre di un bambino e una bambina e un calciatore dilettante, voglio e posso avere un impatto! ma è sicuramente limitato rispetto a quello che potrebbe avere un calciatore famoso che decida di denunciare il modo in cui viene veicolata la figura delle donne nello sport.  forse questo contribuirebbe di più a ridurre i femminicidi.

“Consapevolezza” e “sensibilizzare” mi sembrano due parole chiave… Tornando alla vostra iniziativa, credi che la partecipazione di tutti derivi anche da una acquisita consapevolezza e sensibilità nella vostra squadra?

Nel nostro caso, devo dire che abbiamo una squadra femminile molto determinata, che negli anni ha condiviso con noi messaggi importanti, direttamente e indirettamente. Nel mio caso questo si combina anche con la presenza della mia compagna a casa, sensibile all’argomento.

Mi preme sottolineare, partendo dal nostro esempio, che nello sport popolare anche la “sensibilità” di uno spogliatoio di uomini, si riesce a levigare. E noi un po’ ci siamo riusciti per merito delle ragazze, della società, della nostra squadra, della partecipazione alle iniziative della società che vanno al di là del calcio e che fanno si che si diventi più consapevoli e sensibili rispetto ad alcuni temi.

Un altro aspetto che secondo me ha giocato e gioca un ruolo importante è la presenza di un ragazzo omosessuale in squadra. Questo ci ha sensibilizzati all’inclusione e alla diversità. E nell’ambiente del calcio, in uno spogliatoio dove vige il machismo, dove si fa la doccia insieme, non è una cosa banale e comune dichiarare di essere omosessuale. Anche questo aspetto è stato importante per far crescere la nostra consapevolezza rispetto al fatto che non siamo diversi.

Così, abbiamo creato un ambiente più inclusivo, merito del contributo di tutti, e sensibilità e consapevolezza ci hanno portati a questa iniziativa. Lavorare insieme ci ha fatti passare dal sensibilizzarci a sensibilizzare. Bisogna giocare tutti insieme per arrivare a questi risultati!!!

Ognuno di noi può scendere in campo e a piccoli passi contribuire alla partita più importante: quella dell’inclusione.

Grazie Lorenzo e in bocca al lupo!

di Linda Rombolà

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