Nelson Mandela: un simbolo della lotta all’odio

Nelson Mandela: un simbolo della lotta all’odio

Il coraggio di un uomo che ha liberato il suo Paese da odio e razzismo, lottando per libertà, uguaglianza e pari diritti per il suo popolo.

Nelson Mandela: un esempio di lotta

Nelson Mandela, esempio di libertà e simbolo di coraggio nella lotta contro il razzismo, è stato per anni l’idolo di intere generazioni. Il suo irrefrenabile attivismo socio-politico gli ha procurato varie ripercussioni negative sul piano della libertà personale, per via della risonanza internazionale delle sue attività.

Ciò nonostante non si è mai arreso: ha continuato a lottare per ciò in cui credeva, fino a liberare la sua gente dalle catene del razzismo, realizzando il sogno di in un Paese libero dall’odio e dalle differenze sociali. In un momento storico nel quale è ancora centrale la lotta ai discorsi d’odio, viene quindi spontaneo pensare al pluripremiato leader sudafricano.

Ma chi era Nelson Mandela? E come è arrivato a coinvolgere milioni di persone nella lotta contro l’odio verso le popolazioni nere? Per capirlo, dobbiamo ripercorrere la sua storia e comprendere il contesto che lo ha segnato.

Le origini di Nelson Mandela

Considerato il sovvertitore delle leggi razziali (c.d. apartheid o “segregazione razziale”), nonché idolo ispiratore di generazioni, Mandela nasce il 18 luglio 1918 a Mvezo, un villaggio del Sudafrica. A quei tempi il Paese era uno Stato debole, dipendente dal Regno Unito, all’interno del quale i bianchi godevano di una posizione di supremazia rispetto ai neri, per il solo fatto di avere colori di pelle diversi.

Difatti, sebbene l’apartheid – in quanto politica discriminatoria a favore dei bianchi contro i neri – venne istituzionalmente costituita nel 1948, essa aveva già avuto inizio dai primi anni del 900’, subito dopo l’unificazione del Paese che, tuttavia, permaneva sotto la dipendenza britannica.

Il nome originale di Nelson era Rolihlahla Dalibhunga Mandela e suo padre, Gadla Henry Mphakanyiswa, era un capotribù presso i Thembu, un sottogruppo del popolo degli Xhosa; questi ultimi, ad oggi, formano il secondo gruppo culturale più numeroso del Sudafrica. Dopo aver sfidato un magistrato britannico, il padre di Rolihlahla viene privato della sua funzione di capo, del titolo e della terra.

Da attivista politico…

Vuoi per genetica, vuoi per profezia, Rolihlahla significa “attaccabrighe” in lingua Xhosa. A soli 9 anni Rolihlahla perde il padre e viene adottato da un reggente dei Thembu. Il tragico evento spinge la famiglia a trasferirsi a Qunu, un piccolo villaggio a nord di Mvezo, agli albori di qualsivoglia progresso.

Rolihlahla fu il primo della sua famiglia a frequentare la scuola e come tutti i bambini Xhosa frequentò una scuola missionaria, a Qunu. Fu la sua prima insegnante a conferirgli il nome di Nelson, quest’ultimo più semplice da ricordare e da pronunciare rispetto a Rolihlahla.

… A Presidente dell’African National Congress

Terminate le superiori, dato lo strenuo interesse verso la difesa dei diritti delle popolazioni nere, Nelson decide di proseguire gli studi nel campo giuridico presso l’Università di Fort Hare. Sin da studente universitario egli si dimostra politicamente impegnato, partecipando a iniziative di opposizione al regime sudafricano dell’apartheid. È a Fort Hare che entra in contatto Oliver Tambo, insieme al quale darà origine ad uno studio legale, non appena proclamato avvocato.

A quei tempi, per una persona di colore, poter frequentare l’università era un privilegio, dato che per via della segregazione razziale gli aborigeni vedevano circoscritti i propri diritti. Ciò nonostante, il suo movimentismo lo conduce a prendere parte ad alcune proteste studentesche, le quali gli costano l’espulsione dall’Università.

