Labsitters, imparare l’inglese non è mai stato così divertente

Labsitters - Intervista A lei per lei

Con l’arrivo di marzo e le sue prime carezze di agognata primavera, diamo spazio ad una nuova protagonista della rubrica “A lei per lei”, Giulia Fantacci, fondatrice della start up Labsitters, nata a Firenze nel 2016.

Un’imprenditrice che ha fatto delle sue passioni un lavoro a 360° dedicato alla formazione di bambini e ragazzi, finalizzato alla conoscenza delle lingue straniere.

Proprio in questo mese in cui si festeggiano le donne, il nostro editoriale vuole porre uno spunto di riflessione ben preciso. Oltre agli auguri e alle mimose, quello che ci importa sapere è la risposta alla seguente domanda: la parità di genere esiste davvero in tutti i settori?

Se ancora ci poniamo certi quesiti, vuol dire che non c’è ancora una risposta affermativa.

Per questo la rubrica “A lei per lei” vuole parlare di donne imprenditrici, di idee, di progetti nati, realizzati e portati avanti dalle cosiddette “quote rosa”.

Perché non se ne parla abbastanza, perché abbiamo bisogno di conoscere e sentirci ispirate da situazioni, opportunità e difficoltà vissute sulla pelle di chi ha avuto il coraggio di dire “Mi butto, ci provo!”

Ed è andata un po’ così anche per Giulia Fantacci, ragazza italoamericana che ha creato un nuovo modo di concepire l‘insegnamento dell’inglese e delle lingue straniere: attraverso il suo gruppo di Labsitters, persone a metà tra babysitters e insegnanti madrelingua di inglese, viene applicato un metodo di apprendimento diverso, attivo e soprattutto ludico.

Attraverso laboratori, attività di cucina, scienze e sport i bambini imparano la lingua straniera divertendosi, giocando e collaborando fra di loro. È più facile apprendere parole, frasi e pensieri di un’altra lingua se estrapolati dalla vita quotidiana.

Labsitters - Intervista A lei per lei
Giulia Fantacci, fondatrice di Labsitters

Parliamo, quindi, con Giulia di questo fantastico progetto e di come è nato fino a trasformarsi in una start up di successo.

Sono stata fortunata perché ho una nonna americana e da adolescente ho frequentato le scuole americane. Sin da piccola amavo stare con i bambini, per questo come lavoretto a 16 anni facevo la babysitter e insegnavo l’inglese. Subito capii che c’era un problema di fondo: i bambini non sapevano l’inglese, nonostante venga studiato a scuola, non sapevano formulare le frasi perché mancavano le basi. Da questa esperienza cominciai a pensare a Labsitters, tanto da farlo diventare argomento della mia tesi in International Management.

A due settimane dalla discussione della tesi ho costituito la società. Da qui è iniziato tutto. Inizialmente le lezioni erano tutte a domicilio, poi sono nate altre attività come laboratori, centri estivi, animazione, feste ed eventi.

La crescita come start up è avvenuta senza rimanere troppo attaccati all’idea iniziale.

Bisogna cambiare, vedere quello che funziona o no e adeguarsi anche alle esigenze del proprio target. Adesso, dato il periodo storico e la pandemia in corso, le lezioni sono esclusivamente online. Stavo già studiando questo nuovo format, facendo tutte le analisi di mercato necessarie e doveva partire nel 2022. Ovviamente con l’arrivo del Covid 19, abbiamo dovuto anticipare i tempi.

Questo cambiamento forzato dalla pandemia è risultato positivo? Riesci a lavorare nella famosa modalità smartworking anche nel tuo settore?

Sì, ora le lezioni sono principalmente online e hanno riscosso un grande successo. Abbiamo elaborato questo servizio senza mai dimenticarci delle caratteristiche dei nostri corsi in presenza dove c’è una parte fisica, attiva. Mandiamo, infatti, a casa dei ragazzi una box con tutto l’occorrente per partecipare. La modalità online ci ha permesso anche di offrire qualcosa in più rispetto alle lezioni a domicilio.

Come emerge dalle tue esperienze e come dichiari in una precedente intervista in te vivono due “anime”: una legata all’educazione dei bambini e una prettamente imprenditoriale. Quale ti aiutato di più nel creare Labsitters o comunque che ruolo hanno svolto?

Bella domanda! Ti direi che nessuna delle due ha prevalso sull’altra, perché non avrei potuto fondare Labsitters senza l’aiuto di entrambe. Molte start up possono contare sin da subito su un team di persone che rivestono ruoli separati. Nel mio caso, essendo sola, queste anime con le loro differenze e peculiarità, mi hanno aiutata tanto, anche a rivestire più funzioni e competenze.

All’inizio potevo contare solo su me stessa, ho iniziato davvero con poco o nulla, giusto qualche soldo messo da parte.

Infatti immagino che questa fase iniziale sia stata difficile e complicata. Quali difficoltà hai incontrato e quali invece sono state le opportunità sin da subito?

