Ucraina-Russia: la guerra passa anche dell’informazione

Crisi Russia Ucraina: la guerra passa anche dell'informazione

Ucraina-Russia: qual è il ruolo dell’informazione in “tempi di guerra”? Analisi di un racconto parziale fra titoli ad effetto ed emozioni reali.

Dalla crisi fra Totti e Ilary a quella fra Russia e Ucraina il passo è stato breve… Perlomeno per la maggior parte dei media nazionali.

Scherzi e polemiche a parte, in queste ore una (auto)riflessione sul ruolo di giornali, tv e siti d’informazione è d’obbligo.

Per questo motivo negli ultimi giorni, segnati da tristi risvegli sul racconto dell’invasione dell’Ucraina, abbiamo provato a riflettere per rimanere coerenti con noi stessi e con il tipo di informazione che cerchiamo di portare avanti. E siamo arrivati alla conclusione che, forse, anche riguardo questa storia qualcosa di diverso andrebbe raccontato, partendo proprio da come se ne sta parlando.

Come per ogni settore infatti guadagnare (tramite visualizzazioni, click e abbonamenti) è chiaramente una necessità. Ma il racconto della pandemia prima e della guerra poi ha riportato a galla un problema di equilibrio, per non dire mancanza di lucidità.

La “guerra” dell’informazione

Qual è il ruolo dell’informazione in “tempi di guerra”? Collegamenti, edizioni extra, sezioni dedicate alla tematica sono, ovviamente, d’obbligo.

Eppure i media sembrano compatti sui toni allarmistici o i titoli che gridano che siamo di fronte al rischio di una “Terza guerra mondiale”. Notizie spesso fin troppo condite che hanno dato adito in pochissimi giorni ad un tam tam di commenti e riflessioni generalizzate. Molto spesso inconsapevolmente superficiali (nonostante l’intento completamente diverso) poiché superficiale è la comunicazione che se ne è ricevuta.

Contenuti si, emozioni no?

Quel che vogliamo dire è che un evento come quello che sta riguardando Russia e Ucraina è ovviamente di per sé un contenuto emozionale. Tuttavia non bastano aggiornamenti tempestivi per fornire un’informazione corretta.

Come già fatto per l’epidemia sembra che l’unica strada percorribile per arrivare al lettore sia farlo andando anche oltre la pancia, fermandosi solo dopo aver raggiunto la paura. La retorica della morte è ormai dilagata. L’informazione ha bisogno di un mostro che incuta terrore. Creare buoni o cattivi, giusti e nemici del buon senso è diventato un processo interiorizzato, tanto per i giornalisti quanto per i fruitori di notizie. Anche i più riflessivi faticano ad uscire ormai da questa dinamica.

Perché smentire è facile in un mondo così iperconnesso ma il senso è quello di aver trasformato in modo naturale l’informazione in una disinformazione in attesa di rettifica. Con la consapevolezza, per altro, che l’impatto emotivo della prima notizia resta nella “pancia” più a lungo e con più forza della smentita.

Dovremmo quindi forse fermarci e fare un passo indietro prima di far partire il processo comunicativo. Iniziare dalle radici del conflitto, in questo caso, può trasformarsi quindi nell’arma giusta di comprensione per l’utente finale. Senza indugiare su video di missili che piovono nei cieli di un videogioco e non su Kiev, come è capitato, o verificando le notizie prima di diffondere fake news.

Da dove parte la crisi fra Russia e Ucraina? Per farci un’idea più definita dobbiamo avere chiare le dinamiche che coinvolgono i due paesi – e che sono iniziate diversi anni fa – e contestualizzare il modus operandi di ogni nazione.

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