All’età di 22 anni torna nel suo villaggio di nascita, dove gli viene offerta in sposa una ragazza scelta dal capo della tribù Thembu. Nelson rifiuta e si trasferisce a Johannesburg, insieme al cugino Justice, dove trova lavoro come guardiano notturno in una miniera. Nella Capitale riprende gli studi presso la facoltà di legge dell’Università di Witwatersrand: è l’unico studente nero. Consegue la laurea a 24 anni, diventando avvocato.

È proprio durante la sua carriera universitaria che l’attivismo di Nelson trova libero sfogo: a 23 anni contribuisce alla fondazione dell’African National Congress (NAC), un partito sudafricano che mirava a porre fine alle ingiustizie e alle sofferenze dei neri perpetrate dalla razza bianca; a 26 anni concorre alla fondazione della Lega Giovanile. Ad oggi, il NAC è il più importante partito politico sudafricano.

Una vita tormentata per Nelson Mandela

Sei anni dopo, nel 1948, con l’ampliamento delle politiche di segregazione esistenti, il malcontento tra le popolazioni nere cresceva in maniera esponenziale. Queste venivano private delle loro libertà e vedevano sottrarsi – tra gli altri – il diritto di fare politica, di acquistare terre, di votare, di sposarsi o avere relazioni romantiche con bianchi. Esse chiedevano pari diritti, e riconoscevano in Nelson il leader di cui avevano bisogno.

Il Comitato Esecutivo dell’ANC diveniva sempre più radicale, e Nelson ne viene eletto Presidente all’età di 32 anni.

Il processo di Rivonia

Due anni dopo Mandela viene arrestato per la prima volta. Nonostante una prima assoluzione, seguirono una serie di arresti e detenzioni, culminati nel Processo per Tradimento del 1958, il quale si concluse – anch’esso con l’assoluzione – nel 1961.

Nello stesso anno, grazie anche al contributo socio-politico di Nelson, il Sudafrica ottiene l’indipendenza dal Regno Unito. In seguito ad una serie di arresti e detenzioni, scaturite dal suo incessante attivismo politico, Nelson tornerà in libertà nel 1990. Ed è proprio durante la sua carcerazione che diventa il simbolo di tutte le vittime della discriminazione razziale.

Nel 1962, dopo aver lasciato il Paese senza autorizzazione, Mandela viene arrestato e condannato a 5 anni per reati di incitamento e per aver organizzato alcune manifestazioni di protesta. L’anno successivo viene accusato di alto tradimento e terrorismo dalla corte di giustizia sudafricana, in circostanze che rimangono tutt’oggi poco chiare.

Nelson Mandela: un simbolo della lotta all’odio

Secondo alcune fonti l’arresto di Mandela avvenne grazie a una soffiata della CIA; innegabile è, invece, la risonanza sul piano internazionale delle coscienze che era riuscito a scuotere. Il processo ha luogo a Rivonia e, dopo un anno, Nelson Mandela viene condannato all’ergastolo: all’età di 45 anni, dovrà trascorrere 27 anni della sua vita in una lenta e tormentosa prigionia.

Uomo di personalità, simbolo di forza, di speranza e di rivalsa per gli oppressi, nel corso del durissimo processo di Rivonia, Mandela sfida i suoi accusatori e la pena di morte con lo straordinario discorso che ha dato nome a diversi libri usciti dopo la sua morte, in cui asserisce “sono pronto a morire” pur di continuare la sua lotta per la pace e l’uguaglianza.

L’elezione a Presidente del Sudafrica e la realizzazione di un sogno

All’età di 72 anni Nelson torna finalmente in libertà. L’anno dopo riceve il premio Nobel per la Pace, per essere riuscito a porre fine in modo pacifico alla segregazione razziale dei neri in Sudafrica. Nel 1994, attraverso un’elezione a suffragio universale, diviene il primo Presidente nero del Sudafrica, segnando l’inizio di un nuovo percorso costruito su principi di uguaglianza, pace e libertà. I suoi sforzi ne erano valsa la pena: ora, anche i bambini neri in Sudafrica, potevano tornare a sognare un futuro migliore, per loro e per i loro cari.

 

a cura di Antonio Furchì

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