La difficoltà principale nel mio caso è stata dover gestire tutto da sola all’inizio, senza potermi relazionare e/o confrontare con qualcuno. Ti faccio un esempio concreto della mia giornata tipo quando ho lanciato la start up: la mattina andavo davanti alle scuole a dare i volantini di Labsitters alle mamme e alle famiglie, il pomeriggio facevo i laboratori, le fatture la notte e la pianificazione dei social alle 4 del mattino. Sono stati anni faticosi, ma estremamente belli. Sentivo che stavo creando qualcosa che piaceva, le famiglie che richiedevano i corsi erano sempre di più.

Il salto di qualità è stato fatto quando Labsitters è entrato nel circuito dell’acceleratore Nana Bianca. Offrono formazione su diversi argomenti studiati appositamente per le start up, un coworking per lavorare con i colleghi e un budget di investimento. Questo mi ha aiutato molto, non solo ad avere un supporto di tipo economico, ma anche perché ho conosciuto persone che stavano vivendo la mia stessa esperienza. In questo modo ho potuto strutturare l’azienda e accrescere il team.

Le lingue straniere sono il tallone d’Achille per i ragazzi italiani, cosa si potrebbe fare per invertire questa rotta?

Si potrebbe fare molto, ma bisogna partire dalle basi: dal Miur, dal metodo di insegnamento… E’ necessaria una piccola rivoluzione. A volte il problema sono anche gli insegnanti che non hanno una formazione sufficiente delle lingue straniere. Non possiamo pretendere che i bambini imparino bene le lingue con un sistema del genere. Questa situazione è un peccato perché io credo molto nella scuola pubblica italiana a livello di formazione e percorsi, nonostante abbia frequentato la scuola americana che è improntata più su altri aspetti. Se ci fosse più attenzione alle lingue, la scuola italiana diventerebbe ancora più valida e, quindi, migliore.

Con Labsitters cerchiamo di riempire questa lacuna, di dare un supporto con i nostri corsi di inglese innovativi.

Le Labsitters sono quasi tutte donne, come ti trovi a lavorare in un team quasi totalmente a quote rosa?

Sì, diciamo che il 99% del team è femminile. Noi non abbiamo mai avuto problemi, perché siamo complici fra di noi, viviamo sulla stessa lunghezza d’onda. Piccole gelosie o pregiudizi ci possono essere, ma non solo fra donne, non è una cosa di genere, gli uomini non ne sono immuni!

Il fatto che siamo quasi tutte donne, anche in ufficio, non è stata una cosa voluta, ovviamente faccio colloqui senza distinzioni di genere. Semplicemente la scelta è ricaduta sulle persone con le quali c’era più feeling lavorativo, il caso ha voluto fossero quasi tutte donne. Ci tengo particolarmente a realizzare attività di team building con i miei colleghi, dal semplice aperitivo, fino a svolgere delle attività ludiche insieme come pattinare sul ghiaccio, cucinare tutti insieme. Anche adesso che il nostro lavoro si è spostato online, ci inventiamo sempre qualcosa di diverso da fare assieme, per questo mese è una escape room!

Labsitters -Intervista a Lei per lei
Labsitters- Team

Nel tuo percorso c’è qualche donna che in qualche modo ti ha ispirata?

In realtà sono state diverse, non ce n’è solo una. Bisogna prendere spunti da più persone, così da trovare nuove idee e modi di lavorare. Nel mio caso sono state davvero molte: da Emma Marcegaglia a Chiara Ferragni, da Miuccia Prada a Fabiola Gianotti… Ma anche tanti uomini, imprenditori e founder di start up hanno ampliato il mio bagaglio di conoscenze con le loro storie ed esperienze.

Cosa consiglieresti ad una giovane donna che vuole lanciare una start up?

Il primo consiglio è “buttarsi!”, non bisogna aver paura di fallire. Il secondo consiglio è di farsi aiutare il più possibile, soprattutto in fase iniziale, seguire eventi dedicati al settore in cui si vuole lavorare, conoscere le storie di altri founder. Il terzo consiglio è di affidarsi ad acceleratori o incubatori come Nana Bianca per poter crescere di più e ampliare il proprio team.

Non bisogna rimanere chiusi e cercare di fare tutto da soli, perché diventa estenuante e difficile. In questo lavoro bisogna anche farsi ispirare tanto e soprattutto imparare dagli errori degli altri. Tutti leggono e studiano casi di successo, ma in realtà è da quelli fallimentari che si impara di più!

Labsitters -Intervista a lei per lei

 

L’esperienza di Giulia Fantacci ci insegna che un’idea può diventare una start up di successo attraverso le proprie conoscenze e attraverso una rete solida che permetta di delegare compiti e mansioni, perché da sole è difficile arrivare a traguardi sempre più grandi. Le storie di successo possono insegnarci tanto, ma è dagli errori che si impara di più.

Su queste importanti premesse è nato Labsitters, progetto che offre ai bambini e ai ragazzi un servizio di corsi e lezioni di inglese in maniera nuova, attiva e soprattutto ludica. Questo significa dare alle nuove generazioni gli strumenti necessari per affrontare il futuro, significa dare agli adulti del domani la possibilità di non arrivare impreparati e timorosi verso le lingue straniere.

Perché, diciamoci la verità, non abbiamo bisogno di altri “First reaction…Shock…Because…”.

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